Fuoco incrociato a Natale: recensione del crime tedesco Netflix

Fuoco incrociato a Natale è una commedia nera più nelle aspirazioni che nei risultati: conta su un cast e un’ambientazione seducenti, ma non riesce a graffiare.

A metà tra crime comedy e horror ‘addomesticato’, Fuoco incrociato a Natale del regista tedesco Detlev Buck segue le vicende della neo-coppia Sam ed Edda, il primo un professore associato di Letteratura americana (fin troppo giovane e soprattutto sexy per essere tale), la seconda una dottoranda in cerca di fortuna nella grande città: insieme, dopo essersi conosciuti e aver trascorso una notte di passione, tornano al paesello natio di lei, nella Germania del Nord, per il giorno di San Nicola, da quelle parti occasione festiva tra le più sentite.

Ben presto vengono, però, separati e sono costretti a subire una serie di disavventure in solitaria prima di riunirsi e affrontare le bizzarrie della famiglia della ragazza. Il plot segue uno schema collaudato, lo stesso dei romanzi greci antichi o dei Promessi Sposi: i due innamorati, giovani e belli, si separano, ciascuno dei due, parallelamente all’altro, se la vede male a più riprese, ma il lieto fine è comunque garantito. 

Fuoco incrociato a Natale: buone le premesse, ma il film promette e non mantiene 

Alli Neumann è la protagonista femminile del film.

Niente di nuovo sotto il sole, insomma, ma questo non costituisce, naturalmente, un limite per il film, che, anzi, conta su un cast seducente – tra gli altri, troviamo Merlin Rose, non un volto nuovo per i fan di Dark – e su un’ambientazione evocatrice di remoti scenari medievali che allungano, con la persistenza dei loro riti, un’ombra lunga di influenze e retaggi culturali. Eppure, in Fuoco incrociato a Natale nulla sembra funzionare. 

Non è graffiante come ci si aspetterebbe da una commedia nera né terrifico e teso con un horror, di cui ripudia gli eccessi e quella dose di kitsch a suo modo necessaria al genere: appare, piuttosto, debolmente animato da sequenze meccaniche di colpi scena incapaci di incidere perché l’artificio che li precede si rivela subito allo spettatore tanto nel suo automatismo quanto nella sua totale assenza di urgenza. 

Così il film si trascina stancamente e anche gli spunti che di tanto in tanto dissemina – una certa visione primatista così propria a quegli ‘uomini dei boschi’, a quei popoli germanici che sembrano non aver abbandonato del tutto la rozzezza barbarica delle loro origini – non trovano respiro e restano fluttuanti un calderone di stimoli orizzontali, privi di tanto di energia drammatica quanto di profondità della riflessione. 

Si tratta, dunque, di un’occasione persa: un film di puro intrattenimento, che promette e non mantiene, dotato di un appeal che si dichiara presto solo esteriore, uno dei tanti prodotti Netflix che intendono attirare utilizzando l’esca del esotismo – in questo caso l’esotismo ‘prossimo’ di un’ambientazione nordica ancora intrisa di folclore – senza avere a cuore la qualità della scrittura. 

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2
Sonoro - 1.5
Emozione - 1.5

1.8

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