Il professore cambia scuola: recensione del film di Olivier Ayache-Vidal

La recensione de Il professore cambia scuola, commedia a sfondo sociale firmata da Olivier Ayache-Vidal. In sala dal 7 febbraio.

Arriva al cinema Il professore cambia scuola, diretto da Olivier Ayache-Vidal e distribuito da PFA Films e EMME Cinematografica. Il film sarà nelle sale italiane a partire dal 7 febbraio.

Novità in vista per il mellifluo professore François Foucault (Denis Podalydès), docente alquanto supponente e dalla lingua davvero troppo sciolta, che per l’eccesso di parlantina e di manifesta (ma non genuina) volontà di migliorare la terribile situazione delle scuole di periferia, si trova ad essere trasferito in un liceo tra i più problematici del suolo francese.
Armato di paura e rigidità, Il Professore Cambia Scuola, è sballottato tra problemi di ragazzi e ragazze abbandonati a loro stessi, e si confronta con l’indigenza, la totale negligenza del sistema e tensioni continue del tipo più disparato. Nonché con una classe assolutamente anarchica.
In breve tempo però, tale esperienza permetterà all’arrogante professor Foucault, di riabbracciare la matrice fondante della sua professione, riscoprire il piacere di creare giorno dopo giorno qualcosa di bello ed unico, in quel duro ma intenso rapporto che è quello tra docente ed allievi.

Il professore cambia scuola: ottima performance di regista e attore protagonista

Diretto con mano sicura e ferma da Olivier Ayache-Vidal, Il Professore Cambia Scuola è frutto di un approfondito e curato lavoro di indagine da parte di Vidal, regista con un robustissimo passato di giornalista e analista, che con questo film va oltre l’abusata e già vista commedia di matrice scolastica.
Ambizioso nel suo piccolo, infatti, il film ci mostra un microcosmo che rappresenta in modo perfetto il tragico macrocosmo di gran parte del sistema scolastico europeo, soffocato da programmi obsoleti, strutture fatiscenti, docenti senza motivazioni e in generale da un’incapacità da parte del sistema di aggiornarsi, di venire incontro a quel crogiolo di problematiche che sono i giovani di oggi.
Mai retorico o zuccheroso, Il Professore Cambia Scuola ha in Podalydès un mattatore fantastico e commovente, credibile e mai neppure per un istante capace di farsi né odiare né amare del tutto, quanto piuttosto di condensare su di sé tutti i pregi e i difetti che un insegnante può avere.

Il Professore cambia scuola: raccontare i giovani con ironia

Film sulla società più che film sociale, Il Professore Cambia Scuola non ha la straordinaria visceralità inquietante ed introspettiva sulla cesura psicologia tra adulti e giovani dei nostri giorni di L’Atelier di Laurent Cantet, o la violenza visionaria e geniale dell’immortale La Haine, ma in compenso strizza l’occhio in modo originale al celebre Dangerous Mind di John Smith.
Come il celebre film interpretato da Michelle Pfeiffer, infatti, anche questo vive grazie ad un doppio binario, quello inerente alla realtà sociale e personale descritta (in questo caso le banlieue della periferia francese) e l’incapacità da parte del docente protagonista di adattarsi a ragazzi e ragazze dal vissuto e dalla struttura culturale assolutamente opposti alla sua.

Il professore cambia scuola

Mix riuscito tra realtà e finzione (molti dei giovanissimi attori sono davvero studenti della scuola in cui è ambientato il film), Il Professore Cambia Scuola evita di commettere il frequente errore di idealizzare o banalizzare i giovani di oggi (oscenità tanto cara al cinema e televisione italiani), quanto piuttosto di mostrarcene con sguardo realista, ma mai cinico, il difficile percorso di crescita.
Un percorso che nella Francia di oggi è tanto più problematico, quanto connesso ad un tessuto sociale dove i figli della seconda e terza generazione di extraeuropei soffrono ancora della stessa identica mancanza di prospettiva, speranza e fiducia che si riflette su quell’immenso alveare decadente dove son costretti a passare sostanzialmente tutta la vita.

Il Professore cambia scuola: la sfida riuscita di Olivier Ayache-Vidal

Ad ergersi a loro simbolo e rappresentante vi è il ribelle ma perspicace Seydou (un bravissimo Abdoulaye Diallo) diamante grezzo abbandonato a se stesso, personificazione della disperata quotidianità emarginata e abbandonata che il film di Ayache-Vidal mette sotto una lente discreta ma efficace, che sovente regala momenti di riflessione ed ironia di grande qualità.
Coadiuvato da una fotografia di David Cailley molto efficace, Il Professore Cambia Scuola ha forse l’unico punto debole nella sceneggiatura di Vidal e Ludovic du Clary, che forse non osa e non si evolve quanto potrebbe, talvolta sembra accontentarsi di proporre soluzioni narrative un po’ troppo scontate o già viste, per quanto poi il modo di confezionarle e proporle meriti un deciso plauso.

Il Professore Cambia Scuola in ultima analisi è un bellissimo e genuino ritratto delle deficienze (ma anche delle possibili soluzioni) della scuola moderna, chiamata ad essere qualcosa di più di uno spazio di assorbimento delle nozioni, quanto il punto cardine di un’integrazione e sviluppo della personalità, per quei futuri cittadini europei di domani, che speriamo facciano qualcosa di meglio degli indolenti padri.

 

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.3