Jonas Carpignano: A Ciambra è un “film tra documentario e finzione” [Intervista]

Intervista al regista Jonas Carpignano per A Ciambra, un racconto di formazione verace.

A Ciambra è il film italiano che ha conquistato pubblico e critica della Quinzaine des Réalizateurs all’ultimo Festival di Cannes, aggiudicandosi il premio Europa Cinemas Label e giungendo così nelle nostre sale alla fine del mese di agosto. Il regista Jonas Carpignano racconta – come ha già fatto tramite le immagini del suo film – le realtà della ciambra, di una comunità chiusa in sé stessa e del suo legame con questi personaggi quanto mai veri.

Il grande Martin Scorsese è produttore esecutivo del tuo lungometraggio. Quanto è stata importante la sua collaborazione nel progetto?

“È stata una collaborazione utile e importante. Per me è sorprendente che uno dei miei miti ha visto il mio lavoro e lo ha sostenuto. È stato presente soprattutto per fare in modo che ci fossero i fondi per girare e molto ha contribuito anche nella parte del montaggio, poiché si capisse bene la divisione tra documentario e fiction.”

Questo tuo rapporto con la ciambra e i loro membri è nato da un fatto che potrebbe essere tranquillamente tratto dal tuo film ossia un furto. Da questo spiacevole inconveniente come è nato il legame che ha portato poi alla tua opera?

“Di certo non c’era assolutamente amicizia all’inizio, ero arrabbiato nero! Mi era stata rubata la macchina e sono dovuto arrivare fin dentro alla ciambra per riaverla. Questo però mi ha aperto verso una realtà sconosciuta che mi ha portato prima a realizzare un cortometraggio, poi con l’arrivo dei finanziamenti al film. Durante la preparazione del film ho avuto modo di conoscere quelle persone, è stato principalmente questo ad unirci e tutto tramite Pio (Amato, giovane protagonista del film).”

Come hai conosciuto Pio?

“Con Pio è nato un rapporto quasi subito. Al tempo aveva undici anni. Mi seguiva da per tutto, era molto incuriosito da me. Non parlava mai, stava in continuazione a fumare. Voleva conoscermi e grazie a lui poi ho conosciuto la sua famiglia.”

Ho un legame stretto con Pio. Senza lui non avrei conosciuto la sua famiglia e realizzato il film.

(Jonas Carpignano)

Quale è stato l’approccio che hai adottato per lavorare con la famiglia Amato e come hanno reagito nel sapere che volevi portare sul grande schermo la loro realtà?

“A loro non importa di far vedere che rubano, anzi, sono ladri e sono felici di far mostra delle proprie abilità. Loro credono di non fare nulla di male, è la loro vita, come un lavoro. È sopravvivenza. Sono molto diffidenti però, hanno paura di venire presi in giro. Ma hanno capito le mie intenzioni e ciò ha permesso la riuscita del film.”

All’interno del film il nonno dice al nipote la frase “Siamo da soli contro il mondo”. È un’espressione significativa per la loro comunità?

“Credo proprio di sì. Sono molto solidali tra loro e allo stesso tempo diffidenti con il resto del mondo. Ciò rappresenta insieme la loro forza e la loro debolezza. Non si può mai essere uno di loro. Questo è quello che volevo dire con il film.”

Che prospettive ha il giovane protagonista Pio Amato ora che è uscito il film? Rimarrà nella ciambra o per lui si apriranno nuove possibilità?

“Io adoro Pio e avremo un rapporto per sempre, solo ora che ha quindici anni, la ragazza e la macchinina non pensa veramente ad altro. Ho anche provato a portarlo con me, ma già dopo l’anteprima di Cannes voleva tornare a casa. Per lui il film è stata un’esperienza, ma la vita va avanti.”

Ora che il film ha ricevuto largo consenso e vinto anche dei premi, come vedi il tuo futuro lavorativo? Intendi spostarti da Gioia Tauro (Calabria)?

“Non penso proprio. Amo Gioia Tauro e il prossimo film sarà basato proprio su questo, su una ragazza e la sua idea di non voler andare via da questo paese.”