Il Vangelo secondo Mattei: la recensione del docu-film

Sulle tracce di Pasolini nella Basilicata dell'oro nero, La recensione del docu-film Il Vangelo secondo Mattei, diretto da Antonio Andrisani e Pascal Zullino

Ritorno in Basilicata in cerca di riscatto. All’età di cinquant’anni il cinico regista Alberto Rizzo e il suo assistente, sprovvisti di particolare talento e di una vera troupe, falliti nelle loro ambizioni artistiche, decidono di cavalcare l’onda del dissenso sulle estrazioni petrolifere per realizzare uno sgangherato film d’inchiesta, Il Vangelo secondo Mattei, secondo un costante gioco di allusioni tra la famosa opera di Pier Paolo Pasolini e lo storico fondatore dell’Eni. Al Vangelo secondo Matteo, girato proprio a Matera nel 1964, e all’incompiuto romanzo Petrolio del maestro friulano, dunque, i due registi lucani ritornano più per ragioni di marketing che di estetica per una commedia ambientalista dai toni noir. Niente di meglio allora che scegliere come protagonista un settantenne materano, Franco Gravela, che da ragazzino partecipò come comparsa al film di Pasolini. Nel ruolo di Gesù, Franco vede la svolta della sua carriera drammatica attesa da una vita, sebbene la moglie non la pensi esattamente allo stesso modo. Ma il tema scomodo del petrolio e il rapporto con la terra comincia a dare fastidio a qualcuno.

Nel ruolo di se stessi, Antonio Andrisani e Pascal Zullino, ritornano nella loro Matera e sul tema sempre attuale dell’estrazione petrolifera e del suo impatto socio-ambientale per la loro opera prima che con ironia e leggerezza scherza su ecologia, politica, cinema e i drammi del Mezzogiorno. Una docu-fiction nella tradizione della commedia all’italiana, vincitrice del Russia-Italia Film Festival, Il Vangelo secondo Mattei (distribuito in Italia da mOOviOOle, sul mercato internazionale con FlexyMovies di Alessandro Masi) è un film indipendente dalla piccola distribuzione ma dalle grandi ambizioni. Tornare nei luoghi dove è stato girato il capolavoro pasoliniano e avere la possibilità di ottenere un cameo del suo protagonista Enrique Irazoqui, erano già ottime premesse per una satira che non perde occasione di riflettere sugli innumerevoli problemi del Meridione sotto il velo dell’ironia. Punta di diamante dell’opera è l’interpretazione di Flavio Bucci che, con quel volto denso di umanità e fragilità, raggiunge un perfetto equilibrio di intensità e stravaganza per il suo Gesù fuori dagli schemi. Peccato non si raggiunga la stessa empatia con il regista Alberto Rizzo.

Dalla disoccupazione all’emigrazione, dalla corruzione al clientelismo, Andrisani e Zullino lasciano mostrare ai propri personaggi tutto il marcio che da secoli si nasconde dietro il perbenismo di provincia e la bellezza di una regione (ancora per poco) incontaminata. La fotografia di Rocco Marra esalta la magia dei Sassi di Matera secondo le diverse luci del giorno e l’autenticità dei suoi paesaggi già filmati da Pasolini, uno sfondo che rende ancor più forte la denuncia. Se l’antica cittadina patrimonio dell’Unesco “sta diventando sempre più come Disneyland” è camminando sull’acqua che arriva l’amara consapevolezza di Gesù: “Non riesco a moltiplicare i pesci, sono tutti morti”. In questo teatro delle ombre che si ripete immutato nel tempo, dunque, le continue citazioni di Pasolini vogliono essere al contempo un omaggio al poeta friulano e una critica dell’abuso della sua eredità che non può essere utilizzata solo demagogicamente. Esemplare la scena del palloncino, come l’ultima eredità di Pasolini, che il regista Mimmo Calopresti nel ruolo di giornalista intellettuale involontariamente fa scoppiare.

Contrariamente a quanto ci si aspetta dal titolo, Il Vangelo secondo Mattei non è un film sul petrolio, né tantomeno sul cinema o meglio, non solo. È soprattutto un film sui sogni e sul loro fallimento, secondo uno humour lucano a tratti disfattista e spesso malinconico. Andrisani e Zullino non intendono offrire alcuna morale sul tema dei giacimenti petroliferi in Basilicata ma vogliono invitare ad acquisire consapevolezza del problema. “Io non posso capire l’animo umano ma non sono un fesso e non dovete esserlo neanche voi. Tra poco qui ci saranno solo trivelle”, risuona, disperata, la voce di Franco Gravela che spesso, più che a Gesù, assomiglia a un anziano Pinocchio, ingannato dai due registi, il gatto e la volpe, imprigionato da Mangiafuoco, il senatore, prima di finire nelle fauci della balena, una casa di riposo. Al di là degli scenografici Sassi, la favola rivela la sua vena noir.

Testo di Francesca Ferri

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.5