Lo Hobbit – La Desolazione di Smaug: recensione

In attesa della Battaglia delle Cinque Armate in arrivo il prossimo 17 Dicembre, stiamo ripercorrendo la saga per prepararci al meglio alla grandissima conclusione. Dopo aver recensito il primo capitolo, Un viaggio Inaspettato, ci accingiamo a parlare de La Desolazione di Smaug.

La compagnia in fuga.

La compagnia in fuga.

Non è mai facile, quando si tratta di una trilogia, mantenere un alto livello dal primo all’ultimo film, e quasi sempre, quello centrale, il secondo appunto, ha una grande responsabilità: è la pellicola che serve a collegare i due film ed in particolare conservare l’alto standard partito con il principale e preparare la saga all’epilogo.
Lo Hobbit – La Desolazione di Smaug riesce nell’intento quasi tanto quanto Le Due Torri aveva fatto nella trilogia del Signore degli Anelli.

Bilbo Baggins a Erebor.

Bilbo Baggins a Erebor.

Visivamente parlando, il film riprende i fasti di Un Viaggio Inaspettato e sicuramente il merito di questo va all’eccellente utilizzo del 3D e dall’introduzione, avviata nel precedente capitolo, dell’ HFR in 48fps: sei letteralmente catapultato nel film e vorresti prendere e toccare ogni cosa ti capiti davanti agli occhi; c’è una nitidezza d’immagine così impressionante che ti chiedi davvero come faccia ad esserci uno schermo a dividerti dall’azione.

Le rovine di Dale.

Le rovine di Dale.

Peter Jackson con la sua sempre ottima regia confeziona un prodotto all’altezza del precedente. Non vi sarebbe nulla da obiettare sulla sceneggiatura scritta assieme a Fran Walsh, Philippa Boyens e Guillermo del Toro se solo non fossero stati introdotti personaggi inesistenti nel libro, come Legolas e Tauriel, e alcuni, forse più importanti, fossero stati messi maggiormente in risalto: parliamo in particolare di Beorn, il mutaforma interpretato da Mikael Persbrandt. Sul personaggio interpretato da Evangeline Lilly, l’elfa Tauriel, la critica si è molto schierata dalla parte opposta ed ha trovato sostegno nei fan più sfegatati nell’opera letteraria del professor Tolkien. Sta di fatto che un libro, e questo in particolare, è sempre difficile da trasporre al cinema e certamente Peter Jackson lo sa bene: se da una parte si cerca quanto più di adattare una storia cartacea allo schermo, dall’altra ci sono alcune regole cinematografiche che devono essere rispettate non solo per il prodotto finale, ma anche per poter attirare quanto più pubblico possibile: ecco quindi l’introduzione di un personaggio femminile volto ad equilibrare un film prevalentemente maschile e il ritorno dell’elfo più amato nella trilogia dell’Anello, Legolas/Orlando Bloom. Nonostante tutto, la loro presenza nel film, seppur non necessaria, non guasta.

Tauriel.

Tauriel.

Ci sono state tre sequenze che più delle altre rimangono impresse dopo aver visto La Desolazione di Smaug: i ragni a Bosco Atro: la forografia è straordinaria ed originale; Gandalf a Dol Goldur; ed ovviamente la macrosequenza con il drago Smaug. E per Smaug si apre un mondo a parte: che magnificenza, che goduria, che spettacolo.
Per quanto il giudizio possa essere soggettivo, è senza dubbio uno dei draghi più belli e sublimi mai visti al cinema non solo per qualità visiva e dettaglio, ma anche per quanto riguarda il lato recitativo. Impersonato dall’incredibile Benedict Cumberbatch, che veste anche i panni del Negromante, ed utilizzando la tecnica della motion capture, nel doppiaggio italiano ha l’inconfondibile voce di Luca Ward che però nasconde il vero grande vantaggio di Smaug il Terribile: una voce potente, calda e duttile come quella dell’attore inglese che lo interpreta.

Smaug.

Smaug.

Martin Freeman e Richard Armitage ci regalano grandi interpretazioni: dopo un inizio un po’ in sordina, vediamo i personaggi mutare e i due attori ben caratterizzano i loro Bilbo e Thorin nelle varie sfaccettature delle loro personalità. Con grande piacere facciamo la conoscenza di personaggi interessantissimi come l’arciere Bard, Luke Evans, diffidente, ma coraggioso e valoroso avrà un ruolo ancora maggiore nel prossimo appuntamento hobbitiano; il Governatore di Pontelagolungo interpretato dal divertentissimo ed irriverente Stephen Fry accompagnato dal fidato e subdolo Alfrid, Ryan Gage. Finalmente abbiamo un incontro ravvicinatissimo con il re degli Elfi Silvani, Thranduil impersonato da Lee Pace; l’attore statunitense buca lo schermo con il suo carisma in un testa a testa con Thorin. Presenti nel film, ed anche loro degni di nota: Gandalf/Ian McKellen e i tredici nani Balin/Ken Stott, Dwalin/Graham McTavish, Kili/Aidan Turner, Fili/Dean O’Gorman, Dori/Mark Hadlow, Ori/Adam Brown, Nori/Jed Brophy, Oin/John Callen, Gloin/Peter Hambleton, Bifur/William Kircher, Bofur/James Nesbitt e Bombur/Stephen Hunter.

Thranduil

Thranduil

La colonna sonora ancora una volta è affidata ad Howard Shore e il brano originale, intitolato I see Fire, che percorre i titoli di coda è eseguito da Ed Sheeran.
Non ci resta quindi che aspettare ancora pochi giorni per poter concludere questo grande viaggio cominciato due Dicembre fa. Appuntamento al 17!

Giudizio Cinematographe

Regia - 4.2
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4.2
Recitazione - 4.2
Sonoro - 4.2
Emozione - 4

4.1

Voto Finale