Ogni cosa è illuminata: recensione del film di Liev Schreiber

La recensione di Ogni cosa è illuminata (Everything is illuminated), esordio alla regia dell'attore Liev Schreiber che vede come protagonista indiscusso Elijah Wood.

Ogni cosa è illuminatadatato 2005, è il primo film dietro la macchina da presa di Liev Schreiber. Si tratta della trasposizione cinematografica dell’autobiografia omonima scritta da Jonathan Safran Foer, interpretato da Elijah Wood, Eugene Hutz e Boris Leskin.

La trama del film vede Jonathan Safran Foer che, partendo da una vecchia fotografia, decide di intraprendere un viaggio, che lo coinvolgerà a livello fisico quanto a livello spirituale, per cercare la donna che, durante la Seconda Guerra Mondiale, salvò la vita a suo nonno in un villaggio in Ucraina, nascondendolo all’interno di un raid nazista. Durante questo ritorno al passato, Jonathan verrà aiutato da un ragazzo ucraino, Alexander, e da suo nonno, entrambi collaboratori con un’agenzia che si dedica al ritrovamento di parenti ebrei degli americani benestanti scomparsi durante la Shoah.

Ogni cosa è illuminata è una storia particolarmente sentita per Liev Schreiber

La fortuna sia del caso letterario che della rispettiva versione cinematografica va attribuita indubbiamente alla confidenza e alla sincerità con la quale una materia così delicata come lo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento viene raccontata. Un’affermazione del genere può sembrare scontata per quanto riguarda l’originale cartaceo, proprio perché si tratta di un autobiografia dello stesso Foer.

Tuttavia, occorre esplicitare l’attaccamento emotivo alla suddetta storia anche da parte del regista Liev Schreiber, in quanto è la cura e la forza con la quale tale racconto di formazione viene trasmesso nuovamente allo spettatore (ma stavolta tramite immagini) il vero punto di forza dell’operazione. Le ingenuità dovute all’inesperienza si percepiscono, ma non inficiano il risultato finale, così come la scelta di non osare sia nello stravolgere il materiale di partenza che nei movimenti di macchina, quasi invisibili. Questa particolarità fa intuire la vicinanza all’industria statunitense di un prodotto che, all’apparenza, può sembrare di provenienza prettamente europea.

In Ogni cosa è illuminataElijah Wood regala una performance strabiliante

Prima del ruolo in Ogni cosa è illuminata, Elijah Wood non era stato in grado di proporre al pubblico un’interpretazione che lo consacrasse come attore fatto e finito: nella saga de Il signore degli anelli, il suo contributo viene ricordato per l’iconicità del suo personaggio, non di certo per la sua performance attoriale, decisamente impacciata e acerba. Nell’esordio alla regia di Liev Schreiber riesce però a stravolgere questo preconcetto presente all’interno della mente del pubblico una volta conclusasi la trilogia di Peter Jackson.

Da parte sua non c’è stato esclusivamente un lavoro di immedesimazione tramite il raggiungimento della somiglianza fisica, ma anche una gestione estremamente calibrata delle gestualità e delle espressività, dando vita ad una catatonica marionetta. Proprio di questo si tratta il personaggio interpretato da Elijah Wood, in quanto esso rappresenta un burattino sia nelle mani della sua controparte “reale” (il vero Jonathan Safran Foer) e di Schreiber, che imprimono il proprio pensiero sul protagonista, diventando proiezione dello spettro psicologico di questi due “burattinai”, ma al tempo stesso un osservatore dallo sguardo totalmente inedito su una vicenda già conosciuta.

Proprio per questo motivo, pur presentando alcuni limiti tipici delle opere prime di un artista, Ogni cosa è illuminata rappresenta, ancora dopo 12 anni di distanza dalla sua produzione, una gradevole visione, che riesce a scaldare il cuore anche dello spettatore più arido grazie alla semplicità della messa in scena di questo atipico road movie.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.6