Isaki Lacuesta: 5 film fondamentali per conoscere il regista spagnolo

5 titoli per un compendio dell'arte del regista.

Isaki Lacuesta è uno dei registi spagnoli contemporanei più originali e versatili, capace di muoversi con disinvoltura tra documentario, fiction ibrida e installazioni visive. Nato a Girona nel 1975, ha sviluppato una carriera che sfida le etichette: da giovane film-maker underground, è cresciuto seguendo progetti che parlano della memoria, delle identità collettive e dei margini sociali, spesso intrecciando piani temporali diversi, realtà e finzione, rumore e silenzio. Il suo sguardo è sensibile alle ferite (personali e collettive), alle cronache sociali, ma anche alle piccole storie intime che rivelano molto più di quel che appare: fratelli separati dal destino, musicisti ossessionati dal passato, comunità in decadenza, la cultura come ancora e come peso. Spesso collabora con Isa Campo, co-autrice e compagnə di percorso creativo, con la quale costruisce mondi cinematografici che sembrano nati da incisioni sottili sulla pelle del reale.
Qui sotto una selezione di cinque film che rendono conto della sua forza espressiva, della sua coerenza tematica e della sua capacità tecnica: sono opere che spaziano nel tempo e nel genere, ma tutte segnate da un’urgenza artistica forte.

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1. Segundo Premio (2024)

Isaki Lacuesta - Cinematographe.it

Segundo Premio è un film che riflette sul mito, la memoria e la leggenda culturale attorno al gruppo indie spagnolo Los Planetas. Ambientato nella Granada degli anni ’90, il film non è un biopic tradizionale: mescola realtà e finzione, leggenda e ricordo confuso, frammenti di vita privata e fantasie collettive. Lacuesta esplora come la musica e il desiderio di fama si intrecciano con il sentimento di perdita e con le contraddizioni dell’adolescenza e dell’arte. I personaggi, membri della band, vivono momenti di entusiasmo, ma anche di disillusione: la creazione dell’album, la pressione, le paure, il desiderio di significato. Il film gioca sull’indeterminazione del vero: molti aneddoti vengono presentati come sono stati ricordati, ma non è chiaro se siano esatti, creando un’atmosfera sospesa in cui la leggenda può avere più peso della verità. La regia è attenta al dettaglio visivo: il paesaggio urbano di Granada, la dimensione esistenziale dei personaggi, la musica come corpo sonoro che accompagna le emozioni. Segundo Premio è anche un film sul tempo che passa, sull’arte che resiste e sull’idea che l’identità di un gruppo possa trasformarsi e restare misteriosa. È stato scelto come rappresentante della Spagna per il premio Oscar come miglior film internazionale, segno del riconoscimento crescente verso l’opera di Lacuesta. L’opera, oltre a raccontare la genesi di un disco fondamentale, diventa una riflessione più ampia sul potere trasformativo della musica. Ogni scena vibra di autenticità, ma anche di malinconia, perché ci ricorda che ogni generazione lascia dietro di sé un suono che la definisce.

2. Un año, una noche (2022)

Un año, una noche riprende il tema del trauma collettivo e della memoria attraverso la storia di due sopravvissuti all’attentato del Bataclan nel novembre 2015. Il film alterna momenti del passato della notte dell’attacco a quelli successivi, mostrando come il dolore, la colpa, il ricordo e il desiderio di dimenticare convivano in modi complicati. Lacuesta non mostra la violenza in modo esplicito, preferendo lavorare sui silenzi, sugli sguardi, sulle conversazioni interrotte. La componente visiva è importante: luci cupe, ambienti chiusi e spazi che riflettono isolamento emotivo. I due protagonisti, Ramón e Céline, reagiscono diversamente, e il film esplora questo disequilibrio: lui che tenta di riannodare la memoria, lei che cerca di scansarla, di lasciare il passato fuori. La colonna sonora, il montaggio fra flashback e presente, e lo stile quasi documentario conferiscono autenticità all’esperienza, rendendo lo spettatore testimone e non semplice spettatore. È un’opera dolorosa, ma non priva di speranza: la necessità di convivere con il trauma diventa viaggio interiore. La scelta di non insistere sulla violenza fisica, ma di concentrarsi sugli effetti psicologici, rende l’opera ancora più universale. Ogni dettaglio quotidiano diventa un richiamo al passato, dimostrando come il trauma si annidi nei gesti più banali. È un film che parla non solo della Francia ferita, ma di chiunque si sia trovato a dover continuare a vivere dopo una notte che spezza la normalità.

3. Entre dos aguas (2018)

Isaki Lacuesta - Cinematographe.it

In Entre dos aguas, Lacuesta torna a San Fernando, in Andalusia, per seguire le vite di due fratelli, Isra e Cheito, che da anni hanno preso strade molto diverse: uno incarcerato, l’altro arruolato nei Marines, entrambi segnati dalla violenza della morte del padre. Il film è un ritratto di ritorni, di relazioni sospese, di ciò che resta quando si tenta di ricostruire qualcosa dopo traumi antichi. Isra ritorna fisicamente nella sua isola natale, Cheito ritorna interiormente; i contrasti geografici, sociali e temporali diventano materia visiva. Lacuesta non si limita a documentare: usa la finzione, il paesaggio, la memoria orale, il silenzio, le omissioni, per restituire un senso di perdita e insieme di resilienza. Le riprese del luogo, la luce del sole andaluso, il mare, le case in decadenza, l’assenza di opportunità sono tutte componenti che costruiscono l’identità del film. Le performance degli attori sono intense ma misurate, e la sceneggiatura riflette sul come il tempo cambia i corpi e i legami. Entre dos aguas è forse uno dei film più accessibili di Lacuesta, ma non per questo meno profondo: invita lo spettatore a entrare, a riconoscersi, a sentire la nostalgia e la speranza di ricominciare. La pellicola rappresenta anche un ponte con un lavoro precedente del regista, La leyenda del tiempo, dove Isra era già protagonista da bambino. Così, il film diventa anche un ritorno per lo stesso cinema, un’indagine sulla continuità della vita e delle immagini.

4. La leyenda del tiempo (2006)

La leyenda del tiempo è un film che unisce musica, identità culturale e migrazione interiore. Ambientato tra Cadice e luoghi lontani, segue due personaggi molto diversi ma uniti dal canto: Isra, un giovane gitano che ha perso il padre e rifiuta di cantare, e Makiko, una donna giapponese che si trasferisce per studiare il flamenco. Il film intreccia la tradizione con l’alterità, cercando il suono autentico in un mondo che spesso omologa. Lacuesta utilizza la musica non solo come elemento narrativo, ma come forza che scuote le identità. Le riprese catturano la bellezza del paesaggio andaluso, l’energia del flamenco, ma anche la solitudine di chi cerca una voce. Il tema del lutto, del desiderio di appartenenza e del viaggio interiore sono centrali. Non manca un senso di speranza, che passa attraverso la fusione culturale e il gesto artistico. È un film lirico, sensibile, un ponte tra mondi, un’espressione della capacità del cinema di ascoltare il silenzio e i suoni del cuore. Con questo lavoro, Lacuesta si afferma come autore internazionale, attirando l’attenzione dei festival. L’opera si muove tra realtà e finzione senza mai perdere coerenza, regalando un mosaico di identità fluide. È un viaggio che ci ricorda che la musica può farsi cura, memoria e soprattutto linguaggio universale.

5. The Next Skin – La próxima piel (2016)

Isaki Lacuesta - Cinematographe.it

Questo thriller drammatico racconta la storia di Gabriel, un ragazzo di diciassette anni che riappare dopo la sua sparizione avvenuta anni prima: ritrovato, affetto da amnesia, viene accolto dalla madre che per anni l’aveva creduto morto. La próxima piel esplora i temi dell’identità, della memoria smarrita, del rapporto madre-figlio e della possibilità di ricominciare. Lacuesta e Isa Campo costruiscono un film che alterna tensione, introspezione, momenti emotivamente forti che giocano con il dubbio: Gabriel è veramente chi dice di essere? Le ambientazioni—tra mare, campagne, case abbandonate—servono a rinforzare l’idea di distanza temporale e affettiva. Le immagini del corpo, del volto che non riconosce, del silenzio forzato e dei silenzi desiderati sono potenti. Il film è ben equilibrato tra thriller psicologico e dramma familiare, e ha vinto riconoscimenti per le interpretazioni e per la capacità di tenere alto il mistero fino all’ultimo. La tensione cresce in modo sottile, mai urlato, con una scrittura che lascia spazio all’ambiguità. Lo spettatore è costantemente sospeso tra verità e inganno, tra desiderio di credere e paura di essere tradito. È un’opera che indaga le fragilità dei legami familiari, mostrando come la verità possa essere una costruzione fragile e mutevole.