Mirafiori Lunapark: recensione

Mi piacerebbe che il film andasse nei luoghi dove si vive con maggiore sofferenza la perdita del lavoro e che servisse anche in piccola parte a unire le persone nella richiesta di una maggiore giustizia sociale senza guerre tra poveri o forme miopi di cinismo.

5.400 operai, 41.600 vetture all’anno, 2.000.000 di metri quadri di superficie, 20 km di linee ferroviarie interne, 11 km di strade sotterranee: questa è Mirafiori, il più grande complesso industriale italiano nonché la fabbrica più antica in Europa ancora in funzione.
Il regista Stefano Di Polito ci accompagna in un viaggio onirico all’interno dell’ industria automobilistica simbolo del capoluogo torinese, raccontandoci una stupenda e malinconica fiaba della buonanotte.

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A Mirafiori, sede storica dei primi stabilimenti della Fiat e simbolo delle lotte operaie degli anni Settanta, è tempo di riqualificazione: una vecchia fabbrica abbandonata sta per essere abbattuta per fare spazio al vicino campo da golf. Ma Carlo, Franco e Delfino, che nel capannone hanno speso buona parte della loro vita, non sono disposti a uscire di scena senza fare un ultimo tentativo per ripopolare il quartiere e riavvicinare figli e nipoti.

Vedere gli stabilimenti FIAT com’erano e come sono ora ( l’idea di alternare scene di repertorio e attuali è decisamente geniale e emotivamente azzeccata) porta a domandarci: ma cosa è successo? Come siamo arrivati a questo punto?
La pellicola uscita nelle sale in questi giorni porta con sè tante domande che possono trovare risposta solo dentro al cuore degli spettatori. Che il pubblico sia Torinese (che di sicuro troverà le tematiche molto più vicine) oppure no, non può non rimanere stregato davanti ad una storia scritta principalmente con il cuore.

Calopresti sul set di Mirafiori Lunapark Foto di Simone Martinetto

I tre protagonisti interpretati da Alessandro Haber, Antonio Catania e Giorgio Colangeli rappresentano la naturale evoluzione della classe operaia italiana degli anni ’80: sognatrice, che non si arrende mai e cerca comunque di trovare nelle piccole cose un motivo per sorridere. Le gag e le battute recitate dai tre attori ricordano la commedia all’italiana degli anni ’60 senza mai annoiare o cadere nel volgare, merito principalmente di una sceneggiatura totalmente equilibrata.
La regia di Stefano Di Polito per Mirafiori Lunapark è giovane e fresca, alleggerendo con le sue immagini un tema delicato; i movimenti di macchina sono descrittivi e si potrebbe paragonare l’intera pellicola alla visione di un album di fotografie mentre i nostri nonni ci stanno raccontando una storia.
La fotografia del film completa un pacchetto già perfetto, con uno stile “vintage” che però non diventa esagerato o citazionista per tutta la durata del film; I costumi, le scenografie, gli effetti speciali (presenti con una giusta dose e assolutamente non forzati) sono al posto giusto, dando vita ad un film che difficilmente potrete scordare.

In conclusione, Mirafiori Lunapark è un film che fa riflettere, con una vena nostalgica e grandi sorrisi; ma i sorrisi che ci regala la pellicola durante i suoi 75 minuti di durata partono principalmente dal cuore, come quelli che proviamo nell’ascoltare una storia dei tempi che furono.
Mirafiori Lunapark è al cinema dal 27 agosto, distribuito da Minerva Pictures Group; nel cast anche Tiziana Lodato e Carlo Marrapodi.

Piccola curiosità: presente in un cameo il produttore Mimmo Calopresti nel ruolo dell’ispettore di polizia.

 

 

Giudizio Cinematographe

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.3
Emozione - 4

3.8

Voto Finale