Il gigante: recensione dell’ultimo film di James Dean

Un'epopea famigliare tra le terre del Texas, con un James Dean che da bracciante si ritrova petroliere in ascesa nel suo ultimo film, Il gigante.

Un film del 1956 da nove nomination agli Oscar, di cui un premio vinto come Miglior regista per George Stevens, Il gigante tratto dal romanzo di Edna Ferber rientra in pieno tra i film classici della Hollywood degli anni ’50, dove a farla da padrona erano le lotte di terra, gli amori impossibili ed epici, regolati dalle classi sociali e dalla ricchezza e dove istinti, scelte personali e sentimenti non riuscivano a trovare la loro espressione. È il ritratto del cinema di quel tempo quanto della sua società.

Il gigante: la trama del film con James Dean

Bick Benedict (Rock Hudson) è un ricco proprietario di terre e bestiame in Texas, dove possiede insieme alla sorella la proprietà di Reata, che porta avanti con orgoglio e successo. Gli manca solo una moglie perfetta che troverà in Leslie (Elizabeth Taylor), giovane e bella ragazza del Maryland, ricca, intelligente e di carattere mite e gentile. Questa sua predisposizione infatti a tendere sempre la mano all’altro, anche agli indios della tenuta di Bick, la porterà ad avere non pochi scontri con la sorella di lui e con suo marito stesso, che dovrà più volte ricordale di comportarsi da proprietaria.

Il gigante - Cinematographe.it

Nella tenuta lavora per Benedict un bracciante di nome Jett Rink (James Dean), giovane, gentile e desideroso di fare fortuna, che d’improvviso alla morte della sorella di Bick sembra remargli incontro quando scopre di aver ricevuto in eredità proprio da lei un pezzo di terra. Poco dopo vedrà questa fortuna moltiplicarsi, quando scavando uscirà del petrolio: da bracciante si ritrova così a diventare un magnate in carriera, con l’obiettivo di appropriarsi anche delle terre di Bick, un obiettivo che appare meno complicato rispetto al sogno di far innamorare sua moglie Leslie di lui.

Un film che resta un grande classico del cinema

Oggi ci appare davvero incredibile immergerci in tre ore di film, ma negli anni dorati del cinema di Hollywood, con i suoi scenari e le sue ambientazioni alla costante ricerca di un’estetica che fosse quanto più fedele alla realtà, era la durata media necessaria per raccontare non episodi ma storie di vita. Ed è apprezzabile come Stevens riesca a non far sentire il peso di queste tre ore, anche a distanza di tempo, privilegiando una narrazione dinamica, più che descrittiva.

Il gigante è a suo modo un’epopea famigliare che guarda alla modernità nella sua scrittura: non c’è un focus mirato sulla coppia Bick e Leslie e poi i loro figli, di cui seguiamo l’evolversi delle loro vite senza eccessivi approfondimenti, ma su come una coppia degli anni ’20 nel trascorrere del tempo risponde agli stimoli e ai cambiamenti dell’ambiente, cercando di difendere la loro ricchezza, la loro proprietà in questo caso, e di strapparla alle minacce economiche e sociali del tempo.

Il gigante - Cinematographe.it

Da una parte quindi ci sono i ricchi Benedict, che lo sono da sempre, e dall’altra la minaccia, la variabile che può esserci in ogni tempo e in ogni luogo: è Jett, un James Dean che è fascino e ambizione, che tenta riuscendoci l’impresa che tanti sognavano negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, quella di essere baciati dalla fortuna e di lottare per tenersela stretta.

La musica di Dimitri Tiomkin è un asso portante e, come in ogni film del tempo, è in continuo ascolto dei personaggi, preferendo al silenzio il lirismo degli archi, trasformando ogni fotogramma in un raffinato fermo immagine narrativo che ha nutrito e continua a nutrire il cinema come macchina di sogni e speranze.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.8