Il grande quaderno: recensione

Il grande quaderno, per la regia di János Szász, è un film ungherese del 2013 che, tuttavia, raggiunge solo ora le sale cinematografiche italiane. Vincitore del Globo di Cristallo 2013 al Festival Internazionale del Cinema di Karlovy Vary, la pellicola è tratta dall’omonimo romanzo del 1986, scritto da Agata Kristóf, tradotto in oltre trenta lingue e vincitore di numerosi premi letterari, tra cui il premio Adelf.

La trama segue le vicissitudini di due gemelli in età preadolescenziale che, in tempo di guerra (la Seconda Guerra Mondiale), si trovano a doversi trasferire presso la casa dell’arcigna nonna, con cui la madre ha interrotto i rapporti anni prima e sulla quale aleggia la responsabilità della morte del marito per avvelenamento. La separazione dalla famiglia d’origine si rende necessaria per proteggere i ragazzi dai pericoli del conflitto e non costringerli a separarsi per sfuggire alla minaccia incalzante di morte, che aleggia sulla città. Il due fratelli vivono un legame indissolubile che li porta a mettere in atto quotidiane strategie di sopravvivenza basate sulla resistenza al dolore, alla fame, alle umiliazioni e al terrore, nella convinzione/illusione che, rendendosi sempre più temprati ad affrontare le brutture che la guerra sta riservando loro, avranno più probabilità di uscirne sani e salvi. Nel frattempo, tutto ciò che i due gemelli vedranno sarà, come promesso al padre, riportato su un diario (Il grande quaderno del titolo), memoria fotografica dell’ inesorabile discesa verso gli inferi dell’insensibilità che la lotta per la vita finirà per imporre loro.

il grande quaderno

La nonna dei gemelli, soprannominata “la strega”

Il grande quaderno presenta un incipit ricco di suggestioni, che accennano allo spettatore l’idea di trovarsi di fronte ad una pellicola foriera di preziosi messaggi e dal sapore evocativo; la regia offre inizialmente lo stesso tipo di sguardo, incorniciando con riprese che suggeriscono senza mai mostrare (su tutte simbolica quella che dall’alto mostra solo le minacciose ombre degli aerei, pronti a sganciare le bombe) le sensazioni subdole di terrore e smarrimento che il conflitto porta con sé, vissute attraverso gli occhi di due creature che decidono di guardare in faccia la morte per dominarla invece di soccombervi. Lo strenuo lavoro di insensibilizzazione al male, che segna l’ingresso dei due fratelli nell’età adulta,  viene mostrato come simbolo della disumanizzazione provocata dalle indicibili atrocità che la guerra mette di fronte ad uomini un tempo senzienti, ridotti ad uccidere i propri sentimenti in vista di una salvezza il cui valore perde via via di significato.

Il problema de Il grande quaderno è che, superata la prima ora di proiezione, la narrazione comincia ad affrettarsi per far vedere ciò che fino a quel momento aveva solo suggerito, svelando con cruda schiettezza episodi che non fanno che palesare il degrado umano e perdendo di vista la potente allegoria del quaderno, silenzioso detentore dei segreti di due ragazzi che per non morire vendono lentamente la propria anima. Assistiamo così ad uno scivolare rapido e superficiale verso l’epilogo del conflitto e delle vicende, dimenticandoci i poetici presupposti di un film che, almeno per una parte, è riuscito ad offrire uno sguardo sulla guerra e le deportazioni nei campi di concentramento che valesse ancora la pena di raccontare.

Il grande quaderno è dal 27 agosto al cinema distribuito da Academy Two; tra i membri del cast András e László Gyémánt (i gemelli), Gyöngyvér Bognár (la madre) e Piroska Molnár (la nonna).

Giudizio Cinematographe

Regia - 2.7
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

3

Voto Finale