TFF37 – Spider in the web: recensione del film di Eran Riklis

Spider in the web è un thriller che si chiude su se stesso, non permettendo agli spettatori di capire i suoi risvolti e impostando un tono pieno di inedia.

Girare film thriller non è affatto facile. Scriverli è, però, la vera impresa. Decretare il nucleo centrale del racconto, tratteggiare le caratteristiche delle pedine che lo compongono, stabilire il contesto in cui i fatti andranno a svolgersi e, parte ben importante, impostare tutti gli intrighi, i doppiogiochisti, gli indizi e le sorprese che andranno a capovolgersi inevitabilmente nel finale, mostrandone le mille facce e gli intricati incastri che, in maniera sibillina, l’opera era andata sapientemente seminando.

In tutto il castello innalzato con minuzia di particolari, dove ad ogni mossa deve corrispondere un’azione che porti avanti i segreti e le ricerche di tale pellicola, rimane però il tema portante a dover primeggiare. La missione da portare a termine, la persona da dover salvare, i dati da recuperare o il bottone rosso da dover premere prima che avvenga la fine del mondo. Cogliere il punto essenziale, su cui poi in caso costruire arabeschi narrativi e architettare tutti i più elaborati e sopraffini grovigli inter-personali. Se a mancare è, dunque, l’elemento primario, il risultato non potrà che essere un disastro preannunciato, come accade con il film Spider in the web e la sua storia scritta da Gidon Maron e Emmanuel Naccache. 

Spider in the web – Il thriller senza storia e senza carattere di Eran Riklisspider in the web, cinematographe

Il problema principale dell’opera diretta dal regista Eran Riklis è proprio nell’incomprensione con cui l’argomento principale viene riportato nella pellicola, con la sua illeggibilità nello schematizzare le vicende ispirate a fatti realmente avvenuti, ma comunque mal spiegati e ancor peggio gestiti nella stesura cinematografica che se ne è voluta ricavare. Pur intuendo gli accadimenti che fin da subito mettono in moto protagonisti, organizzazioni, Paesi e grandi aziende, la chiarezza degli eventi sfugge nella completezza allo spettatore, non certo per sua incapacità nel decifrare o analizzare la situazione, ma per la vacua sceneggiatura alla base del thriller, che sembra dimenticare di avere a che fare con qualcun altro seduto ad osservare dalla sala, scegliendo di percorrere la propria strada senza mai arretrarsi.

E, anche quando a metà film la storia sembra decidere di aprirsi al proprio pubblico, l’atmosfera e l’andamento della pellicola si fermano pesantemente, con l’incertezza dei destini dell’operazione del protagonista di Ben Kingsley, ma l’inconfutabile sicurezza di un prodotto per nulla avvincente, come dal genere ci si sarebbe aspettato. Né tensione, né pericolo, né la gravitas che la presenza di armi chimiche dovrebbe suscitare. Le manovre di riservatezza del team guidato dal personaggio Adereth sono talmente indecifrabili da riflettere la loro incomunicabilità anche sul resto dell’opera, talmente chiusa su se stessa da auto-compiacersi quasi della propria inutile complessità e privando in maniera totale il materiale anche dei minimi livelli di pathos.

Spider in the web – Quando anche i sottotesti non risanano le sorti di un filmspider in the web, cinematographe

Se la superficie del racconto sceglie la scatola chiusa dell’imperscrutabilità, è il sottotesto affettivo che prende il sopravvento tra il personaggio di Kingsley e quello del giovane collega dell’attore Itay Tiran, cercando di farsi testo importante per la lettura e il diramarsi globale della pellicola, ma tradendosi come ulteriore abbaglio carente di spunti da approfondire e di potenzialità stimolanti. Risvolto su cui Maron e Naccache avrebbero potuto maggiormente puntare, sviando dalla difficoltà della trama e cercando nello scontro tra vecchio e nuovo, istinto e calcolo, un rapporto che compiacesse ed emozionasse i propri spettatori. Un compromesso che avrebbe potuto risanare, in parte, Spider in the web, ma la cui chiusura ermetica ne impedisce l’ulteriore e introspettivo passaggio.

Anche quando ogni cosa parrebbe star per distendersi e il film di Eran Riklis sembra finalmente acquistare un senso, Spider in the web continua imperterrito a rivolgersi contro se stesso, come se dimenticasse di rendere partecipi gli altri degli snodi cruciali della pellicola. Una sensazione irreale di inedia che mantiene lineare e piatto il tono per tutta la sua durata, per uno dei thriller con meno carattere della storia del genere.

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Regia - 2
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 1.5
Recitazione - 2
Sonoro - 1.5
Emozione - 1

1.5