Vieni come sei: la recensione della commedia sul tema della disabilità

Nonostante l'accattivante soggetto di base, il film si rivela essere una commedia tradizionale e non particolarmente brillante.

Vieni come sei è un film del 2019, scritto da Erik Linthorst e diretto da Richard Wong, che si è occupato anche della fotografia e del montaggio. Si tratta di un remake del film belga Hasta la Vista, la cui uscita risale al 2011; da questo riprende il tema centrale della sessualità delle persone disabili. La pellicola è stata distribuita in Italia da 102 Distribution e ha raggiunto le sale cinematografiche il 28 luglio 2022.

Si tratta di una produzione a basso budget che, nella costruzione della vicenda, fa riferimento alla tradizione del road movie e della commedia degli equivoci. I principali interpreti sono Grant Rosenmeyer (Money Monster – L’altra faccia del denaro), Hayden Szeto (Obbligo o verità), Ravi Patel (Master of None) e Gabourey Sidibe (Precious).

Vieni come sei: la storia di un viaggio necessario

Vieni come sei 01 - Cinematographe.it

Scotty (interpretato da Grant Rosenmeyer) è un quadriplegico di 24 anni; Matt (Hayden Szeto), di poco più giovane, è paraplegico; Mo (Ravi Patel) non ha disabilità motorie, ma è cieco dalla nascita. Ad accumunare i giovani c’è il fatto di essere vergini. Scotty è determinato ad avere un rapporto sessuale al più presto ma, a causa della sua condizione, è convinto di non potere trovare una partner e, quando scopre che in Canada esiste un bordello pensato appositamente per accogliere persone disabili, si convince di avere finalmente una possibilità.

Mo e Matt non sono in un primo momento favorevoli all’idea, ma finiscono per acconsentire a partire con lui. Il viaggio deve però essere organizzato in segreto, per non incappare nella disapprovazione delle rispettive famiglie. È per questo che decidono di assumere un infermiere che guidi la macchina e li assista per l’intera durata della trasferta. Quando arriva il momento di mettersi in cammino avviene però qualcosa di inaspettato: l’infermiere incaricato di fargli da guida sino alle porte della casa di tolleranza è una donna (Gabourey Sidibe).

Nuova storia, racconto vecchio

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La storia che Vieni come sei si propone di raccontare ha alla sua base un soggetto accattivante: sono pochi i prodotti che si sono confrontati con la tematica della sessualità dei disabili e sono ancora meno quelli che lo hanno fatto rivolgendosi al grande pubblico. Purtroppo, forse proprio per via del desiderio di raggiungere la più amplia platea possibile, la premessa viene sviluppata attraverso codici narrativi canonici, che disinnescano l’esplosivo potenziale provocatorio.

La sviluppo della narrazione vede infatti affermarsi gli stilemi tipici della commedia classica, riconoscibile sia nel susseguirsi degli avvenimenti che nell’evoluzione dei caratteri dei personaggi. Gli incidenti di percorso, così come le occasioni per costruire un legame, sono situati esattamente dove ce li aspettiamo e generano le svolte che abbiamo anticipato. Di fatti, gli autori hanno adattato la tematica del film una struttura convenzionale, banalizzandole a depotenziandola. Questo è particolarmente evidente nel finale, in cui si riafferma la superiorità delle relazioni tradizionali, basate su un rapporto affettivo, rispetto a quelle occasionali, legate alla soddisfazione delle necessità sessuali.

Un altro aspetto che risente della scelta di operare all’interno dei canoni classici è quello prettamente comico: le gag sono fiacche e si intuisce l’intenzione di evitare qualsiasi tipo di umorismo nero. Un goccio di cattiveria in più avrebbe quasi sicuramente contribuito a rendere più efficaci i  dialoghi, che non brillano neanche per ritmo, e avrebbe reso più semplice l’operazione di immedesimazione con i protagonisti.

Toni medi e luce diffusa

Vieni come sei 03 - Cinematographe.it

Come accennato nel paragrafo introduttivo, in Vieni come sei Linthorst e Wong si propongono di raccontare la vicenda utilizzando un registro leggero, che fa riferimento al road movie e alla commedia. Il principale punto di riferimento stilistico è il cinema indipendente contemporaneo: Little Miss Sunshine è forse il primo film che viene in mente durante la visione. Di questa corrente si raccoglie soprattutto lo stile di ripresa, che predilige l’uso della camera a spalla o su cavalletto (con conseguente limitazione della possibilità di movimento) e opta per la realizzazione di piani estesi, privi di stacchi di montaggio.

L’efficacia di questo approccio dipende dall’attenzione che si pone nella costruzione dell’immagine inquadrata: questa può spiccare per il suo realismo, amplificato da una tecnica di ripresa così minimale, o al contrario per la sua artificiosità, che genera contrasto con lo sguardo immediato della macchina da presa. Il film sceglie però di utilizzare invece un tono medio, che svuota la scena dal realismo senza concedere niente alla costruzione artistica. Troppo pulite per risultare credibili e privo di slanci estetici, le sequenze che si succedono risultano inevitabilmente poco ispirate e facilmente dimenticabili.

A rendere mediocre Vieni come sei contribuiscono anche le scelte svolte da Wang in veste di direttore della fotografia. L’illuminazione costante e completa di tutti gli ambienti non concede nulla all’ambiguità e alla sensualità e, di fatti, il film rilega al fuori scena ogni passaggio erotico. La fotografia si mostra in tutta la sua limitatezza soprattutto nei campi lunghi, in cui gli ambienti urbani e naturali la fanno da padrone; in questi passaggi, senza nessuna eccezione, si ha l’impressione di stare guardando delle cartoline: si tratta di immagini piatte, piacevoli in maniera stucchevole e prive di elementi capaci di renderle memorabili.

Non è secondario neanche il fatto che ogni passaggio esplicito sia escluso dallo schermo. Tramite questa scelta si riaffermano quei tabù che si aveva intenzione di combattere. In particolare, scegliendo di mantenerlo nascosto, si rinforza quello relativo al corpo dei disabili. Il politicamente corretto vuole infatti che questo sia sempre coperto, con la sola eccezione del momento della cura medica. Risulta quindi esemplificativo che il solo istante in cui vediamo uno dei disabili parzialmente nudo è quando la madre si prende cura di lui.

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Regia - 1
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 1
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

1.8