Venezia 75 – Deslembro: recensione del film di Flavia Castro

Deslembro parte con le migliori intenzioni, per poi deludere progressivamente avvicinandosi alla fine.

Flavia Castro debutta alla regia e alla Mostra del Cinema di Venezia con la sua prima opera, intitolata Deslembro, una pellicola di formazione che ha come protagonista Joana, ragazzina sedicenne che per volere della madre e del suo patrigno è costretta a tornare nel paese natio, il Brasile, dopo essersi trasferita in Francia quando era solo una bambina. Il film della Castro, ambientato negli anni ’80, porta con sé l’ambiguità di due paesi, uno appartenente all’America Latina e l’altro europeo, su cui si costruisce la crescita e l’evoluzione del personaggio femminile principale.

In Deslembro il Brasile appare inizialmente come una terra remota degli orrori, che custodisce un segreto appartenente al passato familiare di Joana. Fin dai primi momenti della pellicola viene messa in scena una chiara duplicità, non solo geograficamente parlando, ma anche da un punto di vista metaforico. La Francia simboleggia, almeno apparentemente, un porto sicuro in cui la madre e la piccola Joana si sono rifugiate dopo gli avvenimenti tragici d’oltreoceano (la scomparsa del padre).

Si può definire un film di formazione non solo considerando il personaggio di Joana, ma anche dei suoi due fratellastri minori, i quali vengono scombussolati, allo stesso modo della sorella, dalla repentina decisione di tornare in quel Brasile misterioso e ricco di ombre inesplorate.

Deslembro: le atrocità di un paese sono viste attraverso lo sguardo innocente e ignaro della protagonista

Deslembro Cinematographe

Il ritorno in Brasile corrisponde a una maggiore consapevolezza, legata a ricordi frammentari che, come un puzzle, tentano di costruire ciò che la ragazzina ricorda dei suoi primi anni vissuti nel Paese, quando il padre era ancora vivo. Dal momento in cui la famiglia si trasferisce, alla storyline di base vengono alternate sequenze che possono sembrare oniriche, ma che, in realtà, non sono altro che flashback non lineari di una Joana bambina. Abbastanza convincenti anche le performance di un cast composto da attori non professionisti che, sebbene a volte appaiano un po’ sottotono, riescono comunque a offrire delle buone interpretazioni, calandosi facilmente nei rispettivi personaggi.

Flavia Castro realizza un film tratto da un’esperienza autobiografica, a cui poi si aggiungono gli inevitabili elementi di finzione, accostando al tema della memoria – topic più volte reiterato nelle più svariate pellicole cinematografiche – la crescita di una ragazzina, che in piena fase adolescenziale affronta il cambiamento e allevia il suo malessere avvicinandosi alla musica rock e alla letteratura (non a caso il libro che la accompagnerà per tutta la durata del film è I tre Moschettieri, che simboleggia la volontà di Joana di tornare nella terra d’adozione, la Francia).

Deslembro inizia con le migliori intenzioni, deludendo in seguito nel finale

Alla fine l’identità culturale che prevale è, però, quella brasiliana: conferma data dallo spirito di adattamento di Joana alla sua nuova vita, caratterizzata dal primo amore e dalla complicità inaspettata ritrovata nella nonna paterna. Fondamentalmente, Deslembro è un debutto alla regia positivo per la Castro, sebbene non convinca fino in fondo, lasciando gli spettatori con un senso di incompiutezza e con vari punti interrogativi.

Il fulcro principale della pellicola, ovvero la memoria e i ricordi legati tra loro senza un filo logico, alla fine, non viene approfondito come dovrebbe, evidenziando un prevalere di una narrazione di formazione, a discapito di ogni altra storyline e di ogni altro tema trattato. Una cosa però è certa: a trasparire è una continua voglia di vivere, che si percepisce in ogni inquadratura, in ogni espressione e in ogni movimento della macchina da presa.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.5