TSFF 2021 – Tako da ne ostane živa: recensione del film

La recensione di Tako da ne ostane živa, il film d Faruk Lončarević presentato al Trieste Film Festival 2021 è il racconto di una violenza dilatata e terribile.

Ci sono storie che feriscono come una spada; è questo il caso di Tako da ne ostane živa, il film di Faruk Lončarević che partecipa nella sezione lungometraggi al Trieste Film Festival (dal 21 gennaio al 31 febbraio) e che porta in scena il femminicidio narrando un reale fatto di cronaca avvenuto in una cittadina della provincia bosniaca ai tempi della prima sentenza rivolta al genocida Radovan Karadžić, nel 2016. Tema importante che deve essere raccontato, eviscerato, messo sotto una lente di ingrandimento. Aida e Kerim, lei succube di un uomo che l’ha picchiata, lui violento, maschilista della peggior specie, millantatore di un amore che non prova. Una storia che spesso viene narrata sbagliando fin dal linguaggio come quella di uomini che amano troppo, uomini che sono violenti per gelosia, Lončarević invece sceglie di essere chiaro fin dal titolo: So she doesn’t live. Togliere la vita, uccidere per non far esistere più, cancellare, annientare.

Tako da ne ostane živa: Aida, vittima inconsapevole del dramma che sta per colpirla

Tako da ne ostane živa_Cinematographe.it

Aida ha deciso di chiudere. Kerim non si dà pace: o lei sta con lui o niente. Ed è quel niente che vince su tutto. Kerim è la rappresentazione dell’uomo carnefice, di quello che uccide la donna che dice di amare ma che invece vuole solo possedere, avere tra le sue mani. Il ragazzo racconta a tutti dell’amore che lui prova per lei, del sentimento che li ha uniti, dice di essere disperato, piange ma dimostra anche la sua indole forte e violenta, la sua indole maschilista e sessista. Le donne per lui sono solo strumenti, oggetti e le donne vivono spesso in questa condizione di sudditanza, infatti le colleghe di Aida, in un momento chiave del film, raccontano una vita fatta di uomini violenti, che le usano, che non le amano veramente.

Aida si è rifatta una vita, lavora, è convinta di non voler avere più nulla a che fare con quell’uomo che le ha fatto del male, quello che diceva di amarla ma che in realtà voleva solo schiacciarla e averla tutta per sé per dimostrare un’altra volta la supremazia maschile. Tako da ne ostane živa ci mostra i due personaggi – di cui sappiamo poco, quasi nulla – uno alla volta come se non avessero niente a che spartire. Basta poco, un incontro orchestrato, una panchina immersa tra la natura. Camera fissa e tutto lì scorre, la (a)normalità di un momento che in tutte le cronache dei femminicidi torna.

Tako da ne ostane živa_Cinematographe.itTako da ne ostane živa: la dinamica del maschio distrutto

Aida parla prima con la madre di Kerim che la prega di tornare con il figlio, lui la ama, non passa giorno che non pianga. Le false storie che si raccontano in questi casi. Arriva poi Kerim, parla, chiede di tornare insieme.

Kerim: “Non posso vivere senza di te”

Tako da ne ostane živa descrive alla perfezione la dinamica della vittima e del carnefice, del violento che si giustifica (“sai che io quando perdo il controllo non so quello che faccio”), tenta di impietosire – piange, si accovaccia nel grembo di Aida -, prega (“Mi dispiace di tutto, ti prego”) e della donna che è pronta ad ascoltare, ad accogliere perché così spesso viene insegnato. Aida dall’altra parte è sicura della sua scelta, non transige (“Dovrai farcela”), non immagina cosa potrebbe fare la persona che ha davanti; lei è la vittima e la sua storia diventa metafora di quella di molte altre “sorelle”. Aida discorsivizza una cultura che viene spesso inculcata negli uomini ma anche nelle donne: l’ha picchiata, senza un motivo, almeno ci fosse stato un motivo per colpirla.

Sembra un paradosso che questo dialogo avviene in un paesaggio calmo, tranquillo che sembra essere la quiete prima della tempesta.

Tako da ne ostane živa: il racconto di una violenza dilatata e terribile

Tako da ne ostane živa_Cinematographe.it

Cambio di scena. Lo spettatore si trova nell’abitacolo di una macchina, si percepisce chiaramente che sta per accadere qualcosa di tremendo e di disumano, forse meglio “a-umano”. Kerim non può accettare di essere lasciato, di essere messo da parte, non può sopportare che chi era sua diventi di un altro; ed è talmente vigliacco che per timore di essere scoperto fa compiere l’atto ad un altro – atto che diventa una sorta di rito di iniziazione, “oramai sei un uomo”. Il linguaggio cambia, insulta Aida e nell’oscurità della notte, la violenza si compie. Quello che prima era un agnello torna ad essere un lupo, se prima voleva essere da solo con lei, ora invece non vuole agire da solo, non vuole sporcarsi le mani. Kerim è un personaggio osceno, un sub umano che non arretra di un passo, vuole cancellare la donna che l’ha lasciato e il regista arriva a raccontare senza mezzi termini la brutale violenza e si fa una “lastra” impressa dal dramma. Lončarević ha un occhio asettico, freddo, non servono troppe aggiunte per raccontare lo scempio. Lo spettatore è con Aida ne sente il dolore, ne percepisce il dramma; ogni gesto è dilatato, ogni parola è una lama, ogni momento è talmente espanso da non riuscire a sopportare la visione perché si ha il tempo di pensare a ciò che Aida sta subendo.

Fate di me quello che volete, solo non picchiatemi. Farò la brava bambina promesso

Tra un colpo inferto per punire, una parola detta per svilire, lei promette, prega, spera di riuscire a farcela anche questa volta.

Tako da ne ostane živa: un film che diventa metafora della storia di molte donne

Tako da ne ostane živa_Cinematographe.it

Tako da ne ostane živa è un film straziante che narra la storia di una donna di una piccola città bosniaca – riecheggia nelle ultime scene il ricordo della storia bosniaca – ma che potrebbe purtroppo ambientarsi in qualsiasi altro paese, in qualsiasi altra nazione. Lo spettatore si sente da una parte vicino ad Aida, è con lei sul sedile della macchina ma dall’altra parte è anche un personaggio esterno che vorrebbe poter fare qualcosa per salvare la protagonista, portarla via dalle mani del carnefice.

 

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.3