Uno per tutti: recensione della commedia noir di Calopresti

Uno per tutti è il nuovo progetto di Mimmo Calopresti che vede protagonisti Giorgio Panariello, Fabio Ferracane, Thomas Trabacchi e Isabella Ferrari. Il regista torna dopo ben 8 anni che lo separano da “L’abbuffata” (2007) e dopo la pubblicazione del libro Io e l’Avvocato – Storia dei nostri padri (2013). Il film viene presentato come una commedia noir tratta dall’omonimo romanzo di Gaetano Savatteri e, seppur mantenendo il nucleo centrale della vicenda, cambia e riadatta alcuni particolari. Ed è così che il film viene ambientato nella città di Trieste e il protagonista appartiene ad una famiglia calabrese emigrata al nord.

Uno per tutti è un racconto che si snoda tra passato e presente, anche se la parte dedicata ai flash back viene snellita in modo massiccio per via del budget produttivo limitato. L’idea di Calopresti era quella di soffermarsi sul racconto dell’epopea dell’immigrazione delle famiglie meridionali verso il nord Italia e degli anni d’oro del boom economico degli anni Settanta. Purtroppo il risultato a cui assistiamo è rappresentato da scene quasi del tutto sconnesse l’una con l’altra in cui la parte centrale riguarda un gioco ispirato al film Il cacciatore e le gravi conseguenze che ne derivano.

Ritornando al presente, la storia vede come protagonista Teo (Lorenzo Barone), figlio di Gil (Fabrizio Ferracane), un ragazzo che durante una serata tra amici si ritrova nel mezzo di una rissa e accoltella un altro ragazzo, riducendolo in fin di vita. È così che Teo si trova in stato di fermo dove Vinz (Giorgio Panariello), dopo aver riconosciuto il cognome del ragazzo e la parentela con il vecchio amico d’infanzia, cerca di aiutarlo, prima cercando di farlo confessare, poi avvisando il padre della situazione.

Uno per tutti

Panariello e Fabrizio Ferracane in una scena del film

Uno per tutti: una commedia noir slegata e confusionaria

Questo fatto apre vecchie ferite e profondi rancori, soprattutto perché Gil rivede nel figlio la propria storia di sacrificio non riconosciuto: era stato lui anni prima ad assumersi la responsabilità di tutto e a pagare a nome degli amici. Così il famoso motto “uno per tutti, tutti per uno” ha perso la parte più importante, lasciando Gil solo e pieno di rancore. Ora è proprio lui che presenta il conto a Vinz e Saro (Thomas Trabacchi) e lo spettro di vecchie responsabilità ignorate si ripresenta alla porta di ciascuno di loro.

L’unica persona che non viene chiamata direttamente all’interno del cerchio di rancore è Eloisa (Isabella Ferrari), un tempo parte del gruppo di amici e ora moglie di Gil e madre di Teo. La donna, ben lontana dal poter essere considerata una madre esemplare, vive in un limbo in cerca di pace interiore (attraverso le pratiche orientali sbeffeggiate dal marito) e non rappresenta un reale punto di riferimento per il figlio, non è in grado di trasmettergli un vago senso di responsabilità.

Uno per tutti

Eloisa e suo figlio Teo

Seppur le tematiche affrontate, primo tra tutti il senso di responsabilità, sembrino promettere bene, è un peccato dover dire che il film risulti troppo slegato e l’abilità tecnica degli attori passa in secondo piano, offuscata da un grande senso di confusione. Una nota meritevole va sicuramente a Panariello, che qui apprezziamo in un ruolo drammatico, meno “sul pezzo” Isabella Ferrari e il suo finto accento triestino mal digerito.

Uno per tutti vi aspetta al cinema dal 26 novembre distribuito da Microcinema.

Giudizio Cinematographe

Regia - 2.2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.7
Emozione - 2.5

2.5