Venezia 76 – Ema (2019): recensione del film di Pablo Larraín

Pablo Larraín torna alle sue radici con Ema, per trattare la figura del femminile oggi, tra il sesso, la rivoluzione, la libertà e l'essere madre.

Pablo Larraín ritorna a casa. Passata l’esperienza nel cinema americano, che si affermava ulteriormente nell’esplorazione del lutto della sua icona storica e di stile Jackie Kennedy, il cineasta cileno riaccende il fuoco delle proprie radici non solo tornando nella madre patria, ma ad una filmografia che ritrova la durezza cinica di una pellicola come Tony Manero, per un rientro da affrontare a passo di danza. E proprio di madre Ema voleva parlare. Di una madre che è poi tutte le madri. Genitrice, allevatrice, madre anche quando non ha partorito, quando non sa trattare con il proprio figlio. Madre perfetta, che perfetta non può mai esserlo, madre arrabbiata perché non sa prendersi cura del proprio bambino.

Una madre, tutte le madri. Ema è un ritratto così coraggioso, così anticonvenzionale della figura cardine della vita stessa sulla Terra, che si sviluppa, cambia, si evolve. Madre che è prima di ogni altra cosa Donna. Donna come l’intero film di Pablo Larraín.

Ema: ecco il trailer del film di Pablo Larrain con Gael Garcia Bernal

Ema – Alla ricerca della libertà di essere donnaema, cinematographe

Costretti a rinunciare al figlio da poco adottato, Ema (Mariana Di Girolamo) e Gastón (Gael García Bernal) si separano. Le colpe sono sempre spartite: tu sei una pessima madre, tu sei un pessimo padre, tu non lo volevi, tu lo volevi troppo. Dalla separazione tra la ballerina e il coreografo scaturirà una incandescente energia nella vita di Ema, intenta a trovare un modo per tornare accanto al proprio bambino, a cui non ha intenzione di rinunciare.

Pablo Larraín, Alejandro Moreno e Guillermo Calderón. Sono tre uomini gli autori della sceneggiatura di Ema, tre rivoluzionari che, sbalordendo per la loro comprensione a tratti sopraffina, descrivono con la sincerità dell’ascolto il grido di emancipazione della loro protagonista. Sconcertante è infatti scoprire la matrice dietro il diritto alla libertà di Ema. Un orgasmo tutto femminile stimolato in verità dalla mente – e dall’altrettanto messa a nudo – di tre uomini, pronti alla sollevazione non di ciò che rappresenta essere una donna, ma cosa significa essere una donna.

Dal sesso alle confidenze private, allo spirito comune fino al rifiuto di dover abdicare forzatamente dal ruolo di genitore. La Ema di Pablo Larraín è la sfrontatezza che rivendica il proprio stato di persona auto-determinata, una moltitudine di personalità che non devono obbligatoriamente sottostare ai doveri di una società che vuole contenere. La lotta per il riappropriarsi del proprio corpo e per reclamare la propria natura autonoma, passa per lo scontro di genere più aggressivo e provocatorio, per lo spaesamento dell’uomo di oggi che non sa come gestire la propria controparte tanto furiosa, tanto diversa, tanto arrabbiata.

Ema – Sesso, libertà, danza, maternitàema, cinematographe

La presa di coscienza fisica ed emotiva di cui Ema si fa raggio catalizzatore, irradia la sua essenza per elevarsi a una vivisezione intima e brutalmente schietta del femminino contemporaneo, riflessa nella danza indisciplinata di Mariana Di Girolamo che è non la voglia, nemmeno il bisogno, ma la rivendicazione assodata di una libertà che le appartiene. Che appartiene a tutte le donne. E, nell’orgia carnale e identitaria della protagonista – e di tutte le sue dame di contorno -, la bellezza di Ema è il ritornare a quella fonte di vita che è la madre, con tutti i suoi vezzi, le responsabilità sviate, insieme in quell’unica individualità che non ne esclude la parte torbida, inalienabile, che ne comprende l’amorevolezza, la cattiveria e quella incedibile sensualità.

Nella sua pellicola più sfrontata, Pablo Larraín non dimentica la poesia per un film sfacciatissimo, artefatto all’inverosimile pur inquadrando una situazione radicata nell’attualità. L’eleganza selvaggia del regista cileno che si tramuta in trasgressione e ballo verso la sua opera più contemporanea. Verso le donne di oggi. Perché alla fine si vuole solo ridere, ballare, scopare. E si vuole semplicemente essere delle madri.

Regia - 5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 5
Emozione - 5

4.5