The Doll 2: recensione del film su Netflix

The Doll 2 (2017), diretto da Rocky Soraya, è il sequel di The Doll (2016) e precede il terzo capitolo della trilogia, Sabrina. Si tratta, tuttavia, di un secondo capitolo che non mostra notevoli passi in avanti dal punto di vista di scrittura e di messa in scena.

La spensierata vita di Maira e Aldo viene tragicamente spezzata da un incidente, in cui la loro figlia Kayla perde la vita. Misteriosi avvenimenti cominciano ad accadere nei mesi seguenti, e Maira si convince che la casa sia abitata da una presenza: secondo la donna, infatti, la piccola Kayla potrebbe essere in grado di comunicare con la famiglia e il mezzo scelto per farlo sarebbe Sabrina, la sua bambola preferita. Non creduta dal marito, Maira si rivolge a una coppia di esperti medium per risolvere la situazione e avere risposte, ma il desiderio di riavere la piccola si tramuta presto in un incubo ad occhi aperti.

The Doll: leggi qui la recensione del primo capitolo

The Doll 2: un sequel dal registro drammatico

Non passa nemmeno un anno dal primo capitolo di The Doll (2016) quando il regista Rocky Soraya decide di proporne un secondo capitolo, che immediatamente tenta di discostarsi dal precedente film per toni. The Doll 2, infatti, si apre in convulsissima medias res, con un’ellissi che apre uno scorcio su ciò che accadrà in prossimità dell’epilogo e rivela il registro drammatico adoperato. La bambola demoniaca è Sabrina, vale a dire la protagonista di un terzo capitolo omonimo che ha chiuso (per ora) la saga, tutta diretta dallo stesso Soraya. Va subito specificato che gli elementi comuni fra questo e The Doll 2 possono essere riscontrati soprattutto sul livello della messa in scena, e principalmente tenendo conto delle pecche qualitative, che sembrano essere le medesime. Di fatto, si tratta delle uniche annodature in grado di tracciare una sincronia fra i tre capitoli, perché risulta decisamente sfilacciata la presunta relazione di consequenzialità, o perlomeno coerenza narrativa, che dovrebbe legare le storie rappresentate in ognuno degli episodi legati al (e dal) fantoccio posseduto.

The Doll 2 regala sussulti, ma presenta le stesse carenze del primo capitolo

Tra richiami al folklore, tinte cupe e jump-scares congegnati con maggiore competenza rispetto a quanto fatto con il suo predecessore, questo sequel garantisce, se non altro, qualche sussulto. Sporadico, sì, ma a Soraya va concesso che questo sia già qualcosa di rilevante: in fondo, se si tiene conto del rapporto con The Doll, la differenza che viene tratteggiata è quella che passa fra un primo film di genere in cui è il genere stesso a perire e un secondo film di genere in cui, almeno ogni tanto, ci si ricorda che ci si potrebbe anche spaventare. Detto questo, The Doll 2 rimane un’opera bollata dallo stesso marchio che non risparmia gli altri due capitoli.

The Doll 2 Cinematographe.it

Si tratta di un film completamente privo di personalità, di verve, analizzando ogni sua componente filmica, ma anche solo guardando a occhio nudo: è una carenza che facilmente può essere intercettata dalla rappresentazione greggia, la già sommaria scrittura di personaggi stereotipati e monodimensionali non viene sollevata dalle prove recitative degli attori, che nel caso in cui non fossero stati dilettanti avrebbero potuto fare qualcosa per dare quantomeno credibilità a diversi punti della sceneggiatura. The Doll 2 non è dissimile da The Doll neppure per quanto concerne il suo lento ed estenuante spingersi sino all’epilogo per sola inerzia, tant’è che pare del tutto imposta una durata così superiore al primo capitolo (questo dura due ore).

Insomma, il singolo trait d’union evidente tra primo, secondo e terzo capitolo è quello costituito dalle imperfezioni, per non dire sbavature o, peggio (ma più veritiero), pecche vere e proprie. E non è abbastanza per parlare di carattere, di individualità o temperamento, tutti fattori che paiono ancora assenti.

Regia - 1
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 1.5
Recitazione - 1.5
Sonoro - 1.5
Emozione - 1.5

1.3

Tags: Netflix