Francesco Bruni: intervista al regista di Tutto Chiede Salvezza

Il regista di Tutto chiede salvezza parla di come ha realizzato la serie che è piaciuta proprio a tutti.

Tra le serie da non perdere su Netflix troviamo Tutto Chiede Salvezza che, per argomenti trattati e cast artistico e tecnico, sembra aver messo d’accordo sia la critica che il pubblico. Per conoscere meglio la serie TV abbiamo parlato direttamente col regista Francesco Bruni, il quale ha iniziato a raccontarci la genesi del serial a partire dall’incontro con il libro a cui è ispirata.
“Guarda, è cominciato tutto quasi per caso: gironzolavo in libreria, e per la verità lo avevo già notato perché mi aveva colpito questa copertina molto drammatica.” – ci ha raccontato – “L’ho preso, non sapevo nulla di Daniele Mencarelli, solo che aveva vinto il premio Strega Giovani, nel 2019, e intuivo la tematica giovanile che come sa è ricorrente nel mio percorso, ho cominciato a leggerlo e sono impazzito, pensa che dopo 30, 40 pagine ho cercato il suo numero, mi ha messo in contatto con Roberto Sessa e da lì è nato tutto“.

Francesco Bruni: intervista al regista di Tutto Chiede Salvezza

Accennava prima alla tematica giovanile, che è sempre stata non tanto sotterranea nei suoi film: mami sembra di riconoscere, nel suo percorso da regista, anche un’attenzione al racconto del nucleo familiare inteso però non solo in senso genetico ma proprio come nucleo di persone intimo. Ha adattato in qualche modo il libro intorno a tutto ciò che come autore ha sempre indagato nei film?

“Lo sentivo molto affine, perché si raccontava dei rapporti interpersonali, dell’intimità, delle persone e di come si relazionano tra di loro, perché poi c’è anche la famiglia naturale: sentivo che c’era qualcosa che mi apparteneva. Io faccio spettacolo con i caratteri, con personaggi, con le psicologie, non con gli effetti speciali o le bombe: sentivo quindi che c’era la possibilità di toccare sentimenti molto profondi, ho cercato di essere molto rispettoso del libro perché lo amavo molto.
Ovviamente in corso d’opera abbiamo anche fatto delle modifiche che sinceramente adesso non saprei neanche indicare o individuare, ma la principale è questo personaggio di Nina, Fotinì Peluso, che nel libro non esiste.”

Un’altra caratteristica di Francesco Bruni è la preziosità, la precisione della scrittura, non per niente è uno dei più grandi sceneggiatori di cinema che abbiamo oggi in Italia.

Una cosa fantastica in Tutto Chiede Salvezza è la resa interpretativa degli attori: e non solo dei personaggi principali, mi hanno impressionato per l’intensità due ruoli, quello straordinario di Andrea Pennacchi (nel film, Mario) e quello di un’emotività sconcertante di Lorenzo Renzi (Giorgio).

“Una nota di merito va innanzitutto a Renata Natalucci, la casting con cui lavoro ormai da tanti anni, che mi piace molto perché ha occhio e ha un’attenzione per una serie di attori molto vasta, sconosciuti e famosi, di cinema e di teatro: e quindi mi mette di fronte ad un ventaglio di possibilità molto interessante. Insieme a lei abbiamo individuato piano piano tutti, a cominciare da Federico Cesari, che nonostante mi si dica essere molto celebre io non conoscevo!
Lei gli ha chiesto un self tape già dal quale si vedeva che era straordinario… poi abbiamo lavorato molto sul testo, soprattutto con Federico – con lui tantissimo, ha fatto molti provini e addirittura si è prestato anche per fare da spalla alle attrici per Nina, o agli attori per Gianluca, lui è entrato moltissimo nel lavoro di recitazione fin dal cast.

Con tutti gli altri poi abbiamo fatto un lavoro fin dal cast, dai provini che hanno sostenuto, abbiamo fatto un lavoro di lettura del testo, e poi sul set si è creata un’intesa speciale, e credo che si veda, stavano bene insieme.”

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Tutto Chiede Salvezza è disponibile su Netflix. Il periodo che per fortuna ci stiamo lasciando alle spalle, con la pandemia, ha stravolto le abitudini ma ha anche accentuato e portato ad un punto di non ritorno i problemi esistenti con la distribuzione e la produzione cinematografica italiana.

La dicotomia tra streaming e film in sala è stata ribaltata: oggi sembra ci sia una fuga dei più grandi registi italiani, mi pare quelli più centrati sulla scrittura (e penso a Sorrentino con The Young Pope, Verdone con Vita Da Carlo, Bellocchio con Esterno Notte) verso le piattaforme, che danno la possibilità di ampliare il tessuto narrativo.

Il film Tutto Chiede Salvezza – perché lei lo chiama spesso film, come d’altronde è perché non c’è la classica divisione narrativa seriale, non c’è insomma lo spiegone ad inizio episodio – avrebbe potuto essere un film in sala?

Devo dire onestamente che quando mi sono fatto vivo con Roberto pensavo ad un film. Poi lui mi ha controbattuto che voleva fare una serie, io ero attaccatissimo al libro e allora ho buttato lì per lì l’idea dei sette giorni per sette episodi.
Effettivamente, questa struttura mi ha dato modo di tenere vive le linee secondarie, le storie parallele, cosa che nel cinema purtroppo non si può sempre fare, anzi quasi mai: spesso noi registi siamo costretti a tagliare interi pezzi di narrazione, a volte con Virzì abbiamo girato e tagliato al montaggio storyline belle… cosa che poi dispiace se sei uno sceneggiatore scrupoloso, perché i personaggi se scritti bene hanno un’anima. Insomma, la dimensione seriale mi ha fatto stare bene.

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Tutto Chiede Salvezza. Federico Cesari as Daniele in episode 103 of Tutto Chiede Salvezza. Cr. Andrea Miconi/Netflix © 2022

Tornando al discorso sala, c’è il problema atavico degli spettatori che disertano i cinema. I dati poi sono per nulla incoraggianti, qualche settimana fa i biglietti staccati, confrontati con lo stesso periodo nello scorso anno quando eravamo ancora alle prese con mascherine e distanziamento, sono addirittura di meno.

Guardando i film che arrivano nella top ten del box office, la sala sembra diventata esclusiva per l’evento e lo streaming per la scrittura più di qualità?
“Non saprei, ma credo che anche in sala c’è tanta qualità… io soffro molto di questa situazione e non me la spiego, perché poi i dati francesi e americani sono di tutt’altra tendenza, e non capisco gli spettatori che davanti ad un cinema italiano che negli ultimi anni ha tirato fuori un regista dietro l’altro e tante opere bellissime disertano la visione in sala… mi preoccupo perché io vorrei tornare presto a fare cinema.
Ci tengo a dirlo: l’anteprima con 500 persone in sala ti dà un’emozione che non ti dà lo streaming. Che ti garantisce tanto altro, eh, perché magari è bellissimo vedere le lucine che si accendono sulla mappa del mondo e ti fanno capire i posti dove stanno vedendo la tua serie… ma la visione se non è fatta con tutti i crismi (con un buon ascolto, luci basse, attenzione) penalizza molto il lavoro fatto, specialmente quello del suono.

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