Riccioli d’oro: recensione del musical con Shirley Temple

Riccioli d’oro (Curly Top) è una commedia musicale del ’35 che vede brillare Shirley Temple nel ruolo di protagonista, diretto da Irving Cummings e liberamente ispirato al romanzo della scrittrice Jean Webster, Daddy Long Legs (Papà Gambalunga) del 1912. In Riccioli d’oro Shirley Temple interpreta Elizabeth Blairm, figlia di due teatranti di vaudeville. Lei e la sorella Mary (Rochelle Hudson), in seguito alla scomparsa dei genitori, vivono in un orfanotrofio tra le mini peripezie di Elizabeth che intrattiene lo spettatore e gli stessi compagni orfanelli con le sue canzoni e i suoi balli spensierati. La bimba dai riccioli d’oro generalmente è ben predisposta a mettersi nei guai per una sua forte tendenza a non seguire regole o le buone maniere, come nel caso in cui porterà all’interno delle stanze il suo pony, durante un tremendo temporale, e che metterà a letto come una qualsiasi bambina della casa.

Riccioli d'oro

Riccioli d’oro: l’astro nascente di Shirley Temple in un film sul riscatto sullo sfondo della Grande Depressione

Mary, essendo adulta, lavora nell’orfanotrofio come istitutrice, scelta che attua pur di rimanere accanto alla sorella; ma le cose si complicano quando un uomo benestante, Edward Morgan, nota con interesse Elizabeth e desidera con grande ardore di poterla adottare. Mary non vorrebbe mai dividersi da lei, cerca di far desistere inizialmente il ricco avvocato, che non può fare a meno di notare con triste rammarico la desolante condizione delle due sorelle e di come lui ha le facoltà e le possibilità di donarle una vita decisamente migliore. Così nel suo buon cuore decide di adottarle entrambe non dichiarando le sue reali intenzioni, mascherandosi col volto dell’intermediario e fingendo di fare le veci per un’altra persona desiderosa di adottarle. Diventa così il custode segreto delle ragazze e le fa trasferire nella sua tenuta estiva: Mary ed Elizabeth riproveranno li una felicità e una spensieratezza tanto bramate, grazie a un uomo che ai loro occhi rimane ignoto, particolarità che andrà poi ad ispessire la trama negli attimi finali. Il sapore amaro della menzogna si percepisce quando Mary ed Edward vivranno un’attrazione sincera e la pellicola per la prima volta sarà violata da un vortice intriso di amore e confessioni, che porterà i toni ai livelli di un dramma pseudo romantico, un’occasione di rimarcare la tonalità trionfante del film. Le scene di canto e di ballo, di cui la pellicola è singolarmente cadenzata, diventano un brillante espediente temporale e non solo: esse trattengono forti temi di uguaglianza con un messaggio di pace un po’ sottotraccia. Celebri sono Animal Crackers in My Soup, cantata da Elisabeth nell’orfanotrofio, oppure The Simple Things in Life, cantata per la rappresentazione di beneficenza che le due sorelle organizzano a casa di Edward e When I Grow Up, cantata sempre da Elizabeth per la stessa rappresentazione. Piccola chicca è proprio il look ineguagliabile della Temple, che nonostante la giovanissima età cambiò drasticamente: lei aveva dei capelli molto scuri e lisci che si trasformarono in quelli di allora, ricci e biondissimi, ispirandosi all’attrice immortale Mary Pickford, denominata anche La ragazza con i riccioli. Riccioli d’oro è entrato nella cultura di massa come una pellicola sulla rinascita, sul riscatto di due sorelle che vivono la loro condizione di orfanelle con la grazia e il disincanto di chi non smette mai di credere di poter avere una vita migliore, sempre. Una pellicola in linea con la sua semplicità, che con smisurato ottimismo scaccia via in modo determinante ogni malessere o insicurezza che in qualche modo poteva pervadere le due enfant prodige. Riccioli d’oro si inserisce in un epoca in cui l’America non aveva più le possibilità di brillare di luce propria. Durante il periodo delle riprese infatti la nazione viveva forse uno dei momenti più cupi della sua Depressione, in senso totalmente psichico oltre che finanziario. Ecco che la pellicola colse l’occasione di rinsavire le menti degli americani in modo reale e funzionale motivando parte della popolazione ad una vera e tangibile speranza di ripresa, trovando anche gli stessi favori del presidente di allora, Roosevelt.
Riccioli d'oroEdward Morgan è la critica più visibile all’avarizia delle famiglie americane che, durante la Depressione, erano riuscite a toccare dei livelli di vergogna molto alti in merito ai contributi donati in beneficenza, distruggendo in qualche modo quel mito di generosità che era il tratto distintivo dell’America in quanto tale. Ecco che quest’uomo così buono decide di custodire sotto la sua ala filantropica le due sorelle, sottraendole alla povertà e ad una condizione di vita degradata per mano non solo dell’orfanotrofio ma di chi lo gestisce. Ancora una volta la lama torna a premere su coloro da cui dipende la casa, in questo caso dei ricchi “benefattori” che, avari e sospettosi, permettono alle bambine di vivere tra spifferi di corrente continui, riscaldamento praticamente nullo e un’attenzione per la salute delle orfanelle deprecabile, in linea con quella che era la visione dell’opinione pubblica delle famiglie ricche americane. Riccioli d’oro non è semplicemente una pellicola sulla speranza e sui buoni sentimenti, ma un modo che ebbe l’America di guardarsi allo specchio e fare critica, indagare sulle sue falle enormi, su come le lotte di classe avevano subito un’inversione di onere e di come il film ebbe un’influenza reale sugli adulti, spingendoli a fare la cosa giusta, per il bene del paese, che doveva e poteva oltrepassare le difficoltà della Depressione, traducendosi nel simbolo dell’ottimismo e della possibilità di riuscire in ogni avversità.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 2.5

2.8