RomaFF14 – Lola: recensione del film di Laurent Micheli

Recensione di Lola (2019) di Laurent Micheli, un road movie esistenziale sulla rinascita a nuova vita e sulla ricomposizione di dissolti legami familiari

Il concorso parallelo della Festa del Cinema di Roma 2019 – Alice nella città – il cui nome è un riferimento alla deliziosa (quasi) omonima pellicola di Wim Wenders del 1971, parte fortissimo con uno dei film più attesi del calendario; parliamo chiaramente di Lola (Lola vers la mer in v.o.), pellicola del 2019 di Laurent Micheli con protagonisti Mya Bollaers e Benoit Magimel – in un interessante road movie padre-figlio sul crescere e cambiar vita, per una pellicola in cui il viaggio diventa così, espressione autentica di cambiamento.

Lola, presentato ufficialmente al Festival del film francofono di Angouleme, racconta dell’omonima ragazza che dà il titolo al film, una transgender che per trovare finalmente il proprio posto nel mondo, dovrà riconciliarsi con i propri fantasmi del passato, un evento penoso all’interno della propria famiglia, e un padre che non vede da almeno due anni.

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Lola: un road movie sulla rinascita e sulla ricostruzione del nucleo familiare

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Micheli imbastisce una narrazione in cui l’espediente del viaggio e del road movie – piena espressione del cinema moderno americano – viene rielaborato sulla falsariga della sopracitata pellicola di Wenders; con Lola infatti siamo dinanzi a un racconto che non viaggia lungo le linee dello spazio e del raggiungimento del proprio obiettivo, piuttosto nei meandri del tempo, nella ricomposizione di un’unità familiare distorta dall’evento traumatico che dà il via alla narrazione, tra paure e ricordi d’infanzia.

Un viaggio di padre e figlia, che rievoca le tematiche già affrontate dal Girl (2018) di Lukas Dhont – la voglia di cambiamento di una figlia e un padre incapace di poterlo affrontare. Un qualcosa che Micheli realizza alzando ulteriormente la posta in gioco rispetto alla pellicola di Dhont, nella mancata accettazione del padre delle scelte della figlia – nel suo allontanamento – e nell’energia ribelle della stessa Lola della Bollaers intenta ad accettare la sua dimensione femminile, potendosi finalmente riconoscere nel volto delle fotografie del passato – nella realizzazione dell’ultimo desiderio di una madre da sempre vicina alla rinascita della propria figlia.

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Emerge infatti, grazie a una grandiosa performance attoriale della sopracitata Mya Bollaers – all’esordio assoluto – la cieca determinazione di un personaggio vivo, brillante, che ha fatto i conti con già abbastanza dolore nella sua (finora) giovane vita, per una donna moderna nonché un ruolo femminile dall’indubbio valore artistico. In sua opposizione, il padre di Benoit Magimel che ben sa incarnare il cieco dolore di un uomo incapace di guardare oltre la punta del suo naso e di guarire dai suoi fallimenti familiari.

Una dinamica di coppia per Lola, che nell’arena narrativa dell’auto e dei luoghi chiusi porta in scena il dolore e la tensione dell’incomunicabilità genitoriale e di un rapporto che è scontro – anche attraverso cattiverie e ritorsioni da ambo le parti – e incontro nello stesso momento, uniti entrambi dal desiderio di realizzare l’ultima volontà del trapassato membro del nucleo familiare dissolto.

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Lola rappresenta l’ennesimo step nella carriera di Micheli e della sua precisa visione tematica, che già nel 2016 con Even lovers get the blues aveva posto il focus narrativo sulle relazioni amorose nel nuovo millennio e sulla liquidità dei rapporti umani. Con la pellicola con protagonista Mya Bollaers invece, si scende nel dettaglio di una ricostruzione graduale e rilettura dei rapporti familiari, per una pellicola forte e al contempo delicata nel trattare tematiche così rilevanti ai giorni nostri.

Regia - 3
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.5