I miei eroi erano i cowboy: recensione del corto Netflix

Un breve documentario che mostra il rapporto ancestrale tra uomo e natura attraverso la vita con i cavalli.

Quando pensi di aver perso tutto nella vita, quando nessuno capisce chi sei veramente e ti preclude ogni possibilità di rivalsa, molto spesso sono gli animali a permetterti di rialzarti, riprovarci, creare di nuovo in te stesso. I miei eroi erano i cowboy è un corto documentario di 23 minuti prodotto da Netflix e diretto da Tyler Greco, che si concentra sulla figura di Robin Wiltshire, addestratore di cavalli per il grande e il piccolo schermo.

Wiltshire, australiano, decide di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti dopo l’infanzia trascorsa con i nonni, per abbracciare l’idea di libertà e connessione con la natura che ha sempre ravvisato nei film western: spazi ampi e incontaminati, in cui l’uomo si perde nel confronto con la natura selvaggia, viene sovrastato dalla potenza della madre terra e deve adattarsi alle leggi della sopravvivenza. Quello che ha da sempre affascinato Wiltshire è, poi, la figura mitizzata del cavallo, fiero compagno dell’uomo nella ricerca del proprio posto nel mondo selvaggio.

Fin da piccolo ha iniziato così ad addestrare i cavalli dei nonni per cercare di emulare le movenze dei cowboy nei western cinematografici, decidendo di abbracciare la professione di addestratore.

I miei eroi erano i cowboy e la figura ancestrale del cavallo

I miei eroi erano i cowboy Cinematographe.it

Il brevissimo documentario sembra concentrarsi più sulla figura mitizzata dei cavalli che su quella dell’addestratore, di cui viene ripercorso il vissuto, ma su cui la macchina da presa sembra soffermarsi poco diegeticamente. La fotografia sensazionalistica, infatti, sembra esaltare maggiormente gli ambienti selvaggi, grazie a riprese aeree molto vedutiste e a una composizione fotografica quasi perfetta, e soprattutto sulla figura dei cavalli. Le panoramiche, i carrelli in avanti e laterali esaltano dunque il movimento dei cavalli combinato agli ambienti selvaggi, in un’orchestrazione compositiva atta a individuare il vero fulcro narrativo ed estetico dell’intera diegesi documentale. Sembra, infatti, che l’intera struttura fotografica, estetica e linguistica si concentri sulla rappresentazione di visioni e riprese aeree che hanno lo scopo di far entrare lo spettatore nello schermo, infrangendo quella quarta parete che dovrebbe relegarlo ad una condizione di guardante.

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Le inquadrature sono molto pittoriche, esaltate dalla bellezza dei paesaggi naturali, ma evidenziano come vi sia una scelta regista molto chiara e forte riguardo la composizione finale, i movimenti e la posizione della macchina da presa rispetto al soggetto o all’ambiente.

Nel documentario sono presenti dei riferimenti visivi e contenutistici ai più famosi film western, creando delle suggestioni metacinematografiche che si accompagnano sia con la narrazione descrittiva che con il sonoro del documentario. Quest’ultimo sembra essere molto amalgamato al tessuto filmico, non discostandosi per nulla dalle emozioni che si vogliono trasmettere attraverso il corto. Wiltshire vuole continuare ad addestrare i suoi cavalli, per sviluppare un rapporto di fiducia e di contatto diretto con questi animali meravigliosi.

La wilderness americana: il connubio tra uomo e natura in I miei eroi erano i cowboy

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La componente metaforica che emerge prepotentemente da questo cortometraggio documentario è senza dubbio la forza della natura che si affianca alla volontà dell’uomo, al suo percorso di ricerca del sé e al suo istinto di adattamento alle condizioni più amene e selvagge. I cavalli sono la rappresentazione simbolica della wilderness americana, configurandosi come l’animale per eccellenza per accompagnare l’uomo nel suo percorso di scoperta del primordiale. Al contempo, il cavallo è simbolo anche della fedeltà all’uomo, vivendo da sempre in una simbiosi sia con la natura che con l’essere umano, ponendosi come un animale al margine tra le due concezioni e figure. In questo documentario sono proprio i cavalli ad essere i protagonisti più che l’ambientazione o l’uomo, imponendosi come mezzo narrativo e al contempo come fulcro ideale per l’adattamento dell’uomo nelle terre selvagge del continente americano.

I miei eroi erano i cowboy è su Netflix dal 16 settembre 2021.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.5

Tags: Netflix