Calibre: recensione del film Netflix

Un thriller affascinante che mette a nudo l'istinto animale dell'essere umano.

Due amici di vecchia data caratterialmente agli antipodi – uno, Marcus, spregiudicato businessman con un debole per la cocaina; l’altro, Vaughn, più sensibile e posato, da poco marito e futuro padre – decidono di trascorrere qualche giorno insieme nelle Highland scozzesi, dove il primo conta di coinvolgere il secondo in alcune battute di caccia, la sua passione, prima di riprendere la routine lavorativa. Arrivati di sera in un villaggio dagli abitanti più o meno apertamente ostili nei loro confronti, i due giovani ‘cittadini’ cercano di spassersela il più possibile, tra qualche flirt e molto alcol. L’indomani, però, durante la battuta di caccia, qualcosa va storto. Il più inesperto dei due, Vaughn, uccide per errore un bambino, nascosto dietro il cervo nel suo mirino. L’altro cerca, per entrambi, una via di fuga dalla sicura condanna. È l’inizio di un lungo incubo, che trasforma i due amici da cacciatori in cacciati e sposta per sempre l’asse delle loro certezze e dei loro valori.

Calibre, un thriller ‘scozzese’ sull’istinto umano dell’auto-preservazione

Calibre film Cinematographe.it

Matt Palmer dirige un thriller teso pur nella sobrietà degli stilemi adottati e nella dilatazione dei ritmi, per scelta lasciati blandi e avvolgenti. È il tempo pieno e soggettivo del senso di colpa e, soprattutto, della paura di essere scoperti e braccati quello che il regista porta sulla scena, non il tempo meccanico e misurabile della scienza. Calibre è uno studio sulla psicologia delle reazioni a un errore irreversibile, che apre il baratro del dilemma morale senza soluzione, e, collateralmente, un’interrogazione non tanto sulla giustizia (molto lontana dall’orizzonte umano), ma sulle fragili pareti che separano la nostra integrità dal grumo scuro di una parte animale, nel senso di aggressiva e istintiva, protesa all’auto-difesa a dispetto di ogni scrupolo, da cui l’educazione, l’etica e le nostre nozioni di civiltà non riescono mai del tutto a immunizzarci. Vittime e carnefici si guardano, allora, allo specchio e non sono più in grado di riconoscersi, di indicare con sicurezza a quale categoria appartengono.

Calibre: la caccia come rito e come metafora nel film Netflix

Calibre film Cinematographe.it

Calibre ricorda, anche se senza dubbio vagamente, un altro film recente della più alta drammaturgia europea, che utilizza la caccia come rito e come metafora: è quel capolavoro dal titolo The Hunt (in italiano Il sospetto) del danese Thomas Vinterberg che, senza sconti, mostra la caduta di un uomo buono (interpretato da un Mads Mikkelsen, di fronte al quale inchinarsi per la maestria interpretativa) accusato dell’ignominia più grave, l’abuso sessuale sulla figlia bambina del suo migliore amico. Come in quel film in cui, anche se reintegrato in società, il protagonista non riesce a sottrarsi dall’onta che pende sulla sua rispettabilità e continua ad essere oggetto della violenza repressa di una comunità solo apparentemente cristiana e accogliente, così anche in Calibre i due protagonisti fanno esperienza della natura profondamente pretestuosa della brutalità e del bisogno, tutto umano, di un capro espiatorio da sacrificare alla propria frustrazione e ai propri fallimenti individuali e collettivi.

Un’ambientazione affascinante, che interagisce con i personaggi in modo elegante e affatto retorico 

Benché Calibre, a differenza di The Hunt di Vinterberg, non sia un capolavoro (la sceneggiatura, affatto affilata, manca di una nervatura morale solida; gli attori si dimostrano all’altezza della prova assegnata, ma non fanno quel passo in più di cui sono capaci solo i grandissimi), è un film comunque affascinante, elegantemente artigianale nel modo in cui fa interagire personaggi e spazi: quel che gli manca è quel respiro filosofico in grado di fare di un buon, in questo caso buonissimo, prodotto filmico un’opera capace di evocare l’enigma ultimo della condizione umana senza pretendere di districarlo. Tuttavia, occorre celebrare come, nello sterminato catalogo Netflix non sempre così scrupoloso nel controllo qualità, ci sia spazio anche per questo piccolo prezioso film, che piacerà sicuramente a chi ama i thriller, i toni noir e i paesaggi nordici, lontani dall’immaginario patinato e da un’idea retorica di bellezza.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.6

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