Full time – Al cento per cento: recensione del film di Eric Gravel

Le difficoltà sociali ed esistenziali di una donna single, disarmata di fronte all'imprevisto.

Full time – Al cento per cento è il film drammatico di Eric Gravel, presentato a Venezia 78 e distribuito da I Wonder Pictures, con Laure Calamy nel ruolo della protagonista e un eccellente cast composto da Anne Suarez, Geneviève Mnich, Nolan Arizmendi, Sasha Lemaitre Cremaschi. Il film, premiato per la migliore regia e per la migliore attrice protagonista nella sezione Orizzonti della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia 2021, è in uscita nelle sale cinematografiche dal 31 marzo 2022.
Full time – Al cento per cento coinvolge lo spettatore sin dalle prime battute in un ritmo sempre crescente; un lungo respiro prima di immergersi nella corsa quotidiana; un respiro, quello di una donna, che batte lo stesso tempo dell’elettronica di Irène Drésel e con essa scandisce gli impulsi di un’angoscia interiore segnati da passi pesanti dentro un perimetro sospeso e ristretto. Una colonna sonora che diventa co-protagonista definendo i tratti psicologici del drama.

Full time – Al cento per cento: la soffocante routine di una donna sola

Laure Calamy interpreta il ruolo di una donna, Julie, madre di due figli, abbandonati e dimenticati dall’ex marito completamente distratto e assente dalla loro vita. Una donna sola che quotidianamente si cimenta ad affrontare le complicazioni di un lavoro distante dalle sue esigenze ma necessario per sopravvivere. Continuamente di corsa, immersa in un vortice di angoscia e resistenza. Julie vive una routine soffocante: un lavoro da cameriera in un albergo parigino a cinque stelle, una laurea conservata in un cassetto, una casa fuori città dove i costi sono minori, un portafoglio vuoto e veloci colazioni all’alba, quando ancora è buio ma già tardi per raggiungere il lavoro.Julie annaspa tra fatica e solitudine, tra i capricci dei figli e corse dettate da orari severi, disarmata di fronte all’imprevisto: uno sciopero che blocca la Francia tra guerriglie e violenze di manifestanti frena, infatti, la sua corsa. Metafora di una condizione senza possibile riscatto; dignità e lavoro quasi utopiche ed illusorie chimere! La donna è sempre in corsa; corre tra stanze di lusso dell’albergo ad istruire cameriere in prova, lei, intelligente, brillante energica in un lavoro che non la gratifica. Julie che coltiva il sogno di riprendere in mano il lavoro che merita, sogno scivolato nel silenzio di un matrimonio fallito, ingoiato nei luoghi dell’assenza, masticato dal senso di solitudine e responsabilità.

Full time- al cento per cento: le difficoltà sociali ed esistenziali

Il film si sviluppa secondo i tratti tipici del cinema francese dal risvolto drammatico che contribuisce a dare spessore alla storia in un ritmo costante che sembra provare la veridicità delle sue scene; un ritratto femminile, attuale ma per nulla moderno, che sembra voglia far echeggiare le difficoltà sociali ed esistenziali di una donna che vorrebbe viaggiare veloce, riconoscersi nelle scelte, affermarsi e magari confrontarsi con realtà capaci di riconoscere con libero giudizio, il valore di un individuo e non cadere nella rete del bisogno. Uno stile cinematografico riconoscibilissimo si presenta nel capoluogo francese, in sequenze fredde, certamente non da fiaba, tra svilenti richieste di passaggi e autostop di una donna che si affretta a svegliare i propri bimbi e lasciarli in custodia ad una anziana signora, troppo stanca e forse indifferente tanto da minacciare l’intervento dei servizi sociali; un ritorno a casa poi, troppo tardi per godere di piccole tenerezze, troppo stanco per vivere di piccoli affetti.

È un costante destreggiarsi su una lunghissima linea gialla, sottile da cedere persino al peso di una lacrima quando tutto si rivolge contro. Julie perde il lavoro, un colloquio per un nuovo posto sembra non esser andato bene, i bambini non capiscono né si interrogano per l’insolita presenza della madre. La donna che fino a due giorni prima aveva vissuto in apnea con la paura ricorrente di sbattere contro onde troppo forti, adesso è completamente senza orizzonti, svuotata in balia di un tempo fermo, senza speranze. Un’ultima scena con il fiato sospeso; una domenica ai giardini, l’attesa ad una stazione, la voglia di “sbattersi” contro la velocità di un treno in arrivo, improvvisamente in macchina, al parco, l’arrivo di una telefonata, torna la speranza, un sorriso… forse la felicità esiste.Un finale che si avvicina ad una moralità chiara, che non rinuncia alla rappresentazione della disperazione ma che, alla fine si apre alla speranza per ricongiungersi a valori esistenziali ed a atteggiamenti di fiducia nel cambiamento.

À plein temps (Full time) per molti aspetti rappresenta il cinema di manifesto sociale francese, tipico dagli anni Sessanta in poi, che afferma quei diritti e doveri spesso soffocati da strumentalizzazione sociali e tendenze conformistiche.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.5