Jane Campion: 8 film (e una serie) da vedere oltre a Il potere del cane

Un’incursione nei temi ricorrenti e nei film più o meno conosciuti della regista e sceneggiatrice neozelandese Jane Campion.

Sin dalla sua prima realizzazione Peel: An Exercise in Discipline (1986, miglior corto a Cannes), il cinema di Jane Campion è autoriale per definizione. Declinato al femminile e deciso a negare la consueta costruzione patriarcale del piacere visivo d’origine hollywoodiana, i temi cari alla regista prediligono storie intime di giovani donne in relazione all’autorità maschile e all’affermazione della propria identità, navigando su vari generi e formati, e frequentando i festival più riconosciuti, da Cannes a Venezia fino alla più indipendente Sundance. Tornata alla ribalta grazie al suo ultimo lavoro Il potere del cane, la neozelandese nel corso della propria carriera ha regalato delle opere estremamente interessanti, e che vale la pena ripercorrere per capire di più sulla sua esclusiva visione della realtà. Ecco dunque in ordine cronologico gli 8 film (più una serie) della regista, produttrice e sceneggiatrice.

1. Sweetie (1989)

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Presentato in concorso al Festival di Cannes, l’opera prima per il grande schermo, che segue sei cortometraggi e due film per la tv, è il ritratto di una famiglia disfunzionale vista attraverso gli occhi di Sweetie, adolescente obesa con problemi mentali interpretata da Geneviève Lemon. Accanto a lei la sorella Kay (Karen Colston), le cui superstizioni e ansie patologiche la portano a ritirarsi nell’avversione all’intimità e alla sessualità. Eccentrico e originale fino a sfiorare il grottesco, il film inaugura la componente anti-romantica dei primi lavori della regista, mescolando diversi registri e sfidando qualsiasi convenzione normativa da cinema classico.

2. Un angelo alla mia tavola (1990), il film di Jane Campion

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Attingendo a piene mani nella letteratura, il film ripercorre la vita della scrittrice neozelandese Janet Frame, autrice dell’autobiografia del 1991 che dà il titolo alla realizzazione. Erroneamente diagnosticata con un disturbo schizofrenico, internata e sottoposta a numerosi trattamenti di elettro-shock fino alla sfiorata lobotomia, il biopic ricrea l’infanzia e la giovinezza della Frame selezionando creativamente alcuni momenti chiave, concentrandosi sul doloroso tema delle malattie mentali, sulle ‘anomali’ inclinazioni vitali scambiate per qualcos’altro e sulla scrittura intesa come rifugio e via di salvezza. Il film ha vinto il premio speciale della giuria alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1990.

3. The Piano – Lezioni di Piano (1993)

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Tre Premi Oscar fra cui quello per la migliore attrice Holly Hunter, migliore attrice non protagonista Anna Paquin e migliore sceneggiatura originale, Lezioni di Piano ha reso Jane Campion la prima regista donna ad aver vinto la Palma d’Oro in occasione del 46º Festival di Cannes. Sradicata dal suo ambiente e data in sposa ad un possidente terriero della Nuova Zelanda (Sam Neill), Ada, esplorerà il desiderio e la propria liberazione impartendo lezioni di musica ad un misterioso inglese in contatto diretto con la lingua e la cultura degli indigeni dell’isola (Harvey Keitel). Suggellato dalla splendida colonna sonora curata da Michael Nyman, il film eleva le capacità autoriali della Campion, privilegiando sin dai primissimi secondi l’uso dei sensi (la vista e il tatto, su tutti) come via immediata alla conoscenza del mondo, della regista e della sua indimenticabile eroina fragile.

4. The Portrait of a Lady – Ritratto di Signora (1996)

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Rivisitato per il grande schermo grazie a un’indecifrabile e oscura Nicole Kidman, il celebre romanzo di formazione di Henry James rivive in un film che nasce e si sviluppa sulla scia del clamoroso successo di Lezioni di Piano, di tre anni più giovane. L’intento è quello di decostruire l’impostazione fiabesca delle dinamiche galanti per esplorare invece l’esitazione e le vulnerabilità, l’infatuazione e la rivelazione. Isabel, signora arrivata a Firenze e abbagliata da un finto gentiluomo in verità subdolo e spietato, diventa così una donna attraverso cui molte spettatrici,- forse la stessa Campion -, in un punto della propria vita sono (state) in grado di identificarsi: predisposte all’inganno dell’amore romantico poiché scaturito da passate ferite emotive, o da una mancata affermazione personale.

5. Holy Smoke – Fuoco Sacro (1999)

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Scritto in collaborazione con la sorella Anna e nato sull’ambizione di adattare l’autobiografia di Christopher Isherwood My Guru and His Discipline, il film segue il viaggio di scoperta spirituale di Ruth Barron (Kate Winslet) in India, aggregata ad una setta capitanata da un carismatico guru religioso. Quando i genitori tentano di ‘deprogrammarla’ mentalmente per mano del macho PJ interpretato da Harvey Keitel, sarà quest’ultimo invece a subire la liberazione dalla propria virilità. Esplicito e ambientato nei territori desertici dell’Australia, il film sublima i processi psicologici che portano alla concretizzazione delle fantasie sessuali, la manipolazione mentale in ambito religioso (e familiare), e alla liberazione identitaria di mascolinità in bilico – anticipando, probabilmente, l’ambito western de Il potere del cane.

6. In the Cut (2003)

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Adattamento dell’omonimo thriller erotico scritto da Susanna Moore nel 1995, In the Cut è senza dubbio il film più morboso e controverso della sua intera filmografia. In una New York di bassifondi e sudori estivi, l’insegnate di scrittura creativa Frannie (Meg Ryan) si ritrova testimone di un caso della polizia, da mesi sulle tracce di un serial killer di giovane donne abusate e poi fatte a pezzi. Ossessivamente attratta dal detective a capo dell’indagine Malloy (Mark Ruffalo), i due intrecciano una torbida relazione sessuale, in cui serpeggia sotto pelle il sospetto della responsabilità omicida. De-sentimentalizzando le esplicite sequenze erotiche e ibridando il neo-noir con il melodramma familiare, la Campion espande il brivido del binomio sesso-morte in una ricerca estetica e narrativa perturbante, caratterizzata da un’atmosfera latente di pericolo e attrazione fisica. Nel cast anche Kevin Bacon e Jennifer Jason Leigh; a produrre (fra gli altri) anche Nicole Kidman.

7. Bright Star (2009)

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Finalmente romanticismo puro nel cinema di Jane Campion, che con Bright Star abbandona per un attimo l’erotica a-sentimentale culminata con In The Cut, per abbandonarsi invece ad un amore trascendente, non fisico e intellettualmente idealizzato. Sbocciato fra il poeta britannico John Keats (Ben Whishaw) e la giovane Fanny (Abbie Cornish), primogenita della famiglia vicina di casa del collega Charles Armitage Brown (Paul Schneider), il sentimento consumato fra i due è stavolta espresso in sonetti, tramite voice over che ripercorre i passi più celebri dell’autore de La Belle Dame sans Merci, continuamente in dialogo con la metamorfosi stagionale della natura. Costruito sui dettagli gestuali dei sporadici contatti fisici fra i due e destinato all’infelicità data la malattia di Keats che lo spense a soli ventisei anni, il film è uno dei più amati della regista ed è stato presentato alla 62esima edizione di Cannes.

8. Top of the Lake (2013 – 2017)

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Rivisitazione in chiave femminile del genere thriller/poliziesco e suo unico prodotto seriale andato in onda per due stagioni, Top of The Lake segue le indagini della detective Robin Griffin (Elisabeth Moss), nel suo ritorno nella cittadina natia Laketop in Nuova Zelanda, dunque incaricata di seguire il caso di una dodicenne scomparsa rimasta incinta a seguito di una violenza. Quel caso riecheggerà al suo passato, incrinato da una gravidanza indesiderata frutto di un abuso di gruppo che l’ha psicologicamente traumatizzata. Presentato al Sundance e integralmente proiettato a Cannes dove è stata accolta con un condiviso apprezzamento, Top of The Lake torna a raccontare storie di incesti e brutalità, materie attraverso cui la Campion riflette sui rapporti tra mascolinità e femminilità, sulle istanze del desiderio e sui tabù della cultura occidentale.

9. Il potere del cane (2021)

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Tratto dal romanzo americano di Thomas Savage e vincitore di tre Golden Globe, il Leone d’Argento – Premio Speciale alla regia Venezia 2021 segna il ritorno della neozelandese dopo un fermo di quattro anni dalla direzione di Top of The Lake. Western anomalo e subdola decostruzione dei codici del genere, Il potere del cane ammalia per la sua narrazione stratificata e per le sue componenti di seduzione e minaccia, che delineano, su tutti, il protagonista (per la prima volta un uomo) Benedict Cumberbatch, nelle vesti di un mandriano del Montana di inizi Novecento incapace di ‘lasciar andare’ il fratello minore George (Jesse Plemmons). Rischioso e respingente, in odore di morte e disperazione, il film è destinato a far parlare di sé, e di rimanere impresso a lungo nella mente di chi guarda.

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