Glory – Non c’è tempo per gli onesti: recensione

Dal 21 settembre arriva nei cinema Glory-Non c’è tempo per gli onesti, il film Kristina Grozeva e Petar Valchanov, un ritratto impietoso della società bulgara.

Che valore può avere un vecchio orologio? Poco a prima vista, ma tantissimo invece se si lascia per un attimo da parte il dato puramente materiale. Lo sanno bene Kristina Grozeva e Petar Valchanov, registi di Glory – Non c’è tempo per gli onesti (Slava nell’originale), film bulgaro che farà il suo debutto nelle sale italiane dal 21 settembre, distribuito dalla I Wonder Pictures. Un film che offre più di un livello di lettura, ma inevitabilmente ruota attorno all’idea che gli oggetti abbiano una voce propria, che parlino in un certo senso della vita di una persona, svolgendo di fatto un ruolo importante, ancorché passivo, nella sua esistenza.

Glory – Non c’è tempo per gli onesti: dal 21 settembre in Italia, è il candidato della Bulgaria come Miglior Film Straniero agli Oscar 2018

È il caso del vecchio Glory che Tzanko Petrov, protagonista del film, ha ricevuto in dono dal padre. Un vecchio monile reso unico dal grande valore affettivo, ma anche pratico, perché Tzanko, interpretato da Stefan Denolyubov, di mestiere fa il ferroviere, ligio al proprio dovere nonostante la goffaggine e la grave balbuzie che lo perseguita. Nel momento in cui trova un’ingente somma di denaro sui binari della stazione dove lavora, da bravo impiegato statale non avrà esitazione nel restituire i soldi alla polizia.

Un atto che avrà non poche ripercussioni sulla vita di questo oscuro personaggio: divenuto ormai un simbolo di onestà incrollabile nelle mani del Ministero dei Trasporti, interessato a mettere a tacere le accuse di corruzione sollevate da una recente inchiesta giornalistica, Tzanko si ritroverà invischiato in calcoli politici e strutture amministrative corrotte che ne sconvolgeranno la tranquilla esistenza, obbligandolo a separarsi perfino dal vecchio cimelio del padre, quel Glory del titolo, che rappresenta forse l’unico punto di riferimento constante della sua vita.

Glory

Inizia così questa epopea comico-grottesca che gira attorno ad un piccolo eroe dei nostri tempi. Un personaggio candido, ingenuo, rispettoso delle leggi non perché animato da alti ideali di onestà e giustizia ma in quanto figlio di una morale ormai scomparsa, quella contadina, dei nostri nonni, un’etica del lavoro che non sa nulla dell’avidità di uno stato degenere, funzionari collusi con il potere e giornalisti interessati più alla fama che alla deontologia della professione.

Glory – Non c’è tempo per gli onesti: un ritratto impietoso in cui l’onestà individuale si scontra con una società corrotta

Vera e propria anomalia all’interno di questo mondo di arrivisti, Tzanko è ancora più solo a causa della balbuzie, al punto da innalzare intorno a sé un muro fatto di silenzi, confortato soltanto dalla muta compagnia dei conigli di cui si prende amorevolmente cura ogni giorno. Tutti elementi che lo renderanno assolutamente odioso agli occhi della sua diretta antagonista, l’implacabile Julia Staykova, PR del Ministero dei Trasporti, interpretata da una bravissima Margita Gosheva: il classico tipo della donna di successo, realizzata dal punto di vista professionale, ma tirannica nella vita e sul posto di lavoro, ormai immortalato da Meryl Streep nel Diavolo veste Prada.

Una donna, soprattutto, spietata e materialista quanto basta da considerare la stessa gravidanza, portata avanti con noncuranza a suon di cure ormonali, una mera formalità che non può distoglierla da quelli che, per lei, sono gli affari veramente importanti. Tra i due si viene a creare così un antagonismo perfetto, esaltata ancora di più dalla recitazione dei due attori, agitata e scomposta quella della Gosheva, misurata quella del protagonista maschile, che sembra quasi voler trattenere quel profondo senso di disperazione, che permea di sé tutto il film.

Glory

Merito anche di una narrazione efficace che si affida più alle immagini, molto spesso costruite sui primissimi piani, che ai dialoghi, del resto quasi del tutto ostacolati dalla balbuzie del protagonista. Glory – Non c’è tempo per gli onesti svolge così un effetto volutamente disturbante sullo spettatore, già a partire dalle inquadrature caratterizzate da un largo impiego della camera a mano, in sequenze spesso volutamente sporche e fuori fuoco.

Il realismo della vicenda, tuttavia, scivola ben presto nella farsa vera e propria, come dimostra la ricorrenza di certe scene quali lo scambio dei pantaloni e delle camicie tra Tzanko e i funzionari statali, allo scopo di rendere il povero ferroviere presentabile davanti alle telecamere. Una farsa che, nella seconda metà del film e fino allo spiazzante finale, lascia definitivamente il posto alla tragedia.

Glory

I due registi sfruttano così ancora una volta la forza del cinema per raccontare il proprio paese, indagando certe dinamiche sociali e politiche che non sarebbe poi tanto sbagliato applicare anche al nostro. Un’operazione per altro non nuova ai due, che già con il precedente The Lesson – Scuola di vita, presentato al Toronto Film Festival nel 2014, si erano cimentati in una narrazione filmica a partire da una storia vera, tratta direttamente dalle cronache locali.

Kristina Grozeva, non a caso, nasce come giornalista, che fa quello dell’onestà individuale, contrapposta ad una società, invece, profondamente corrotta, un tema caro e ricorrente nella sua produzione. Il risultato, anche stavolta, è un film impietoso che non risparmia nessuna umiliazione ai propri personaggi e non lascia scampo nemmeno allo spettatore, ponendolo direttamente di fronte ad un ritratto dell’oggi assolutamente desolante e senza speranza.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 3

2.8