The Offering: recensione dell’horror di Oliver Park

La recensione dell’horror soprannaturale demoniaco del regista britannico Oliver Park. Nelle sale dal 23 febbraio 2023.

«Una delle mie precedenti professioni è stata leggere preghiere per i defunti in un obitorio ebraico, da mezzanotte alle sei del mattino, da solo. Quindi ho molta esperienza in questo campo. Per il tempo che ho trascorso in quei luoghi posso dire che esiste un’energia, una presenza». Dopo avere letto quanto dichiarato da Hank Hoffman in merito ai suoi trascorsi lavorativi, quelli che hanno caratterizzato il periodo antecedente alla sua attuale occupazione di scrittore e sceneggiatore, non vi è alcun dubbio che la scelta dei produttori di rivolgersi a lui per firmare insieme al collega Jonathan Yunger lo script di The Offering sia stata la più giusta da fare. L’avere frequentato per un certo periodo di tempo un obitorio chassidico simile a quello dove è ambientato il film diretto dall’esordiente Oliver Park, distribuito nelle sale nostrane da Vertice 360 a partire dal 23 febbraio 2023, ha giocato probabilmente un ruolo fondamentale per quanto riguarda la decisione dei produttori bulgaro-statunitensi di affidargli la scrittura dell’opera in questione. Un’opera che racconta la storia del figlio di un impresario funebre che torna a casa dal padre ebreo ortodosso perché vuole riconciliarsi con lui, ma anche per trovare una soluzione ai tanti debiti che soffocano lui e l’ignara consorte in stato interessante. Ma durante la loro permanenza, l’obitorio di famiglia riceverà il corpo di un misterioso cadavere, che si dice sia stato posseduto da un’antica entità che ora vuole impossessarsi del bambino in arrivo.

The Offering è un horror destinato a cadere presto nel dimenticatoio

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Sulla carta la storia sembra un buon punto di partenza, potenzialmente intrigante, peccato che come avremo modo di vedere ciò non è bastato a garantire delle basi solide sulle quali costruire l’architettura di un horror soprannaturale che si rispetti. Le fondamenta sulle quali ha potuto contare il regista britannico, infatti, si sono rivelate troppo fragili per sopportare il peso della storia e dei personaggi che la animano. Nemmeno i precedenti di Park in un genere che ha frequentano con assiduità sia come autore di cortometraggi che come attore nel corso della sua carriera davanti la macchina da presa sono serviti a risollevare le sorti di un horror destinato a cadere presto nel dimenticatoio. Eppure qualche spunto interessante nel DNA del plot sul quale lavorare e porre l’accento c’era, se non fosse stato gettato al vento già in fase di scrittura e di riflesso nella sua messa in quadro. L’ambientare le vicissitudini all’interno di una famiglia appartenente alla comunità ebraica ortodossa di Brooklyn e vedere come le credenze e i rituali di questa entrano in rotta di collisione con l’esoterismo e le presenze demoniache destava un certo interesse. Purtroppo l’esito non riesce a sfruttare a dovere tale spunto, che poteva dare uno slancio e un’originalità al racconto. Di conseguenza, vuoi per pigrizia, vuoi per mancanza di creatività, la scrittura finisce con il percorrere strade già ampiamente battute dal filone nel quale The Offering va a inserirsi. Se poi aggiungiamo il fatto che non c’è nemmeno cura nel disegnare la psicologia dei protagonisti, in particolare quella di Arthur, figlio fuggito da un padre padrone e dalle sue origini diventate soffocanti, sul quale ci sarebbe molto da dire e da approfondire. Ma lui, così come gli altri personaggi principali, resteranno al palo, appena abbozzati.

Il film di Park si rivela un libro aperto e prevedibile per gli abituali frequentatori del genere

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Ecco che riaffiorano alla mente tanti di quei precedenti da rendere il film di Park un libro aperto per gli abituali frequentatori del genere, ma in generale per tutti coloro che hanno in dotazione un minimo di intuito. Si tratta di un libro prevedibile, del quale si conoscono in anticipo gli sviluppi. Il ché è un limite non da poco per un prodotto che si regge anche su una linea mistery, oltre che orrorifica. Peccato l’esito non possa contare su nessuna delle due componenti, poiché deboli entrambe. Se non fosse per la comunità che accoglie il plot e la sua geolocalizzazione, nient’altro lo diversificherebbe da Autopsy di André Øvredal, con il quale ha non pochi elementi della trama in comune. Il film del regista scandinavo però è un ben più riuscito esercizio di costruzione della suspense, a differenza della pellicola del collega che in tal senso è piuttosto deficitaria, incapace di crearla, farla salire e implodere sullo schermo quando se ne presenta l’occasione.

Il regista si affida al jumpscare e agli effetti sonori, ma gli escamotage per antonomasia dello shocker in The Offering non sortiscono gli esiti sperati

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Per provare a cogliere di sorpresa e a fare sobbalzare lo spettatore dalla poltrona, a Park non rimane dunque che giocarsi le ultime carte possibili, quelle della disperazione, affidandosi al jumpscare e ai tradizionali effetti sonori, ma gli escamotage per antonomasia dello shocker qui non sortiscono gli esiti sperati. Ecco allora che a The Offering viene meno un altro ingrediente fondamentale della ricetta, così come verrà meno in più di una scena anche la qualità dei VFX, incapaci di sostenere a dovere la confezione di un prodotto che invece di offrire alla platea di turno 93 minuti di terrore allo stato puro, misto a brividi ed emozioni forti, al contrario gliene consegna altrettanti di sbadigli e di noia.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 1.5
Sonoro - 2
Emozione - 1

1.7