La bella e le bestie: recensione del film di Kaouther Ben Hania

Nove piani sequenza per raccontare, attraverso il trauma del singolo, la violenza a cui nessuno può sottrarsi.

La bella e le bestie (Beauty and the Dogs) è un film di Kaouther Ben Hania e Khaled Walid Barsaoui, presentato nella sezione Un Certain Regard alla settantesima edizione del Festival di Cannes. Kaouther Ben Hania, regista tunisina classe ’77 e sceneggiatrice del film, porta in scena la storia vera di una ventunenne alle prese con un sistema corrotto di organi giuridici e forze dell’ordine che, senza remore, insabbiano le proprie malefatte.

A essere portata sul grande schermo, in questo caso, è la storia di Mariam (Mariam Al Ferjani): lusingata dalle attenzioni di Youssef, la giovane ragazza si prepara per passare una normale serata con le amiche a ballare in un locale, sperando di conoscere il ragazzo che le ha messo gli occhi addosso e di poter trascorrere qualche momento in sua compagnia. La piega che le cose prenderanno si rivela ben distante non solo da quanto sperato, ma anche da quanto prefigurato: non appena lascia il locale, infatti, Mariam viene aggredita da un gruppo di poliziotti e la durissima battaglia per la ricerca della giustizia comincia.

La bella e le bestie: la regia di Kaouther Ben Hania e Khaled Walid Barsaoui scorta minuziosamente ogni personaggio

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Cosa significa credere nella democrazia in un paese minacciato e debilitato da feroci tumulti interni e dalla violenza del dirompente terrorismo jihadista? Attraverso una storia che ne vale e narra altre mille, prova a spiegarlo (forse anche a se stessa) Ben Hania, strutturando la narrazione de La bella e le bestie in nove piani sequenza girati completamente in interni, con l’eccezione di pochissime micro-sequenze. Non solo la scelta risulta particolarmente accattivante da un punto di vista estetico, ma anche estremamente funzionale: il dramma portato in scena ne guadagna in solidità, asciuttezza, ma soprattutto nel peso che le vicende di Mariam improvvisamente assumono, grazie a una serie di movimenti di macchina snelli e sottilmente ingegnosi che scortano tutti i personaggi verso l’epilogo, senza rubare la scena ai veri protagonisti.

Se Mariam ne è già consapevole, il variegato cosmo che progressivamente si schiude agli occhi dello spettatore trova respiro man mano che si prosegue con la narrazione: a partire dal tragico evento che incrina la stabilità psicologica ed emotiva della protagonista, fulcro dal quale si dipanano le vicende, la regista svela un’allarmante realtà composta da un certo numero di individui; tutti, a proprio modo, plasmati dall’autorità bieca di istituzioni favoreggiatrici e meschine, quando non dal timore per la stessa. Al di là dell’impatto di un episodio traumatico che nessuno potrà mai estinguere, Mariam si ritroverà a fare i conti con l’inquietante lucidità, la consapevolezza e le manifeste estorsioni di criminali e coimputati che si spalleggiano sotto la custodia di un governo corrotto e menomato.

La bella e le bestie e la preziosa riflessione alla quale ci induce

Nemmeno il nucleo famigliare ne esce vivo o pulito: in più di un momento, la regista focalizza il proprio sguardo sull’importanza dell’istruzione e dell’influenza genitoriale, soprattutto quando nociva ed essa stessa minata dagli inflessibili criteri convenzionalisti che i portavoce della giustizia dettano, scavalcando le persone fisiche. Limpido e politico, sebbene non privo di qualche lungaggine che può indebolirne il ritmo complessivo, La bella e le bestie giunge più puntuale che mai a far da riflessione su un più grande problema che, tramite costumi diversi, attanaglia il mondo occidentale in maniera piuttosto simile e che potrebbe anche non riguardare le sole donne: la strumentalizzazione della paura, mediante il trauma del singolo, come invincibile arma di controllo e fonte di potere inesauribile.

La bella e le bestie è al cinema dal 27 luglio 2018 con Kitchenfilm.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

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