Berlinale 2019 – Light of My Life: recensione del film di Casey Affleck

Confezionando un inno al femminismo moderno e una storia puramente bella, Casey Affleck porta alla Berlinale uno dei migliori film.

Lo diciamo a nostro rischio e pericolo: Light of My Life – debutto registico di Casey Affleck – andrebbe visto senza conoscerne prima la trama o dettagli vari. È uno di quei film che non sono quello che sembrano e nel quale l’effetto sorpresa, la rivelazione di ciò che si nasconde davvero dietro la storia principale, funziona in maniera eccelsa. Il film, presentato nella sezione Panorama della Berlinale 2019, è senza dubbio una delle perle del festival.

Se siete rimasti con noi, sappiate che Light of My Life racconta la storia di un’epidemia – la Piaga – che ha colpito ed eliminato quasi tutte le donne del pianeta. Affleck è un padre che farebbe di tutto per tenere al sicuro sua figlia: una delle poche donne immuni alla malattia. La bambina, Rag, ha i capelli corti e porta vestiti da maschio: nessuno deve scoprire che è una femmina. Gli uomini sono diventati aggressivi e le donne, ora, sono un bene prezioso. I due viaggiano attraverso boschi e cittadine rurali, cercando di rimanere al sicuro ed evitando contatti con gli altri esseri umani.

Con Light of My Life Casey Affleck scrive, dirige e interpreta uno dei film più riusciti della Berlinale 2019

Light of my life Cinematographe.it

Casey Affleck ha confezionato, in un moto di egomania, un film coinvolgente, drammatico, avvincente, tenero e curioso. Ha fatto tutto da solo (o quasi) scrivendo la sceneggiatura, dirigendo la pellicola e recitando in un film che è davvero uno degli esemplari più riusciti della Berlinale di quest’anno.

La storia di Light of My Life è bella nel senso più puro del termine. È un inno al femminismo moderno e che non si piange addosso (considerando che è di un uomo accusato in passato di violenza sessuale, dice molto sulla situazione attuale o sulla sua redenzione, vedetela come volete) e, al tempo stesso, è una favola sull’amore incondizionato del padre per sua figlia. È un sentimento universale quello che ci mostra, nel quale chiunque potrebbe rispecchiarsi, indipendentemente dal sotto-testo catastrofico del film. Affleck accarezza, abbraccia, parla, ascolta e osserva la sua giovane co-protagonista (la bravissima Anna Pniowsky) con negli occhi un genuino affetto paterno a quale è impossibile non credere.

La solita flemma dell’attore (Affleck, vincitore di un Premio Oscar per Manchester By the Sea, non è caratterizzato da una particolare gioia di vivere), in Light of My Life, si perde in quest’amore e viene sostenuto da Abigail Pniowsky che si rivela un’interprete talentuosa e realistica. I due sono soli contro il mondo e questo, nelle loro performance, è limpido come l’acqua.

Il tutto è tenuto insieme da una regia semplice, coerente e che funziona. Non ci sono particolari guizzi creativi, ma non sarebbero serviti. Il risultato finale  un film drammatico che evita il risvolto strappalacrime, ma che non smette un secondo di farci fissare lo schermo, assetati di una risoluzione che potrebbe non arrivare.

Affleck aveva già mostrato le sue abilità narrative in Joaquin Phoenix – Io sono qui!, ma con Light of My Life è tutta un’altra storia. Con qualche sbavatura, ma grandi aspettative per ciò che verrà in futuro, il regista porta il cuore sullo schermo e lo fa con intelligenza e sensibilità. Se i film che ha intenzione di fare sono questi, non vediamo l’ora di vedere il prossimo.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4.1

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