Eiffel: recensione del film Sky sulla costruzione della famosa torre parigina

Eiffel di Martin Bourboulon è un film scenograficamente ben realizzato, ma la cui pecca risiede nella forzata deriva sentimentale. 

L’ingegno umano, la sfida con la società, l’aspirazione e il sogno. La storia è colma di personaggi, figure storiche che si sono imposte nel tempo divenendo immortali. Il cinema ne ha dato sempre rappresentazione sullo schermo, ricalcando ora l’onda dei biopic. Sono molti i racconti di tale genere, film come ad esempio The Imitation Game o La teoria del tutto. In essi si racchiude l’estro del genio (figura oramai smontata) in contrapposizione alle briglie dello standard, della tradizione. Sono i figli e le figlie di Galileo, colui che si oppose ad una filosofia errata ma al contempo pilastro della visione religiosa del mondo e dell’universo. È la storia di coloro che volgano il proprio sguardo alle stelle, sognando qualcosa che li disancori dalla mortalità. Ed è in questo filone, seppur in minor potenza, che si inserisce Eiffel, il film di Martin Bourboulon sulla costruzione della Torre Eiffel e del suo omonimo ideatore.

Eiffel si incastra perfettamente all’interno dei canoni del genere, ma non va oltre. Anzi, sceglie di proseguire una strada la cui deriva è quella sentimentale. La costruzione della torre e le sfide ad essa connesse vengono soppiantate da un romanticismo fino a sé stesso, che nulla apporta alla narrazione. Il team di sceneggiatori, insieme al regista, spostano l’estro del genere umano verso il filone romantico tanto caro alla “mitologia” francese, e nel particolare parigina. L’amore per l’altro da sé sconfigge quello del puro ingegno. Tale è la visione del film che la torre si trasforma in un monumento, una dichiarazione d’amore alta trecento metri la cui forma richiama la lettera inziale del nome della donna amata e perduta. Una A che sovrasta alta nel cielo di Parigi, invece di un simbolo alla ripresa francese. Eiffel casca così in fallo, lasciando ai margini gli elementi che i film in realtà possiede.

Eiffel e una dissonante narrazione sentimentale

Eiffel - Cinematographe.it

Il film viaggia tra passato e presente, dagli esordi della relazione tra Gustave Eiffel (Romain Duris) e Adrienne (Emma Mackey) fino alla costruzione della Torre. L’amore tra i due amanti è però impossibile, appartenenti quali sono a due realtà sociali differenti. L’ingegnere la perde, ma negli acquista fama e prestigio internazionali. Da quel ponte costruito poco meno che trentenne, Eiffel porta il proprio ingegno in America, dove la propria competenza la porta a collaborare alla realizzazione della Statua della Libertà. In vista dell’esposizione universale di Perigi nel 1889, Gustave porta avanti il proprio progetto di una torre costruita interamente in metallo. All’inizio riluttante, in quanto più propenso alla costruzione di una metropolitana, diverrà man mano più vicino alla propria creazione. Purtroppo, il ritorno di Adrienne metterà a dura prova l’animo dell’ingegnere, già attaccato su più fronti dalla società, dalla chiesa e dagli artisti.

La creazione della Torre viene inizialmente vista sotto una cattiva luce. La chiese ne attaccherà la grandezza, che andrà ad eclissare la cattedrale di Notre Dame; artisti e scrittori del calibro di Èmile Zola, Alexandre Dumas e Guy de Maupassant ne criticarono invece la forma così industriale. Gustave Eiffel ha però combattuto contro le dichiarazioni dei suoi detrattori, arrivando fino in fondo, a costo di ipotecare tutte le proprietà e i brevetti. Tutti questi aspetti, però, vengono meno alla narrazione del film. Parliamo di momenti centellinati, inseriti in brevi dialoghi in cui vediamo Romain Duris camminare da una parte all’altra in una frenesia elettrica. La fiducia illuminista nella scienza è venuta meno di fronte al dramma romantico, come se l’ingegno stesso non fosse già di per sé un atto d’amore. Tutto ciò è un peccato, perché le carte per costruire tutt’altro tipo di racconto erano lì, davanti agli occhi del regista. Tuttavia, Bourboulon viene dalla scuola della commedia, e quest’ultima contamina un film che poteva raccontare qualcosa di più.

Romin Duris e Emma Mackey sono perfetti per il ruolo

Eiffel - Cinematographe.it

Eiffel, al di là della propria impronta, ha dalla sua cast attoriale che funge da contraltare. Romain Duris è perfetto nel ruolo, restituisce al pubblico tutto l’animo scattoso e frenetico di Gustave Eiffel. La passione, il coraggio e le debolezze vengono incarnate dall’attore. Purtroppo quell’energia viene incanalata nel rapporto con Adrienne, la sua musa. Quest’ultima viene impersonata da una sempre più convincente Emma Mackey. Dopo aver svelato il proprio talento nella serie Sex Education, ne ha dimostrato la propria portata nell’ultimo Assassinio sul Nilo. La sua è una recitazione di sguardi e gesti, le sue mani e il suo corpo raccontano più di mille battute. In Eiffel il suo è un breve minutaggio, ma in quel lasso di tempo riesce a convincerci pienamente. Eppure, se da una parte i due riescono a tenere il ritmo del racconto, dall’altra il film non ci regala molti altri personaggi. In una storia così articolata, fatta di luci e ombre, sarebbe stato interessante osservare qualche altra figura storica, o comunque un personaggio in più, e più carismatico, oltre i due amanti segreti.

Insomma, ci troviamo agli antipodi rispetto allo stravagante Il visionario mondo di Louis Wain (con Benedict Cumberbatch). Il film di Will Sharpe, per quanto non perfetto, ha comunque dalla sua la volontà di raccontare il mondo attraverso gli occhi dei suoi protagonisti. Osservato in quest’ottica, Eiffel, viaggia quasi su binari bidimensionali e privi di quell’approfondimento storico e psicologico che avremo voluto vedere. Lo ripetiamo, è un peccato, perché sul piano scenografico il film funziona su più fronti. Troviamo una CGI ben inserita all’interno dello sfondo parigino ottocentesco. Anche la fotografia lavora a braccetto in tal senso, con tramonti purpurei che battono luminosi sul duro metallo. La tecnica convince, meno la sceneggiatura; tutto funziona tranne che lo scheletro della narrazione per immagini. Eiffel ci ammalia, come un mago al circo, ma usciti dal tendone ci rimane solo un senso di amarezza.

Leggi anche: cosa c’è di vero nel film di Martin Bourboulon?

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 2
Emozione - 2.5

2.8

Tags: Sky Cinema