Piccole bugie tra amici: la colonna sonora del film di Guillaume Canet

Piccole bugie tra amici narra la vita, i suoi segreti e le sue bugie, i suoi cambiamenti, le sue tappe e le sue maturazioni. Anche attraverso la musica.

Ci sono cose che non si raccontano, soprattutto ai propri amici, a chi ci conosce da sempre e spesso domanda, giudica e fa soffrire. Ci sono i non detti anche tra chi si vuole bene, anche tra chi è amico da una vita. Il proprio orientamento sessuale, i problemi coniugali, gli errori sentimentali, una novità che potrebbe modificare la propria vita: sono solo alcune delle piccole o grandi omissioni che stanno alla base dei rapporti fra i protagonisti di Piccole bugie tra amici (2010), il film di Guillaume Canet.

Si parte da un incidente: dopo una notte in discoteca Ludo cade in moto e viene ricoverato d’urgenza in ospedale; le sue condizioni sono critiche ma i medici invitano a sperare. Il suo gruppo di amici accorre portando con sé ciascuno i propri dolori, i propri fastidi, i pesi della vita quotidiana, sembrano non capire la gravità della situazione, o meglio non vogliono capirla, e si aggrappano invece alla possibilità di recupero. Decidono così di partire per una vacanza tutti insieme, ospitati nella villa di Max (François Cluzet), e di lasciare in ospedale il povero Ludo.

Piccole bugie tra amici scrive un’opera che sta al limite tra tragedia e commedia, tra dolore e gioia, tra lacrime e sorriso, concentrandosi sui suoi personaggi, degli animali in gabbia che si dibattono per non mostrare, per mascherare e non condividere. La musica che sostiene questo racconto lavora su due piani, da una parte sostiene i giochi, le vacanze, le “allegrie” dall’altra, a poco a poco, sale melanconica e struggente, metafora del celato dei protagonisti. 

Piccole bugie tra amici: note che raccontano solitudini

Un omaggio a Il grande freddo di Lawrence Kasdan – nonostante le differenze fin dall’inizio, da una parte un suicidio, dall’altra un incidente) -, un film corale in cui Canet segue le storie di questo gruppo, chiuso in una sorta di limbo balneare; questo è Piccole bugie tra amici. Il film si costruisce in modo lineare mostrando allo spettatore le bugie che uniscono alcuni amici e ne dividono altri, si concentra sulle relazioni del gruppo e mostra come ciascuno indossi una maschera, quella meglio digerita dagli altri.

Quello che la musica racconta è un dolore nascosto sotto la pelle, messo da parte (rappresentato perfettamente dalla degenza in ospedale di Ludo) perché è meglio non far sapere, non far vedere, non far capire. La solitudine che strugge i personaggi di questo gruppo è latente e lo dice Cold Water di Damien Rice in cui emerge la vera situazione vissuta dagli amici. La mano che si ricerca e non si vuole lasciare è quella il cui calore ciascuno vorrebbe sentire, si spera di non essere soli nel viaggio, ma è anche vero che se non si chiede aiuto, non lo si trova. Così Max continua a litigare con Vincent – dopo che quest’ultimo gli ha confessato un segreto scomodo – di fronte ad un pubblico sempre più perplesso perché non è a conoscenza di nulla. Eric (Gilles Lellouche) continua a venire lasciato dalle donne perché non sa amare, non lo racconta agli amici che d’altra parte hanno intuito la verità.

Piccole bugie tra amici: canzoni che sono preghiere

La ballata di Yodelice, Talk to me, racconta alla perfezione il sentimento che prova una persona incapace di aiutare chi ama perché questa non parla, non si racconta. La canzone è una preghiera e una dichiarazione d’amore fatta dall’ultimo ragazzo con cui sta uscendo Marie (Marion Cotillard): lei si mostra libera, indipendente, fugge come una gatta, non si fa trattenere, ma in realtà è solo una maschera.

  There’s a crack in your gaze
Like those broken days
Am I seeing things
Talk to me

Il giovane scava negli occhi della donna, di fronte agli altri amici che assistono alla sua esibizione canora. C’è una crepa nei suoi occhi (e lo spettatore conosce il segreto celato) e lui vorrebbe vivere in quella crepa, conoscerne ogni centimetro e capirne l’origine. Sono proprio le fragilità a rendere uniche le persone, a rendere unica Marie, e così la canzone continua:

Won’t you talk to me
This is getting scary
Baby talk to me
Please talk to me
Baby talk it’s me
Talk to me
Something just changed in my world
And it’s killing me

Marie non parla, non vuole parlare, preferisce dimostrarsi forte e senza macchia, non comprende che quel silenzio distrugge e addolora. Così si ribalta la situazione: chi è vittima del mal di vivere diventa crudele carnefice e chi vorrebbe aiutare, condividere, diventa vittima di un “silenzioso” aguzzino.

Talk to me è inno del film, ogni personaggio potrebbe essere il destinatario di queste parole, di queste note ma nessuno se ne accorge: gli uditori si commuovono guardano ad occhi spalancati colui che si è fatto molti chilometri, di notte, per parlare e vedere la donna che ama. Nessuno comprende la verità, quella canzone riguarda tutti.

Prosegue l’esibizione della sofferenza di questi eterni ragazzi che emerge di sequenza in sequenza, di inquadratura in inquadratura, di passo in passo; e viene celebrata perfettamente dalla voce dolente di Janis Joplin – voce che sembra portare dentro il dramma – che canta Kozmic Blues. Sono le note della consapevolezza e della comprensione.

I said you, you’re always going to hurt me
I said you’re always going to let me down
I said everywhere, every day, every day
And every way, every way
Ah honey won’t you hold on to what’s going to move
I said it’s going to disappear when you turn your back
I said you know it isn’t going to be there
When you want to reach out and grab on

Janis Joplin ha scritto una canzone che è una sorta di testamento, l’amaro epilogo dell’esistenza della cantante così diventa “testamento” anche per questi ragazzi che non hanno più venticinque anni e che hanno finalmente compreso la necessità di gettare la maschera. Il tempo passa, gli amici si allontanano, ma devono avere ancora voglia di credere in qualcosa e consapevolezza del cambiamento, consapevolezza che fa paura, ma inevitabile quanto necessaria. Le cose si modificano, i segreti emergono e i nodi si sciolgono.

And I don’t know where you’ve gone.
Old friends become old strangers
Between darkness and the dawn

Dice Ben Harper in Amen Omen. La commedia quindi lascia il posto ad un dramma sincero e compiuto in cui finalmente i segreti vengono detti, in cui le cose si scoprono. Come dice Harper un sussurro lentamente si trasforma in un grido, quello di un’amicizia ritrovata e riscritta, di un amore finito e di uno rinato, di una nuova vita pronta a nascere e di un amico da salutare per l’ultima volta.

Piccole bugie tra amici, grazie anche ad una colonna sonora (tra David Bowie con la sua Moonage Daydream e Rodriguez con Crucify Your Mind passando per la To Be True dello stesso Canet) che porta a galla sentimenti all’inizio nascosti, narra la vita, i suoi segreti e le sue bugie, i suoi cambiamenti, le sue tappe e le sue maturazioni.