Venezia 76 – Fellini fine mai: recensione

Recensione di Fellini fine mai, documentario che divide il suo racconto in due parti, diventando scollegato e per nulla ai livelli del suo protagonista, Federico Fellini.

Fellini fine mai. Un titolo bellissimo, che rappresenta a pieno l’incontenibile energia di uno dei più importanti cineasti italiani e del mondo, che viene presentato alla 76esima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Peccato, però, che il documentario al quale questo titolo si rifà non sia altrettanto apprezzabile. Diretto da Eugenio Cappuccio, il lavoro passato al festival è l’intenzione di una divisione netta tra due parti del racconto che non riescono però a coincidere nella messa insieme, deludendo comunque entrambe le fasi e producendo un lavoro mal cucito e dal risultato sciatto.

Nella prima metà del documentario da ottanta minuti, Cappuccio ripercorre sommariamente il lavoro di Fellini per concentrarsi sull’esperienza personale che lo ha portato alla conoscenza del maestro. Dalla Rimini di Amarcord all’esperienza del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, il regista percorre i passi che rappresentano più l’ultima parte della carriera del famoso cineasta, invece che offrirne uno spettro ben più ampio, scegliendo di riportare in primis la propria esperienza con l’autore, che lo ha condotto fino a ricoprire il ruolo di aiuto regia per il film del 1986 Ginger e Fred.

Fellini fine mai – Federico Fellini e quei lavori rimasti incompiuti

Federico fine mai, cinematographe.it

Una visione non solo parziale di quello che Fellini ha rappresentato per il cinema tutto – e, probabilmente, per Eugenio Cappuccio stesso -, che si abbandona a immagini di repertorio e video dai set, non utilizzandoli mai per costruirci attorno un discorso discreto, ma incastrandole a caso in un’opera così dalla fattura scialba e raffazzonata. In contrapposizione con quella seconda parte che sceglie invece di prendere tutt’altra piega, cambiando addirittura l’atmosfera e il tono dell’opera. Questo suo distaccarsi dal nucleo iniziale, porta il documentario a concentrarsi su di un tema ben più oscuro della vita di Federico Fellini, misterioso. Un caso su cui sarebbe stato, forse, ben più intelligente costruisci attorno l’intera sceneggiatura del documentario, vista la quantità di elementi e motivi di interesse che avrebbe potuto suscitare.

La seconda parte di Fellini fine mai si addentra nell’enigma dei lavori portati avanti, ma mai messi in atto dal regista: Viaggio a Tulum e Il viaggio di G. Mastorna. Raccontando di universi paralleli, di mondi ultraterreni, di materie spazio-temporali, il lavoro di Eugenio Cappuccio rivela l’avventura ai confini della realtà percorsa da Federico Fellini assieme ad alcuni suoi amici e collaboratori. Un viaggio lontano dall’Italia e costellato da eventi al limite del sovrannaturale, di cui pochi saranno probabilmente a conoscenza, e che avrebbero potuto costituire il nucleo centrale – nonché unico – dell’operazione del regista.

Fellini fine mai – un documentario naïf, che non rende giustizia al suo protagonista

Federico fine mai, cinematographe.it

Un lavoro talmente scollegato, incapace di utilizzare la grande risorsa degli archivi sul regista, da risultare sprecato. Un’idea dietro la sua elaborazione confusa e insufficiente, che peggiora se stessa nel momento in cui viene messa in atto e, soprattutto, nell’estetica che sceglie per mostrarsi. A confronto con materiali di repertorio di una bellezza autentica, le riprese e gli inserti originali di Fellini fine mai presentano non solo la bassa qualità del mezzo utilizzato, ma il poco gusto con cui vengono effettuate le riprese e la qualità visiva e compositiva dell’immagine. Un lavoro che sfocia, volontariamente o meno, in un trash inspiegabile, che non rende assolutamente valore al genio che era Fellini.

Fortunatamente sono gli sketch stessi del regista de La dolce vita a sostenere il documentario, comunque dimenticabilissimo, di Cappuccio. Un’ironia e un estro che passano nonostante i momenti con l’autore sullo schermo non siano poi molti, ma che bastano per riportane tutta la vitalità con cui si approcciava alla settima arte. Un documentario naïf, che non sa evidentemente come rendere giustizia al suo protagonista.

Regia - 1
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 1
Recitazione - 1
Sonoro - 1
Emozione - 1

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