Il danno: recensione e analisi del film di Louis Malle

Il danno rivela il potere degli eventi avversi nel pilotare la vita delle persone, riproponendosi - se non  adeguatamente affrontati ed elaborati - a distanza di tempo e nella forma più imprevedibile. Ma rendendo al tempo stesso gli individui invulnerabili di fronte a una nuova dose di dolore e, per questo motivo, pericolosi.

Il danno come causa emblematica di un dolore profondo, provocato da una vicenda che ha segnato indelebilmente e inesorabilmente la vita di una giovane donna. Un danno in grado di propagarsi come un’onda sonora, travolgendo passato, presente e futuro, in un angosciante ciclo perpetuo che può ripetersi all’infinito.

Il film di Louis Malle, tratto dal romanzo di Josephine Hart, vede Jeremy Irons e Juliette Binoche al centro di una relazione torbida, sbagliata per definizione. Lui, affascinante e potente ministro inglese, perde improvvisamente la testa per la giovane e misteriosa fidanzata del figlio, una ragazza segnata da una tragedia familiare inaccettabile: la perdita del fratello Aston, morto suicida a causa dell’incestuosa ossessione amorosa per lei, al tempo alle prese con la prima relazione sentimentale con un coetaneo.
Anna porta da quel giorno nell’anima il peso insostenibile delle ultime parole di Aston che, poco prima di compiere il gesto estremo, la accusò di aver rovinato il loro rapporto e di essere destinata a passare da un letto all’altro. Proprio quello che la ragazza decide di fare, divenendo refrattaria all’idea di ogni legame troppo vincolante e giudicato, per questo motivo, potenzialmente distruttivo.
Anna sceglie così di essere libera, al punto di vivere con innaturale tranquillità la relazione clandestina col padre del suo compagno, un bravo ragazzo del quale crede di essere innamorata e dal quale è ricambiata. Ma col quale non riuscirebbe ad andare avanti senza la via di fuga costituita dalla relazione passionale con Stephen.

Il danno: un pericoloso gioco di specchi e proiezioni, a cavallo fra Eros e Thanatos

Il danno, Cinematographe.it

Anna e Stephen sono due facce della stessa medaglia: l’una apparentemente libera da ogni vincolo, l’altro invischiato in una vita dorata ma che, in fondo, non lo rispecchia nel profondo.
Stephen sembra vedere nel rapporto nascente fra Anna e suo figlio Martin quell’opportunità di una vita vissuta sull’onda dell’istinto e della passione, libera dalla schiavitù delle apparenze; Anna, dal canto suo, vede nel rapporto con l’uomo un’improbabile ancora di salvezza dal sentirsi totalmente travolta dal rapporto col fidanzato, un ragazzo che tanto le ricorda il fratello che non c’è più.
Inoltre, mantenere una relazione clandestina la fa sentire ancora vicina a lui, attraverso la messa in atto di quella sorta di profezia che Aston aveva pronunciato sul suo futuro, che la vedeva destinata ad appagare squallidamente gli istinti degli uomini. Un meccanismo ben evidente anche nel modo in cui Anna si concede a Stephen, con remissione, abbandonandosi al suo volere chiudendo gli occhi, quasi estraniandosi dal momento.

Il danno, Cinematographe.itChi ha subìto un danno è pericoloso, sa di poter sopravvivere

La regia de Il danno si sofferma a lungo sui volti e le gestualità dei protagonisti, lasciando trasparire ogni emozione coinvolta ma velando il tutto con una fredda patina di sofisticato perfezionismo, sottolineando il divario tra apparenza e realtà delle cose. I dialoghi fra i protagonisti lasciano emergere tra le righe il significato profondo del film, riconducibile al potere degli eventi avversi nel pilotare la vita delle persone, riproponendosi – se non  adeguatamente affrontati ed elaborati – a distanza di tempo e nella forma più imprevedibile. Ma rendendo al tempo stesso gli individui invulnerabili di fronte a una nuova dose di dolore, e per questo motivo pericolosi.
Anna vive la relazione con Stephen sapendo fin dall’inizio che sarà lui quello destinato a scottarsi di più, ma non per questo lasciandolo libero di tirarsi indietro, portando la relazione verso un epilogo forse inconsciamente desiderato, in una sorta di profezia che sia auto-avvera in cui la giovane donna può essere di nuovo libera di scegliere una strada meno pericolosa, preferendo il conforto di un legame tiepido e rassicurante al rischio di un amore totalizzante, in grado di farla sentire indifesa e riportarla al dolore della notte in cui accadde quel danno, all’origine di tutto.

Ma ora anche Stephen può sfruttare quello stesso potere per riappropriarsi della sua vita, non avendo più nulla da perdere, concedendosi di ritrovare se stesso in un altrove che mai avrebbe incontrato se non sotto le macerie causate dalla deflagrazione del danno a sua volta provocato, così ingiustamente ma inesorabilmente liberatorio da permettergli una nuova ripartenza.

Il danno, Cinematographe.it

Occorre un tempo straordinariamente breve per ritirarsi dal mondo. Ho viaggiato, fino ad arrivare ad una vita tutta mia. Quello che ci fa diventare come siamo è inafferrabile, va oltre il nostro sapere. Ci abbandoniamo all’amore perché ci dà un qualche senso di ciò che è inconoscibile. Nient’altro conta, non alla fine.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.8