211 – Rapina in corso: recensione del film con Nicolas Cage

Due poliziotti agli antipodi, un ragazzino vittima di bullismo e una sanguinosa rapina in banca con ostaggi: a Nicolas Cage e alla sua espressione imperturbabile il compito di salvare e mettere al sicuro chi ama.

La tagline di 211 – Rapina in corso chiarisce subito le cose: “4 rapinatori spietati, 180 agenti speciali, 26 ostaggi da salvare. 1 solo negoziatore”. Per quante trame e sottotrame si possano imbastire e per quanto impegno in fase di scrittura si possa profondere per dare un peso al plot, il primo vero (e unico) motivo di interesse riguardante il film di York Alec Shackleton è la presenza nel cast di Nicolas Cage. È lui il mediatore, il deus ex machina destinato a risolvere l’intreccio e a salvare la situazione.
Del resto, 211 ha ben pochi altri motivi di interesse, sia da un punto di vista visivo che concettuale. Uno di questi dovrebbe essere il fatto che la vicenda trae spunto da un fatto realmente accaduto, un conflitto armato avvenuto nel 1997 tra una coppia di rapinatori e la Polizia di Los Angeles a North Hollywood. Appiglio disatteso da uno svolgimento convenzionale e mediocre, che fin dalle prime sequenze sembra avere l’ansia di dire molto senza poi approfondire nulla o quasi.

211 – Rapina in corso: sulla volante della polizia

211 - Rapina in corso - Cinematographe.itEsibendo senza troppe remore la propria grana grossa e il proprio tiro da film di pura serie B, 211 – che, in codice, è il numero di polizia per una rapina – inizia in Afghanistan ma si sposta poi a Chesterford (cittadina immaginaria del Massachusetts) per seguire le tracce di un ragazzino afroamericano vittima di bullismo da parte dei compagni di scuola. Una serie di sfortunati eventi lo porta a subire una esemplare punizione al posto dei suoi persecutori: dovrà seguire per una intera giornata una pattuglia, nell’esercizio delle sue funzioni lavorative.

Tralasciando l’inverosimiglianza e l’approssimazione con cui viene trattato questo fondamentale passaggio, vale la pena concentrarsi sui due agenti: il veterano Mike Chandler e il giovane collega Steve MacAvoy, anche genero di Chandler e in attesa della nascita del suo primo figlio. Passato contro futuro, disillusione contro entusiasmo; in sintesi due personaggi e due mondi agli antipodi, che saranno costretti a collaborare nel momento in cui si ritroveranno nel bel mezzo di una rapina in banca, con tanto di ostaggi e sparatorie urbane.

Nicolas Cage e l’elogio dello scult

211 - Rapina in corso - Cinematographe.itÈ questa sorta di pedinamento e presa diretta ad aver fatto sì che 211 sia stato paragonato, tra gli altri, a End of Watch di David Ayer e a Black Hawk Down di Ridley Scott. Confronti impietosi, che non fanno altro che mettere in luce l’incapacità dello script di affrancarsi dal tratteggio di caratteri fortemente stereotipati e di dare vita a dialoghi credibili e tollerabili. Si può sostenere che le scene di pura azione svolgano egregiamente la loro funzione, ma la verità è che in assenza di Nicolas Cage probabilmente nessuno avrebbe mai sentito parlare di quest’opera.

Un’affermazione che ci porta nuovamente a riflettere sulla carriera di Mr. Cage, un attore capace di girare cinque o sei film in un anno, alternando progetti autoriali (sotto la direzione di Paul Schrader, Panos Cosmatos, Sion Sono) ad opere dal bassissimo budget e dall’altrettanto bassa resa qualitativa. Ogni suo nuovo lavoro è un tassello che amplia il puzzle della sua infinita filmografia, alimentandone il mito e proseguendo la sempiterna diatriba sulle sue reali capacità recitative. 211 non sfugge a questa logica: la sua presenza aumenta o diminuisce l’effetto scult della pellicola?

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 1.5

2.1