Revolutionary Road: la spiegazione del film e del finale

Revolutionary Road è un film che lascia spazio a una lunga e continuativa riflessione, proviamo a darne una spiegazione convincente

Frank (Leonardo DiCaprio) e April Wheeler (Kate Winslet) hanno tutto: una villa, due figli, il lavoro di lui che permette la realizzazione di ogni sogno. Sono speciali, questo pensa la gente, non sono come gli altri, questo dicono i vicini e l’agente immobiliare; eppure c’è qualcosa dietro a quella facciata di perfezione, luce e bellezza che non emerge. Questo racconta Revolutionary Road, il film di Sam Mendes tratto dall’omonimo libro di Richard Yates. Il regista porta lo spettatore nell’America degli anni Cinquanta, lo immerge in quell’atmosfera all’esterno piena di colore e musica, all’interno severa custode di un’anima conservatrice e moralista, e scrive un dramma doloroso e sofferente in cui i protagonisti sono due degli attori più amati del cinema di oggi, Kate Winslet e Leonardo DiCaprio. Portano sullo schermo la storia di una coppia il cui rapporto si è logorato dietro le finestre della bella casa ma che è troppo impegnata a fingere di fronte agli altri che sia tutto uguale a prima, invece che a rimettere le cose a posto. Racconta anche però un’epoca, quella dell’America conformista, legata all’apparenza, estremamente bigotta, che mira a fare dei suoi cittadini delle Barbie e dei Ken uniformati ad un’immagine ideale. Mendes fa tutto questo anche grazie a due attori perfetti che utilizzano la loro alchimia speciale per dare vita ai loro personaggi reali, sinceri, privi di impalcature, e che lavorano con i silenzi, con i gesti impercettibili ma estremamente eloquenti, con il loro corpo senza tirarsi mai indietro.

Revolutionary Road: Tutto parte da qui

Quella di Revolutionary Road è la narrazione di un matrimonio finito e fallito miseramente, e di uno stato in crisi, simbolo del naufragio del sogno americano; ed è tanto dirompente e tragico proprio grazie allo sguardo maturo e asciutto di Mendes che entra silenziosamente nelle quattro mura di una tipica famiglia della middle class.

All’inizio April voleva fare l’attrice e Frank sognava grandi cose ma niente è andato come speravano: lei partecipa senza troppo successo alle recite della filodrammatica locale e Frank va ogni giorno al lavoro per pagare il mutuo, in attesa di qualcosa di straordinario. Entrambi toccano il fondo; si accontentano, nonostante la loro straordinarietà vivono di normalità. Si accoccolano nelle loro esistenze, fatte di un impiego qualunque, di figli da accudire, e ne rimangono intrappolati e April cova il germe dell’insoddisfazione. La donna è costretta ad/sembra accettare, a farsi bastare la vita che sta vivendo, chimera di un’esistenza completa e perfetta, ma in realtà ambisce ad altro. La stessa cosa capita a Frank, infatti si lascia andare ad una relazione extraconiugale per placare il suo malcontento. Quell’amore speciale, a cui lo spettatore assiste anche se per pochi istanti nell’incipit del film, è diventato asfittico e misero, litigano April e Frank, si guardano e non parlano ma di fronte ai vicini di casa e all’agente immobiliare non si risparmiano in sorrisi, occhiate complici, dimostrazioni d’intesa.

Revolutionary Road: basta un progetto per cambiare le cose

Qualcosa cambia nella coppia quando la donna ha un’illuminazione: cercare fortuna a Parigi, lei andrebbe a lavorare, lui rimarrebbe a casa, a trovare se stesso, prendendosi cura dei figli. Questo progetto scalda le carni, le notti e vivacizza i pensieri dei coniugi, non ci sono più silenzi pesanti e dolorosi, non c’è più la lontananza di chi una volta si è voluto bene e ora non si riconosce. Decidono, partire è la soluzione; non c’è più spazio per le recriminazioni ma solo per i preparativi del viaggio: lasciare il lavoro, fare i biglietti, preparare il trasloco. Emergono ancora di più i caratteri dei protagonisti, da una parte c’è April, desiderosa di intraprendere una nuova vita, di superare la normalità per vivere la sua eccezionalità, dall’altra parte Frank, innamorato ma anche indeciso e con poca audacia, in bilico tra il nuovo, fatto di idee progressiste (farsi mantenere dal lavoro della moglie), e il vecchio, fatto di atteggiamenti paternalistici e autoritari (sulla gravidanza della moglie sembra voler decidere lui, non accetta che April voglia abortire, dà in escandescenze arrivando quasi alle mani).

Per gli altri questa è una bomba, quale uomo può restare a casa mentre la propria donna va al loro? Nessuna persona normale può abbandonare ogni cosa certa per ricominciare una nuova vita incerta, in un altro paese. Li guardano con sospetto, con paura quasi, la coppia speciale di giovani e belli, diventa anche spaventosa e un po’ folle, ma April e Frank ridono degli altri, del loro essere allineati, delle loro “piccinerie di pessimo gusto”, delle loro macchine e delle loro belle case.

Ciò che gli altri vedono di loro – che prima era solo apparenza -, diventa una realtà: anche tra le mura domestiche la coppia è felice, complice, unita in un progetto comune; le apparenze e la sostanza coincidono. L’unico che capisce la loro voglia di fuga è il figlio dell’agente immobiliare, un giovane geniale con i numeri, ma giudicato “mentalmente instabile” (interpretato da Michael Shannon), l’unico che comprende e ammira quasi il desiderio di uscire dagli schemi; sarà lui poi che disprezzerà la scelta opposta, rimanere in America, ingabbiati sempre per mantenere lo status di coppia modello.

Basta poco e questo delicato equilibrio si rompe. Mentre le cose entrano negli scatoloni April resta incinta, un terzo figlio che potrebbe distruggere il loro sogno, le loro speranze; una gravidanza inattesa riporta la coppia nella tempesta. Dodici settimane per decidere se portare a termine la gestazione, dodici settimane per convincersi che il viaggio non è uno sbaglio enorme.

Revolutionary Road: l’inferno risucchia ogni cosa

Revolutionary Road mostra ciò che c’è dietro, dietro le maschere indossate dai due protagonisti, dietro le mura perfette di un quartiere altrettanto perfetto che ricorda quello di American Beauty dove cresce e monta il disagio profondo, inspiegabile e oscuro dei suoi protagonisti. Il dramma di Frank e April è ancora più intenso di quello del personaggio interpretato da Kevin Spacey proprio perché Mendes è cresciuto ed è cresciuto anche il suo sguardo, il suo stile. In Revolutionary Road sembrano non esserci un inizio, un centro e una fine perché l’opera fluisce in un dramma talmente poderoso e inarginabile da togliere il fiato anche per il fatto che la storia gioca con realtà e apparenze, ciò che appare dal di fuori e ciò che è dentro. L’unico “personaggio” che sa cosa accadrà a April e a Frank è lo spettatore che partecipa con strazio alla caduta negli inferi di due che avrebbero potuto avere ogni cosa.

Quando la donna “scopre” durante una giornata al mare con gli amici che Frank non ha intenzione di lasciare il lavoro per sognare insieme, si sente tradita e poco considerata, ma continuano a non dirsi le reali intenzioni. L’uomo però, in cuor suo, ha già scelto di rimanere alla Knox Business Machines per tutelare anche quel bimbo che deve nascere, April invece ha deciso che quel bimbo non nascerà. Entrambi compiono una scelta che è una conclusione logica del loro modo di pensare: Frank non ha mai rischiato e continua a non rischiare – ma non sa che, proprio per questo suo modo di fare, sta mettendo a rischio ogni cosa -, April dal canto suo è convinta che quella gravidanza è ostacolo per la loro vita.  L’unica possibilità per lei è l’aborto, anche se a rischio – perché clandestino e oltre a quelle fatidiche 12 settimane -, in modo da non mettere da parte i loro sogni cosa che hanno fatto durante le precedenti gravidanze per cui si sono trasferiti in periferia.

La lite, anticipatrice di quel terribile e doloroso finale, mette in scena tutte le parole spietate e urlate, taciute lungo tutto il film, che Mendes ha messo sotto antibiotico e ora, smessa la terapia, esplodono come un bubbone purulento. Si gridano l’indicibile, ciò che può ferire di più, umiliare, distruggere: Frank trova lo strumento che April vorrebbe usare per procurarsi l’aborto che il marito vuole proibirle e lei dice di non amarlo più, di non sopportarlo più, di odiare la sua vicinanza. Si muovono all’interno di quella casa splendida e rappresentazione del benessere sporcandola con tutto il loro livore e “non amore”. Come solo Mendes sa fare l’indomani mattina riporta ogni cosa al suo posto, riconduce ogni elemento al grado zero: Frank si ritrova di fronte una donna calma e serena, una calma e una serenità che nascondono la tragedia. Fanno colazione, la più bella di tutta la loro vita insieme dicono, si salutano come ogni mattina, come se nulla fosse successo la notte prima, Frank non immagina che quello è invece il giorno più brutto della sua esistenza di uomo e di padre.

Revolutionary Road: un finale che è come una pugnalata

La donna chiama da amici per sapere come stanno i suoi figli, un gesto che ha il sapore di un tragico testamento d’amore. April non sa cosa le stia per accadere ma sa che quell’atto potrebbe mettere a rischio la sua vita; questa però è la sola strada che può percorrere. Lei è vuota come solamente chi è costretta ad un gesto disperato come questo può essere. Inizia così il lento e inesorabile vagare di April, alla ricerca degli strumenti utili all’aborto, si dirige verso il bagno, chiude la porta alle sue spalle, Mendes rinchiude la sua protagonista in una pietosa e straziante solitudine. Si alza il sipario su un calvario talmente asettico da spezzare il cuore. April, vestita di bianco, scende le scale, con un volto da cui traspaiono due emozioni contrastanti: da una parte la disperazione di chi se sente svuotata di tutto, dall’altra il tragico e devastante sollievo di chi ha compiuto ciò che doveva, sollievo che si materializza in una “smorfia” e in uno sguardo fuori dalla finestra come per guardare verso il futuro.

Qualcosa non va: l’abito si macchia di rosso e ancora, di nuovo, lentamente, come uno zombie cammina e chiama l’ambulanza per essere soccorsa. Una rottura definitiva; il gesto di April si ripercuote sulla vita di Frank e dei figli e niente potrà essere più come prima.

Revolutionary Road: silenziare il dolore

Quella di Frank e April diventa solo una triste storia da raccontare ai nuovi vicini. Le ultime scene del film sono delle pugnalate: sentire quelle stesse persone che prima idolatravano i Wheeler come miti di una religione moderna e pagana ora liquidarli come personaggi di storie antiche è crudele e terribile. Silenziare coloro che non “servono” più è tipico di una certa cultura che come “fa” i miti, così, quando essi, appunto, non servono più, quando non sono più utili li lascia andare per costruirne di altri (i nuovi vicini che prendono il posto dei Wheeler, anch’essi belli, anch’essi colti, anch’essi ricchi). Lo spettatore è come il marito dell’agente immobiliare che abbassa il volume del proprio apparecchio acustico per non ascoltare le parole di disprezzo verso April e Frank e Mendes conclude il suo solido e tragico dramma nella maniera più giusta, con il silenzio e uno schermo nero.