Primer: recensione

Dennis Lim, dalle pagine di The Village Voice, ha detto di Primerthe freshest thing the genre has seen since 2001. Piuttosto indicativo, considerato il riferimento kubrickiano. Scritto, diretto e interpretato da Shane Carruth – il suo zampino sta anche nelle musiche e nel montaggio – Primer rappresenta un caso di cinema molto interessante, considerato il budget di 7000 dollari per un film di fantascienza. Senza dubbio un film coraggioso e audace ma, soprattutto, innovativo.

Premio per la giuria al Sundance ’04, il film si distacca dal suo genere per una peculiarità, è infatti volutamente confusionario per quanto riguarda lo stile di ripresa, ma in primis per i dialoghi. Trattando il tema dei viaggi nel tempo, Shane Carruth decide di rivisitare tutti i dogmi del genere fantascientifico: il fattore sci-fi non diventa un pretesto per un’indagine sulla morale umana; i dialoghi sono molto tecnici e quasi incomprensibili; nei suoi 79 minuti di durata, non assistiamo ad un solo effetto speciale.

Ci troviamo di fronte ad un caso di cinema esemplare, coerente allo status di film indie. Primer non risponde ad esigenze di mercato, non scende a compromessi di alcuna forma, bensì si pone un preciso obiettivo: riscrivere il processo inventivo, spogliandolo dei pregiudizi perbenisti, con un linguaggio coerente con il contesto scientifico ma al contempo volutamente oscuro. È proprio Shane Carruth a dichiarare di aver reso il suo primo film tanto confusionario, in linea con il mood dei protagonisti, altrettanto spaesati e senza dei solidi punti di riferimento – morali, ma anche spaziali temporali – in balia dei paradossi temporali da loro stessi creati.

primer recensione

scena del film

È un cinema di concetto questo, non un opera letteraria filmata, né una trasposizione dal teatro; esattamente come la fotografia concettuale scarta qualsiasi ambizione pittorica, focalizzandosi sulla specificità del mezzo fotografico, il cinema di Shane Carruth è fedele a se stesso. Gioca solo le sue carte, e le gioca al massimo del suo potenziale: montaggio, sonoro e fotografia non sono posti sotto l’esigenza del botteghino – facendo dell’universo indie un contesto più che mai fruttuoso per la settima arte – ma vengono rispettati e onorati.

Siamo chiari, si parla di un film che richiede visioni multiple – un po’ un Donnie Darko con un senso e non con un vicolo cieco – e magari una wiki-sbirciatina per potere essere compreso interamente, ma d’altronde quando un’opera d’arte è complessa, l’unica soluzione per leggerla e goderne, è rileggerla.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3.2
Sceneggiatura - 2.7
Fotografia - 3
Recitazione - 3.2
Sonoro - 2.7
Emozione - 3

3

Voto finale