Cuori puri: la spiegazione del finale del film di Roberto De Paolis

Cuori puri è sincero, è come una fucilata che prende a pieno petto, è un canto di disperati che sono rinchiusi in prigioni diverse ma altrettanto opprimenti.

Uno dei primi incontri tra Agnese (Selene Caramazza) e Stefano (Simone Liberati) avviene di fronte ad una ringhiera, un limite, un confine da valicare, un muro spesso difficile da scavalcare. Lui è da una parte, lei dall’altra, lui è dentro, lei è fuori, due “alieni” talmente diversi da sembrare esseri di pianeti opposti. Le loro vite si incrociano per caso (lei ruba un cellulare nel negozio in cui lui fa la guardia), si incrociano ancora per caso e lì, proprio in quel momento si riconoscono e iniziano a frequentarsi, zoppicando l’uno nella vita dell’altra. Questo è l’inizio di Cuori puri, il film di Roberto De Paolis che è costruito come una lunga, lenta e folle corsa tra due persone provenienti da mondi diversi ma destinati a collidere e a fondersi, per arrivare ad un finale dolente e liberatorio, disperato e arrabbiato.

Cuori puri: una coppia e una storia che portano ad un finale complesso

Lei è Agnese, una diciottenne con una madre molto devota e per questo è costretta a frequentare la parrocchia dove sta per compiere una promessa di castità fino al giorno delle nozze. Lui è Stefano, ha venticinque anni, è in bilico tra un passato difficile e un presente che lo è ancor di più, in cui deve cercare di conservare l’incarico di custode di un parcheggio che confina con un campo rom. La loro relazione parte e termina con un inseguimento ma c’è un intero universo di sentimenti in mezzo che Roberto De Paolis indaga uscendo dal politicamente corretto per penetrare in quel ventre molle di paure e amore, delicatezza e rabbia, chiusure e aperture.

Agnese ha un pesante bagaglio sulle spalle, la protezione e gli insegnamenti della madre, della parrocchia, di Dio e non riesce a gestire tutto questo e il suo interesse e la sua attrazione per quel giovane uomo che è così differente da ciò che le è stato cucito addosso e intorno. Stefano dal canto suo, immerso da sempre nei problemi, trova nel viso puro e accogliente della ragazza qualcosa che non ha mai conosciuto, che gli è estraneo. “Sei bellissima” le dice e poi, quando lei gli racconta della sua fede religiosa e della sua idea di  rimanere pura fino al matrimonio, “tu sei pura”. Se lei fugge come quei gatti spaventati, lui la ricerca, la chiama, si comporta come farebbe con una fidanzata, se lei fa a pugni con la sua testa e i suoi pensieri, lui c’è, si arrabbia, comprende e viene ferito dalle sue chiusure.

Cuori puri: un film sincero che racconta di due cuori puri

Cuori puri Cinematographe.it

Cuori puri è sincero, è come una fucilata che prende a pieno petto, è un canto di disperati che sono rinchiusi in prigioni diverse ma altrettanto opprimenti: Agnese è chiusa in una stanza che non ha mura (crudele la scena in cui la giovane prova i pattini nella sua camera da letto, come se per lei fosse più semplice provarli lì dentro invece che fuori) ma che la segrega all’apparenza inesorabilmente, Stefano, dal canto suo, sembra predestinato a far parte di un mondo malavitoso, povero e senza scrupoli, e sbatte contro quelle pareti invisibili ma presenti, e, nonostante questo, tenta in ogni modo di uscire da questo circolo vizioso. Il film infatti è un racconto di scontri e incontri, di abbracci e spinte contrarie, di desiderio e repulsa dello stesso e al centro di tutto ci sono loro, Agnese e Stefano, belli e puri, spaventati e bisognosi d’amore. La ragazza fino ad un certo punto, proprio per quei precetti religiosi castranti e limitanti, resiste, a lui, ai suoi baci, alle sue carezze, al desiderio di lui e al proprio, poi però, quando la madre, all’oscuro della nuova conoscenza della figlia, la porta a fare una visita ginecologica per appurare – dal momento che è arrivata in ritardo ad un appuntamento – che sia ancora vergine, corre da Stefano per passare la notte con lui.

Quando arriva a casa di Stefano lui è felice ma le dice che sarebbe meglio che se ne andasse proprio perché capisce e rispetta la ragazza, ma lei vuole stare con lui. De Paolis ancora una volta non fa sconti, mostra l’atto sessuale, ciò che solitamente, per un finto pudore, viene idealizzato e banalizzato: si vede il desiderio, il corpo che accoglie nonostante le “difficoltà”.

Cuori puri: un finale che è una perfetta conclusione di un canto di due disperati

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Perdere la verginità con l’uomo che lei desidera, la visione del sangue, simbolo per lei del peccato, la turbano, le fanno capire che non può più tornare indietro e che il suo atto avrà delle ripercussioni. Scappa di notte, e lascia Stefano nel letto, inconsapevole, di ciò che sta accadendo: lei getta la scheda del cellulare, racconta di essere stata violentata da un Rom, vive la sua vita cercando di allontanare il giovane e l’amore che prova per lui. Stefano è di nuovo solo e ad un certo punto viene anche a sapere di ciò che Agnese ha raccontato; una ferita doppia.

La ragazza si nega la gioia di essere felice, rientra nella prigione, nella maniera più violenta e dolente – si apre nelle strade una caccia al Rom, al colpevole dello stupro -, ma basta rivedere per strada, ancora per caso, Stefano che rincorre un possibile reo per risvegliarla dal torpore.

Se all’inizio era Stefano a rincorrere lei, ora è lei a rincorrerlo. Se all’inizio l’uomo ha perquisito la giovane per trovare il cellulare rubato ora lei e lui vanno l’una incontro all’altra. In un primo momento Agnese non accetta l’abbraccio di Stefano, lo prende a pugni, è arrabbiata – non tanto con lui ma con se stessa che ha infranto gli insegnamenti religiosi, cosa che deluderà la madre – e qualcuno deve essere il capro espiatorio. L’uomo invece è pronto ad abbracciarla, a stringerla, anche forse, nonostante fra i due non ci siano parole, a capirla. Dopo questa frizione drammatica la coppia si ritrova, si bacia e forse, con un solo sguardo, si spiegano tutto: Agnese è pronta a stare con lui, ad abbandonarsi e a cancellare, in quell’abbraccio, quella cultura patriarcale, retrograda, maschilistica che vuole imporre alla donna regole, leggi anche quando riguardano qualcosa di così profondo come la propria sessualità e il rapporto con l’uomo.

Il finale di Cuori puri è perfetto nella misura in cui è la giusta prosecuzione dei sentimenti, delle tensioni tra i personaggi e tra essi e la società: Agnese e Stefano sono umani proprio perché hanno timori, rabbie, recriminazioni, ferite da infliggere e da cicatrizzare e in quell’amplesso stanno le contraddizioni di quell’ideale scontro tra bene e male, tra Dio e demonio, tra il sacrificio e la ribellione. Tutta questa poetica del sangue e della rivolta si annacqua e sembra perdere di senso nella stretta tra due animali che superano la dicotomia carne/spirito sublimandosi in un qualcosa di più alto, il loro amore.

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