Ninjababy: la regista svela i segreti della commedia più pungente dell’anno [VIDEO]

Dopo esser stato scelto come “Miglior commedia” agli European Film Awards e premiato al Giffoni Film Festival e al South by Southwest di Austin, il 13 ottobre arriva nei cinema italiani Ninjababy.

In occasione dell’uscita del film abbiamo incontrato la regista Yngvild Sve Flikke che ci ha rivelato le sue aspettative riguardo al pubblico italiano: “Il mio sogno è che questo film possa essere visto da un pubblico sempre più allargato, sempre più ampio e che possa portare ad avere una nuova prospettiva e un nuovo punto di vista sull’essere genitori… Ovviamente, trattandosi di una commedia, mi auguro che la commedia arrivi al pubblico e spero che l’umorismo e le emozioni del film vengano colti dallo spettatore italiano.

Ninjababy ci porta nella vita di Rakel (Kristine Thorpe) una ventitreenne incasinata che vive tutti gli eccessi dei suoi anni, senza troppe preoccupazioni. Giovane e assolutamente imperfetta, indecisa su cosa fare nel suo futuro (la fumettista, la guardia forestale o l’assaggiatrice di birra?) Rakel si ritrova a fronteggiare una situazione più grande di lei quando scopre di essere incinta di ben ventisei settimane. 

Sentendosi assolutamente inadatta ad essere madre, Rakel passa al vaglio tutte le possibili strade da intraprendere e mentre pensa a quale sia la soluzione più adatta per il bambino che darà alla luce lo disegna nei suoi album di fumetti come un piccolo ninja. Così, il suo Ninjababy, in benda e pigiamino, si materializza nella sua stanza e diventa una sorta di grillo parlante bidimensionale che commenta, con fare ironico e a tratti sarcastico, le sue scelte.

Insomma, Rakel è ben lontana dall’essere la madre perfetta e Yngvild Sve Flikke ci ha spiegato perché abbia voluto realizzare un personaggio del genere: “Trovo estremamente importante mostrare la donna in tutti i suoi aspetti. Rakel in questo film è sempre sincera e onesta. Sin dall’inizio del film abbiamo voluto raccontare la storia di questa ragazza ventenne norvegese che fosse assolutamente naturale, autentica, che non fosse patinata. Volevamo che questo personaggio fosse l’esatto opposto della ricerca della perfezione che vediamo sui social media o nelle serie tv, che fosse assolutamente reale e che non ci fosse nulla di costruito. Abbiamo realizzato un personaggio pieno di difetti, fin troppo diretto; addirittura brutale nell’essere diretto, ma per noi era importante che fosse proprio così. Questa ricerca di autenticità e sincerità vale anche per i personaggi maschili.

Ninjababy: intervista alla regista Yngvild Sve Flikke

Tra le tante opzioni contemplate da Rakel per il suo Ninjababy c’è anche quella dell’adozione. Si ritrova, così, sotto mentite spoglie a prendere parte a un incontro tra possibili genitori adottivi, in una scena che, nonostante la grande ironia, ci fa vedere tutte le complicanze legate a questa pratica: “Trattandosi di una commedia abbiamo dovuto fare dei compromessi. Io ho fatto tanta ricerca: ho incontrato persone che si occupano di procedure per l’adozione e ho parlato anche con i genitori che hanno seguito questo processo estremamente lungo e complicato. Devo dire che in queste persone è molto forte questa sensazione di nervosismo, perché temono di non essere accettati e vanno a questi incontri provando a presentarsi con la versione migliore di sé perché temono di non vedersi assegnato un bambino. è stato molto interessante mettere Rakel in questa condizione di nervosismo e di tensione, mostrare il contrasto tra lei che è li ed è nervosa perché non vuole un figlio e gli altri genitori che temono di non essere accettati quando il loro obiettivo è invece quello di farsi assegnare un figlio . La scena è divertente, essendo una commedia, ma tratta di un argomento molto serio”.

Il film, ironico ma anche pungente, ci pone davanti a un finale inaspettato che rivede i concetti di maternità e paternità,  spingendoci verso una nuova visione di genitorialità che lotta contro gli stereotipi di genere. A tal proposito la regista ci ha svelato: “In Norvegia già da tanto tempo non si parla più di maternità o di paternità ma di genitorialità, semplicemente di essere genitori, questo perché è fondamentale per il bambino fare riferimento ad entrambi i genitori come figura di cura sin da subito. Si deve dare opportunità all’uomo di dire “voglio essere io a prendermi cura dei miei figli”.