Venezia 77 – Quo vadis, Aida? – recensione del film di Jasmila Žbanić

Sicuramente Jasmila Žbanić con Quo Vadis, Aida? potrà essere sicura di aver portato sul grande schermo il terribile massacro di Srebrenica anche una grande prova di regia e di scrittura. Un grande esempio di cinema civile.
I 101 minuti con cui porta lo spettatore dentro quei ributtanti giorni del luglio del 1995, in quella Bosnia in cui morte, orrore e i crimini più efferati erano la quotidianità di un conflitto in cui il resto del mondo, Nazioni Unite in testa, si dimostrò incapace di ogni reale intervento, pongono il suo film come il primo, vero, favorito visto fino ad adesso per il massimo riconoscimento di questa 77^ rassegna Veneziana.
Lo è in virtù di una regia mai banale, di un ritmo in crescendo e di una capacità di coordinare un cast ben assortito e credibile, in cui primeggiano una Jasna Đuričić in stato di grazie nei panni della protagonista, ed un Boris Isaković assolutamente perfetto nei panni del pingue e sanguinario Generale Mladic.

Quo Vadis, Aida? sceglie uno sguardo dall’interno

Quo Vadis, Aida? segue i binari della verosimiglianza, di una regia che non rinuncia mai a proporre uno sguardo dall’interno, attraverso gli occhi di Aida, interprete di Srbrenica, costretta a fare da tramite tra i suoi compatrioti, inseguiti dalla teppaglia sanguinaria serba di Mladici, e un corpo d’intervento ONU olandese, che ha il perfetto simbolo nel Thom Karremans interpretato da Johan Heldenbergh, sostanzialmente un monumento vivente alla disastrosa tradizione militare olandese (da più di due secoli tra i peggiori eserciti d’Europa).
Di base il film della Žbanić può essere tranquillamente definito un film sull’empatia: intesa come presenza ed assenza, come capacità di immedesimarsi nella sofferenza di un proprio simile.
Un simile che (e questo il film lo mostra chiaramente) fino a pochi mesi prima magari era il vicino di casa, il compagno di classe, il collega di lavoro o l’amico di sempre. Tutti rapporti strangolati dal progetto della “Grande Serbia”, dall’incapacità di un’intera penisola di andare oltre divisioni e odi vecchi di secoli, che solo la leadership di Tito aveva tenuto divisi.

Un film che sposa la dimensione privata della storia

Quo Vadis? Aida cinematographe.it

Ma in Quo Vadis, Aida? non conta la dimensione macro, essa rimane sullo sfondo, è sicuramente illustrata come deus ex machina di quella tragedia. Tuttavia alla fin fine, la sceneggiatura e la regia scelte dalla regista, hanno fatto si che ci si concentrasse sull’umanità che fu protagonista di uno dei peggiori crimini di guerra di sempre.
Conta solo lo sguardo dall’interno, la dimenione privata, il cancello e la rete metallica protetti da soldati di cartapesta con il casco blu, pecore in pasto a lupi che pianificarono, prepararono e misero in pratica un massacro, mentre gli alti gradi delle Forze ONU e i vertici politici stavano a guardare.
Non vi è traccia di quell’accordo, quel ricatto per meglio dire, per il quale secondo molti, il mancato sostegno delle forze aeree e la mano libera a Mladic fu il prezzo da pagare per la vita dei caschi blu prigionieri dei serbi. Non conta, non interessa, conta la realtà, i se e i ma non hanno spazio nel film. Conta la viltà di un mondo di uomini senza morale.

Una ricostruzione storica minuziosa

Quo Vadis? Aida cinematographe.it

Conta Aida, i suoi due figli ed il marito, che cerca di salvare da un massacro di cui soli gli imbelli e codardi comandati olandesi ignoravano (o facevano finta di ignorare) la realtà.
Conta l’atroce rituale della separazione delle famiglie, le menzogne di un Mladic a cui Isakovic dona una diabolica capacità di simulare, rassicurare ed insieme minacciare, a cui si contrappone un Colonnello Karremans che Heldenbergh rende pietoso, comprensibilmente spaesato perché inadatto semplicemente ad essere dove si trova, privato dagli alti gradi mezzi, armi e appoggio. Ma anche di astuzia e un minimo di accortezza dalla sua natura.
La fotografia di Christine A. Maier segue la strada della verosimiglianza, esaltata in Quo Vadis, Aida? da un uso perfetto delle masse, atte a ricreare il gigantesco carnaio di quei giorni, le sofferenze di migliaia di persone che furono lasciate senza acqua, cibo e servizi sanitari prima di essere mandate al macello.

Quo Vadis, Aida? sposa una visione femminile

Quo Vadis? Aida cinematographe.it

Potente, magnetico, animato da un crescendo perfetto, dalla grande capacità di rendere la paura, la speranza, il terrore della protagonista, dei suoi cari, degli inermi di quella e di tutte le guerre, il film di Žbanić ha nella famiglia, nell’istino materno, nel punto di vista sostanzialmente femminile della vicenda il motore.
Le donne furono le uniche sostanzialmente a salvarsi quel giorno, passando gli anni a seguire a cercare i resti di mariti, figli o padri nelle fosse comuni. A conti fatti, il film è anche un dito puntato contro il braccio armato maschile che da sempre insanguina il mondo.
Mai retorico, mai ipocrita, cinico e disincantato nel modo in cui dipinge i paradossi di un’umanità ora tenera ora feroca, Quo Vadis, Aida? è sicuramente un film della memoria, dalla memoria e per la memoria. E un dito puntato contro quel rottame che risponde al nome di Nazioni Unite, inutile ieri come oggi, in Jugoslavia come in Somalia come ovunque sia andato a fallire la sua opera di giustizia.
Nulla cambia nella Storia. Cambiano solo i nomi degli uomini e di donne rimaste sole a piangerli.

Quo vadis, Aida? di Jasmila Žbanić è stato candidato all’Oscar e ai Golden Globe come Miglior film straniero, presentato in Concorso a Venezia 77 ed è in uscita in sala dal 30 settembre 2021, distribuito da Academy Two e Lucky Red.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.7