Embers: recensione del film fantascientifico di Claire Carré

Un mondo abbandonato, un futuro imprecisato: i sopravvissuti alla pandemia che ha colpito il pianeta dieci anni prima devono fare i conti con gli effetti del virus, fra cui la perdita della memoria anterograda e retrograda. I superstiti non possono ricordare chi fossero prima del contagio, ma non sono più neppure in grado di acquisire e formare nuovi ricordi: l’umanità si ritrova, dunque, in un viaggio perpetuo verso il futuro senza alcuna coordinata di ciò che è pregresso, in un peregrinare senza certezze e senza meta. Embers, di Claire Carré, si aggiudica il premio Asteroide al Trieste Science+Fiction Festival del 2016, e non è complicato spiegarsene i motivi.

Embers: un mondo in cui l’umanità ha perso il proprio passato

Embers: recensione del film fantascientifico di Claire Carré

Il film di Carré ritrae uno scenario post-apocalittico convincente proprio perché parziale, visivamente limitato dalle soggettività (di chi lo vive e di chi lo osserva, siano i protagonisti del film o lo spettatore stesso) e sfumato, come i contorni di un incubo che è angosciante per indifferenza più che per malignità. Le anime perse dell’universo di Carré sono molteplici e occupano tutti una porzione di racconto equa. C’è un ragazzo che ogni giorno si sveglia accanto a una ragazza, ed entrambi finiscono col chiedersi chi l’altro sia, per poi ritrovarsi ogni volta grazie a un braccialetto uguale che entrambi portano sul proprio polso; c’è uno scienziato che tenta, senza possibilità di immagazzinare le nozioni raccolte, l’impresa dello studio dei processi che rendono impossibile il recupero della memoria per l’umanità, per provare a trovare un rimedio; c’è un bambino che si ritrova vagabondo in una terra desolata, con il suo come unico punto cardinale dei suoi giorni; c’è un ragazzo che, approfittando della costante perdita dei ricordi, si fa protagonista e portatore di disordine e violenza, rubando e stuprando; c’è, infine, una ragazza che si ritrova prigioniera del suo bunker assieme a suo padre, entrambi risparmiati dal contagio e quindi vincolati alla reclusione in una bolla d’oro in cui suonare il violoncello e “sfogliare” i digitali album di famiglia, dove anche i morti tornano in vita, diviene l’unico passatempo possibile.

Embers: recensione del film fantascientifico di Claire Carré

Claire Carré non ha timore del budget tutt’altro che cospicuo per mettere in scena un mondo di finzione sopravvissuto alla catastrofe impalpabile di un virus (i riferimenti all’attuale situazione globale sono naturali, sebbene il film sia stato realizzato nel 2015): Embers è un’opera dai tratti indie che, ben consapevole dei suoi mezzi limitati, fa intelligentemente leva sull’importante materia concettuale che la storia fornisce in modo spontaneo: se a ogni individuo protagonista viene negato qualsiasi appiglio al passato, recente o remoto, allora lo sguardo narrante non solo può ma deve, addirittura, essere relativo e confinato alla ripetizione di pochi luoghi, pochi oggetti, poche persone, pochi passi. Ed ecco che, quindi, la regista fa brillante uso di edifici diroccati, parcheggi di supermercati dimenticati, vicoli angusti e periferici, per comporre uno spazio omogeneo e dagli stessi toni grigi, quasi a suggerire che si tratti non solo della stessa città ma anche di una stessa zona a tutti comune (anche se non sappiamo quale, perché poco conta).

Embers è una riflessione sul peso della memoria e sull’identità

Embers: recensione del film fantascientifico di Claire Carré

Embers nasce da un’idea singolare, originale (sebbene non nuova), che da sola basterebbe a sollevare un’infinita meditazione sul peso della memoria e sul senso del passato, non più considerato come un sistema di nozioni e intreccio di eventi indipendente, indagabile a prescindere dal sé soggettivo, bensì come sua parte integrante ed elemento capitale per la formazione della propria identità. La domanda che spinge la narrazione di Embers in avanti è “cosa sarebbe un individuo senza il proprio passato?”, ma la sensazione che si ha è quella di un groviglio filosofico che un’opera così essenziale, così leggera, non potrebbe districare senza una sceneggiatura più solida.

Non è l’ambizione ciò in cui pecca Carré; vorremmo, anzi, vedere più film così coraggiosi anche nel futuro imminente. È, piuttosto, l’assenza di una traiettoria per ogni protagonista (eccetto i due amanti), che si ritrova dunque a girovagare in un contesto sì ammaliante – persino per chi è sopravvissuto al contagio e ora preferirebbe smarrire i propri ricordi, piuttosto che vivere un altro giorno privata della bellezza dell’esistenza e della libertà, come la protagonista di Greta Fernàndez – ma senza alcuna meta, rendendo poco fluida la narrazione. D’altronde avere un obiettivo, seppur minimo e circostanziale, è parte di quel primordiale istinto di sopravvivenza che nemmeno un’amnesia potrebbe mai rubare all’essere umano.

Embers è disponibile sulla piattaforma streaming Sci-Fi Club.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.7