John Q: la spiegazione del finale del film di Nick Cassavetes

In John Q Cassavetes affronta un argomento reiterato in molte opere cinematografiche, trattandolo in modo misurato ma non per questo meno drammatico.

Il regista Nick Cassavetes affronta con John Q la delicata questione della gestione sanitaria a stelle e strisce. Spesso criticata per la sua etica decisamente ostile alle difficoltà quotidiane della middle class, l’assistenza medica negli Stati Uniti diventa in questo caso l’obiettivo di un severo messaggio. A tratti estremo, o persino surreale, il discorso portato avanti da regista e sceneggiatore è chiaro nella sua netta volontà di condannare un sistema normativo e sociale che costringe (almeno potenzialmente) persone comuni a divenire eroi inaspettati.

John Q condanna un sistema che costringe persone comuni a divenire eroi.

Quanto previsto dalla sceneggiatura di James Kearns mette in risalto i continui ostacoli che un meccanismo, ormai ben rodato, come quello che associa in modo così stretto l’assistenza sanitaria e la sussistenza economica, si ripercuote sulle persone con qualche difficoltà monetaria. John Quincy Archibald, il protagonista interpretato con fervore e passione da Denzel Washington, è un uomo qualunque, con qualche intoppo nella sua quotidianità, ma soprattutto un padre e un marito devoto, che ha intenzione di portare all’estremo la sua volontà di dare al figlio un futuro migliore.

James Kearns costruisce a grandi lettere un ritratto ben netto, che si pone in opposizione manichea rispetto al tanto contestato sistema ospedaliero americano. Tutto viene portato a un punto di non ritorno, quando John decide di prendere in mano il destino del figlio, mettendo in moto una serie di sconvolgimenti che, dopo una lenta maturazione del corso di John Q, precipitano nel finale del film con una catena di plot twist che porta alla risoluzione, almeno parziale, del dramma che colpisce la famiglia del piccolo Mike.

John Q

Negli ultimi 40 minuti del film, la storia vira e prende velocità montando la tensione dei protagonisti. John Q è asserragliato nell’ospedale insieme ad alcuni ostaggi: in questo primo momento diventa evidente la volontà dell’uomo di arrivare ai media, di rendere cioè pubblica la sua disgrazia al cui lato umano si aggiunge anche il determinante dato economico. In seguito a questa svolta narrativa se ne propone però un’altra, grazie a cui le intenzioni del protagoniste diventano chiare a tutti, fuori e dentro la diegesi.  L’impavido padre si prende il tempo di spiegare agli astanti le sue intenzioni, quasi forzandoli verso un’empatia umana che li leghi al di là di quelli che gli eventi potrebbero raccontare. Il salvataggio in extremis da parte della moglie e l’immancabile lieto fine che contraddistingue la vicenda di Mike mettono in dubbio, forse, la verosimiglianza di tutta la storia, ma senza dubbio coadiuva la portata emotiva del film intero.

Nel finale di John Q il pubblico si riconosce in un gesto eroico che non avrebbe il coraggio di compiere.

In John Q Cassavetes affronta un argomento reiterato in molte opere cinematografiche, trattandolo in modo misurato ma non per questo meno drammatico, fino ad arrivare al finale. In quel segmento filmico, infatti, il regista cambia tono, optando per una corsa contro il tempo in cui la carica emozionale prende il sopravvento e, sebbene possa perdere qualcosa dal punto di vista del realismo, spinge gli spettatori alla commozione data non tanto dalla grave patologia che affligge il bambino, quanto dal gesto paventato da parte del protagonista.

Il pubblico è portato a riconoscersi in un gesto eroico che con molta probabilità non avrebbe il coraggio di affrontare e che, dopo tutto, comporta non poche implicazioni etiche da approfondire. Denzel Washington regala un’altra performance dal livello altissimo, in cui, nonostante non sia l’unico protagonista del film, conquista lo schermo e il cuore degli spettatori con una storia reale che assume sempre più le forme di parabola lungo l’escalation narrativa di John Q, fino all’inevitabile vittoria del nostro beniamino, almeno a livello umano.