Darkland: recensione del thriller di Fenar Ahmad

La recensione di Darkland, il thriller del 2017 del regista Fenar Ahmad e con Dar Salim, Stine Fischer Christensen, Ali Sivandi, Jacob Lohmann e Roland Møller.

Darkland è un thriller del 2017, nonché secondo lungometraggio del regista danese di origine irachena Fenar Ahmad, che ne ha anche scritto la sceneggiatura. Il cast è composto da Dar Salim, Stine Fischer Christensen,  Ali Sivandi, Dulfi Al-Jabouri, Jakob Ulrik Lohmann e Roland Møller.
Il film è stato uno dei 3 selezionati nella shortlist finale per rappresentare la Danimarca alla corsa all’Oscar come miglior film straniero, anche se gli è stata poi preferita un’altra pellicola.

Darkland, cinematographe.it

La trama di Darkland vede protagonista Zaid (Salim): uno di quelli che ce l’ha fatta. Nonostante le origini irachene, è riuscito ad emergere dalla vita ghettizzata a cui sono condannati la maggior parte dei suoi compatrioti emigrati in Danimarca ed è diventato un rinomato cardiochirurgo, con un attico in un ricco palazzo, dove vive con la moglie Stine (Christensen) in prossimità di dare alla luce il suo primo figlio.

La sua vita perfetta cambia per sempre quando riceve l’ennesima visita dello scapestrato fratello minore Yasin in cerca di un prestito. La differenza tra le vite dei due è lampante e Zaid ha molte volte aiutato il ragazzo, ma stavolta, stanco, decide di rifiutarsi, pur avvertendo il panico nella voce del fratello.

Il giorno successivo, all’ospedale, Zaid scopre che Yasin è gravemente ferito a seguito di un’imboscata di una banda ed è ricoverato in code rosso al pronto soccorso, dove, nonostante i tentativi dei medici, finisce con il soccombere.
Perseguitato dai sensi di colpa, l’uomo cerca insistentemente risposte dalla polizia, la quale, dopo le classiche frasi di circostanza, fa capire lui in maniera chiara che sono a conoscenza della vita da criminale del ragazzo e che non avrebbero perso tempo ad indagare sulla sua morte.
A questo punto Zaid ha due strade di fronte a lui: lasciarsi tutto alle spalle e pensare alla moglie e al figlio in arrivo oppure chiudere prima i conti personalmente con gli assassini del fratello. Sperando che quest’ultima via non escluda l’altra.

Darkland: L’oscuro mondo di Zaid

Darkland, cinematographe.it

Fenar Ahmad scrive e dirige questo thriller oscuro e cruento “sporcandone” i tratti con degli elementi a tinte presumibilmente autobiografiche, riuscendo ad indirizzarne i contenuti verso una, neanche troppo velata, denuncia di ghetizzazione nei confronti degli arabi in terra danese.

Il protagonista di Darkland è un iracheno ben inserito nella società del Paese europeo perché figlio di una famiglia che ormai da trent’anni è in Danimarca e anche perché abbastanza intelligente e scrupoloso da diventare chirurgo. Eppure egli è costretto a tornare alle sue origini di ragazzo di strada e a scontrarsi con l’entroterra culturale dei suoi “fratelli” immigrati, fatto di violenza, droga e furti.

L’intelligenza del regista è stata quella di mantenere la struttura del thriller/storia di vendetta all’americana, facendo combaciare il solito passato oscuro del protagonista redento con una realtà che gli è etnicamente vicina. Il resto è pressoché fatto: il protagonista è costretto a tornare nella tana del bianconiglio e sporcare la sua soffice coda bianca per tornare l’uomo che era una volta.

La novità di genere riguarda l’uso della figura del giustiziere, che porta con sé tutte altre complicazioni di scrittura (come, in primis, l’elemento della doppia vita), che in alcuni momenti litigano con la struttura primitiva del film, ma che poi nel finale trovano un loro perché, nonostante l’accompagnamento drammatico non ne sia all’altezza.

Darkland ci restituisce l’oscurità che è nel titolo, facendola combaciare con l’idea di sottosuolo, o sottomondo, e mettendola in contrapposizione con la realtà delle persone per bene, o il mondo in superficie, caratterizzato da dei colori più chiari e freddi. In generale sia fotografia che regia non si staccano mai dal modello americano, mantenendo dei buoni standard, al contrario della sceneggiatura, protagonista di qualche scivolone (anche se il doppiaggio italiano sicuramente è penalizzante).
Il risultato complessivo è un discreto film di intrattenimento, ma appesantito dai troppi ingredienti, e con un protagonista che, sarà la pelata, a tratti sembra la versione araba di Vin Diesel.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.1