House Arrest: recensione della commedia indiana originale Netflix

House Arrest offre allo spettatore uno "scuotimento intelligente", in grado di mescolare bene sentimento, comicità, grottesco e realtà.

Riuscireste a stare in casa per circa 9 mesi, senza uscire per nessuna ragione? House Arrest, la nuova commedia noir-romantica di produzione indiana e disponibile su Netflix, racconta proprio di una vita a misura di casa, dove il protagonista Karan fa molta attenzione a non toccare neppure con un dito del piede il tappeto alla soglia della porta di casa. La vita però mette sempre a dura prova, e riuscire a vivere isolati dal mondo al giorno d’oggi è diventato sempre più complicato…nel bene e nel male!

House Arrest, la trama: un ex banchiere “agli arresti domiciliari”

Con queste due coordinate potrebbe sembrare che la storia di Karan (Ali Fazal) sia quella di un criminale, ma in realtà l’unico crimine che ha commesso secondo i suoi amici e la gran parte del pensiero comune è di essersi chiuso in casa. E nonostante questo suo desiderio di prendersi una vacanza dal mondo e dai ritmi frenetici di Delhi, non mancano l’amico secolare JD (Jim Sarbh) che cerca di escogitare modi per farlo uscire di casa, una vicina strampalata (Barka Singh) che va in giro con una valigia rosa dal contenuto discutibile, e una giornalista molto carina (Shrya Pilgaonkar) che cerca di approfondire di le misteriosi ragione che hanno spinto un uomo a relegarsi in casa e trovarsi a suo agio in questa vita di clausura.

Una commedia dal taglio teatrale sul filo del thriller che si limita all’intrattenimento romantico

House Arrest scritto e diretto da Samit Basu insieme a Shashanka Ghosh per alcune dinamiche narrative ricorda molto i tempi di una piéce teatrale: il piccolo microcosmo di Karan, che è il palco della sua scelta e vicenda misteriosa, viene continuamente insediato virtualmente dalle telefonate – a cui non rinuncia perché la sua è una scelta dettata in realtà dalla solitudine e dall’aggressività del mondo reale, ma vuole tuttavia mantenere un contatto con l’esterno purché non lo giudichi – e fisicamente da personaggi che spinti da motivi personali, si ritroveranno a turbare il suo equilibrio. Non è un caso che la sceneggiatura insista su questo dettaglio, infatti durante le telefonate i personaggi sembra che siano proprio in carne ed ossa accanto a Karan. Una scelta che rende il film particolare e originale.

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L’originalità e le buone idee però non bastano se non coadiuvate verso un obiettivo preciso, e il finale da questo punto di vista lascia lo spettatore alquanto perplesso: non il finale inteso come l’apoteosi della vicenda – abbastanza prevedibile – ma il finale proprio della visione, riferendoci a ciò che ci si porta a casa. Sicuramente resta qualche ora di piacevole intrattenimento, che si limita però ad una visione/conversazione su una miriade di spunti irrisolti, quali la solitudine, l’assenza di equilibrio personale e sentimentale che si sovrappongono a quelli moderni – e Karan nel raccontare la sua storia personale ne offre pochi ma decisivi a sviluppare un pensiero, e sufficienti a portare la commedia ad un salto di qualità – o ancora cogliendo proprio l’incipit del film, la vita di questa Delhi moderna, dove sembra che tutto quel misticismo indiano da cliché o i colori sgargianti targati Bollywood non siano gli unici filtri attraverso cui raccontare l’India.

Questo non per dare necessariamente ad House Arrest spunti o prospettive sociali, ma darvi quello “scuotimento intelligente” che una commedia che non voglia cadere nel dimenticatoio, e che sappia ben mescolare sentimento, comicità, grottesco e realtà – soprattutto avendone le carte – dovrebbe avere.

Regia - 3
Sceneggiatore - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2
Emozione - 3.5

2.9

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