Qualcosa di buono: analisi del finale del film

Ecco la spiegazione del finale di Qualcosa di buono, con protagonista Hilary Swank.

 

Qualcosa di buono è un film del 2014, adattamento cinematografico dal romanzo You’re Not You del 2007 scritto da Michelle Wildgen, che dà anche il titolo originale al film. Diretto da George C. Wolfe e interpretato da Hilary Swank (anche produttrice) e Emmy Rossum, affronta in primis il tema della malattia degenerativa, affiancandolo ad altri spunti sul diritto all’autodeterminazione del proprio fine vita, sulla consapevolezza delle proprie capacità e soprattutto sul valore dell’amicizia e l’importanza di relazioni affettive sincere. La storia ha uno sviluppo abbastanza lineare e a tratti prevedibile, ma il comparto emotivo e la chimica tra le due protagoniste funzionano a dovere, riuscendo a coinvolgere ed emozionare con grande semplicità, pur in un contesto da classico drama.

Qualcosa di buono: la trama del film

Kate è una donna benestante, di professione pianista, con un marito in carriera, molte amiche, una casa da sogno e una vita di soddisfazioni e ambizioni davanti a sé. Tutto questo però subisce un brusco sconvolgimento nel momento in cui le viene diagnosticata la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), malattia inarrestabile che la costringerà a rinunciare alla quotidianità per come l’aveva conosciuta fino a quel momento. Suo marito Evan, non potendo stare al suo fianco per i troppi impegni lavorativi, decide di assumere una persona che possa seguirla, ma Kate continua a licenziare tutte le figure selezionate da Evan. Un giorno però si presenta a casa loro Bec, una giovane fuori dagli schemi, confusionaria e instabile che pare essere l’esatta antitesi della meticolosa e precisa Kate. Quest’ultima tuttavia trova in lei una genuinità che la colpisce decidendo di assumerla come sua assistente nella vita di tutti i giorni, nonostante la contrarietà del marito.

L’inizio non è facile, data la totale mancanza di esperienza della ragazza con questo genere di problematiche, ma con l’evolversi delle vicende tra le due si creerà un rapporto di grande complicità ed empatia che insegnerà qualcosa a entrambe, riempiendo – e cambiando – le loro vite.

Bec e Kate, due vite parallele e intrecciate allo stesso tempo

Bec è incapace di costruire relazioni stabili, sia in campo affettivo che amoroso, saltuariamente va a letto con un suo professore universitario sposato, respinge l’unico bravo ragazzo che dimostra un sentimento sincero nei suoi confronti, vorrebbe diventare una cantante ma le sue occasioni si bloccano sempre di fronte a serate alcoliche corredate da eccessi, ha una sola amica e i rapporti con la sua famiglia sono distaccati. Il lavoro con Kate le offre però un’occasione di riscatto e un’opportunità per dare un nobile obiettivo alla sua vita. Bec vive questa nuova esperienza in maniera totalizzante, tanto da lasciare momentaneamente l’università per questo, scelta non approvata da Kate, la quale difatti a un certo punto cerca anche di allontanarla per il suo bene.

Contemporaneamente la vita di Kate subisce ulteriori colpi, scopre che il marito la tradisce con una collega di lavoro, e nota che le amiche vivono con estrema superficialità la sua condizione. Di contro questi episodi rafforzano ulteriormente il rapporto tra le due donne, in una reciproca spirale di sostegno e solidarietà tutta femminile che culminerà nell’affidamento totalizzante di una all’altra.

Un finale che racchiude tutta la forza del legame tra le due protagoniste e l’essenzialità della loro crescita

Per quanto lo sviluppo sia abbastanza canonico, vengono alternati in maniera gradevole e con il giusto mix di tenerezza, drammaticità e umorismo, gli eventi che sviluppano il rapporto tra Kate e Bec, fino alla parte finale dove il loro legame raggiungerà un apice di rara unione e straordinaria empatia, tanto che Kate deciderà di affidare a Bec le sorti della sua condizione, e non al marito – pur riavvicinatosi pentito dal tradimento – o ai genitori, assenti fino a quel momento. Questa parte, struggente e delicata al tempo stesso, è la vera chiave di volta del film, il reale momento in cui per la ragazza la vita non sarà più la stessa, l’attimo in cui veramente tutto cambierà. È un processo che si sviluppa passo dopo passo nel corso del film, vedendo cambiare poco a poco le protagoniste e mettendoci di fronte ad una centralità che si sposta sempre più da Kate verso Bec.

La malattia è si al centro della riflessione della narrazione ma il fulcro fondamentale, e lo capiamo bene nella parte finale, è rappresentato dalla crescita di Bec e dal fatto che finalmente – grazie a questa esperienza che ha sconvolto letteralmente la sua vita – potrà sentirsi libera di realizzarsi e di costruirsi positivamente nelle relazioni con il mondo attorno a lei, raggiungendo una piena consapevolezza del suo potenziale.

Bec trova la forza di assecondare, e soprattutto difendere, la volontà finale di Kate, in una scelta devastante che la carica di una responsabilità fino a quel momento inimmaginabile per una ragazza che non riusciva neppure a dedicarsi a una relazione sentimentale adulta e stabile.

Nella scena in cui Kate viene portata a casa dall’ospedale senza respiratore artificiale, autorizzata per rispetto della sua volontà proprio da Bec, chiede a quest’ultima di non entrare nella stanza e di non chiamare i soccorsi durante la notte, qualunque cosa succeda. C’è qui tutta la forza del legame creatosi e la nuova consapevolezza della ragazza. Bec in parte sgarrerà rispetto alla richiesta, entrando nella camera da letto di Kate durante la sua fatale crisi respiratoria, ma lo farà solo per stare per l’ultima volta accanto a quella che ormai è un’amica fraterna a tutti gli effetti, rispettando comunque il suo desiderio di essere lasciata andare, in uno struggente abbraccio finale che si protrarrà fino alla mattina successiva.
Da qui Bec troverà la forza e la determinazione per rilanciare la sua vita e nella toccante scena durante i titoli di coda la vedremo cantare, ricordando Kate, con addosso le scarpe che lei le aveva regalato.

Il finale del film quindi ci mostra veramente come – stando al titolo italiano – Bec abbia saputo fare “Qualcosa di buono”, nonostante la malfidenza della madre e delle altre persone che circondavano la sua vita, e che “Qualcosa di Buono” può sempre accadere nella nostra vita. Grazie al non banale risvolto finale – stando invece in questo caso al titolo inglese You’re Not You – capiamo che l’identità di una persona non sempre è quella che appare, ma molte volte c’è una verità più profonda, che solo un vero legame, fatto di sincerità e fiducia incondizionata, riesce a far emergere.