Mississippi Grind: recensione del film Netflix

La recensione di Mississippi Grind, il film Netflix diretto da Anna Boden e Ryan Fleck. Un road movie solido che paga, però, la mancanza di carattere

Il cast è quello dei nomi risonanti (Ryan Reynolds, Ben Mendelsohn, Sienna Miller), ma Mississippi Grind, road movie diretto da Anna Boden e Ryan Fleck, si sviluppa tutto in sottrazione, abbassando nella medietà pensiva dell’elegiaco i toni di un racconto tutto al maschile, la storia di due uomini di età diversa che incrociano i loro destini e decidono di fare un pezzo di strada insieme verso un nuovo modo di dirsi felici.

Gerry (Mendelsohn), ormai maturo e molto depresso, psicologicamente e materialmente logorato dalla propria ludopatia, e Curtis (Reynolds), più giovane e aperto al cambiamento, che vince al gioco proprio perché non gliene importa più di tanto, si mettono in viaggio verso New Orleans, il primo per tentare il grande colpo con cui crede di risolvere problemi privati e finanziari, il secondo per cogliere un nuovo pretesto per continuare ad andare, in un’estenuante, quanto festosa ricerca di ciò che non può essere trovato. Sulla strada, gli alti e bassi della fortuna sembrano condurli ad una consapevolezza nuova di come vivere non significhi vincere o perdere, ma continuare ad avere fame, ad avere desiderio di giocare.

Mississippi Grind: romanzo di formazione al contrario, in cui a crescere, sulla strada, sono gli adulti

Mississippi Grind Cinematographe.it

Romanzo filmico di formazione, con le infinite strade polverose che incidono gli spazi sconfinati della solitudine americana, Mississippi Grind parte da un presupposto intelligente quanto romantico: l’idea che a crescere non debbano essere gli adolescenti, bensì gli adulti. Il percorso di costruzione coincide qui con un percorso di ricostruzione, di riappropriazione di un sé smarrito o mai conquistato, che anzi, risulta, a ben guardare, inconquistabile. La vita non è un capitale da incrementare né da salvaguardare, ma una somma di giorni che condensano, nel tempo breve del loro fluire e del loro consumarsi, ogni possibilità di ascesa e di caduta, di vittoria e di sconfitta: domani, promessa concreta di una redenzione a portata di mano, tutto può essere diverso, tutto può e deve ricominciare.

Mississippi Grind è un film solido che paga, però, la mancanza di carattere

Se, dunque, questo lungometraggio approdato su Netflix si avventura con indubbia sensibilità, ma senza pretenziosi filosofeggiamenti, all’interno di meditazioni esistenziali profonde, confidando nelle interpretazioni luminose dei due protagonisti – nel segno di una densa imperturbabilità, lo stile recitativo di Mendelsohn; più arioso, quello di Reynolds –, le modalità estetiche con cui la vicenda rappresentata si dipana pagano il debito con certi modelli cinematografici degli Anni Settanta, riprodotti in modo un po’ troppo anodino e pedissequo, senza un carattere stilistico riconoscibile.

Anche la colonna sonora blues, senz’altro trascinante e pertinente, è quella che ci saremmo aspettati in un film del genere, che corre il rischio, in questo mimetismo estremo rispetto al canone, di lasciarsi dimenticare proprio per il suo zelo scolastico, per la sua ammirazione imitativa nei confronti di un certo modo, già molto codificato e molto visto, di fare indieI registi perdono, per eccesso di prudenza, l’occasione di rileggere secondo una nuova angolatura, l’eterna necessità di crescere e riscattarsi e non riescono a vivificare del tutto la metafora archetipica del gioco, della nostra umana speranza di salvezza affidata ad un solo lancio di dadi: Mississippi Grind appare, così, come un lungo déjà-vu senza fibra e, come il personaggio interpretato da Mendelsohn, non trova mai la grinta per aggiustare la postura, per raddrizzare le spalle curve da mancanza di autostima.

Regia - 2
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.6

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