Dragon Age: Absolution – recensione della serie animata Netflix

Miriam deve affrontare il suo tragico passato che ha sempre cercato di evitare...

Dragon Age: Absolution è una serie creata da Mairghread Scott e prodotta da Red Dog Culture House, ispirata al celebre videogame della BioWare, disponibile dal 9 dicembre 2022 su Netflix.

Cosa sta succedendo nel mondo di Dragon Age?

Questa è la storia di Miriam… Quando un colpo ai danni dell’uomo più potente di Tevinter finisce male, l’elfa mercenaria Miriam si ritrova a lottare disperatamente per la sopravvivenza.

Per salvare se stessa e i suoi amici, ora si trova a dover affrontare il tragico passato che cerca di evitare da tutta la vita. La storia è ambientata a Tevinter e presenta un gruppo di nuovi personaggi ispirati alla saga di Dragon Age, tra cui elfi, maghi, cavalieri, Qunari, Templari rossi, demoni e altre sorprese speciali.

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La menzione dell’Inquisizione lascia capire che con Absolution siamo cronologicamente collocati dopo il terzo e ultimo videogioco della serie, appunto Inquisition: ma al d là dell’esatta collocazione nell’universo videoludico, la serie è un utilissimo ripiego per chi vuole storie nuove del mondo di Dragon Age, ponendosi come un prodotto di genere notevole.

Un genere vincente

Il fantasy, si sa, passa ormai dall’animazione: da Legend of Vox Machina a Il Principe Dei Draghi, è definitivamente consacrata ad alternativa più che valida al live action per le storie fantastiche e intrise di magia. Absolution è una sorta di terra di mezzo, che si inserisce tra l’attesissimo Dreadwolf e il citato Inquisition (distante ormai ben dieci anni!).

Dragon Age: Absolution, recensione, Cinematographe.it

È interessante la complessità e insieme la linearità con cui la narrazione inserisce nuovi personaggi amalgamandoli a quelli già conosciuti e amati: in particolare, il Circulum Infinitum mette in scena nuovi spunti che permettono di inserire vecchie conoscenze (che toccano solo tangenzialmente la storia) insieme ad un cast quasi interamente rinnovato.  

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Il vero problema dei sei episodi della serie è la comprensibilità e fruibilità non solo a chi non è un esperto conoscitore della saga, ma anche chi non ha ricordo delle vicende; perchè la narrazione di Absolution dà per scontato che lo spettatore conosca a menadito la serie BioWare di riferimento. Chi non sa, non capirà nulla, in pratica. E non andrà oltre il primo episodio.

Una trama che viene da lontano…e va ancora più lontano

E questo anche se la premessa narrativa non è certo complicata (l’elfa Miriam viene assoldata dalla sua amante umana Hira per unirsi ad una banda i mercenari e rubare un manufatto che hanno i maghi dell’impero di Tevinter): vengono risparmiati i noiosi spiegoni che spesso annacquano il ritmo dei primi episodi, ma un accenno alle vicende passate avrebbero giovato alla linearità

I videogiochi BioWare sono rispettati comunque in tutto e per tutto: dallo stile dell’animazione ai personaggi, dalle ambientazioni alla trama, fino all’incentrare tutta la miniserie sui rapporti interpersonali che legano i protagonisti, tra amori saffici ed etero, con una narrativa impregnata di caratteri e approfondimenti, intrecciandosi mirabilmente con le relazioni e i dialoghi.

Dragon Age: Absolution, recensione, Cinematographe.it

E alla fine c’è proprio tutto: il fantasy, ovviamente, e l’avventura; ma anche l’ironia, il dramma, i flashback, i momenti introspettivi, le parentesi politically correct (che comunque non creano intoppi e non sono maldestramente inserite), tutto lasciando pressoché inalterato l’immaginario di riferimento. Perché nonostante i (numerosi) colpi di scena, Absolution sembra un -bellissimo- contenuto aggiuntivo: prende una sottotrama del gioco principale e la dipana con disinvoltura e passione, in attesa però che sia il prossimo capitolo, il citato Dreadwolf, a portare veramente avanti la storia principale.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3

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