A Civil Action: recensione del film con John Travolta e Robert Duvall

Lo studio dell’avvocato Jan Schlichtmann (John Travolta) non è né potente né rinomato, tuttavia è specializzato in infortunistica, e negli anni si è creato un piccolo “regno” professionale che permette a Jan e ai suoi soci di esercitare la professione in modo abbastanza redditizio e sereno. Jan è un individuo molto materialista, interessato solo ai soldi, al lusso e a consumare aperitivi con i suoi soci subito dopo le veloci udienze per i contenziosi insignificanti con cui manda avanti il suo studio di Boston. Un giorno però alla loro porta bussa Anne Anderson (Kathleen Quinlan), abitante della piccola città di Woburn, che chiede loro di assumere il patrocinio per una causa (A Civil Action appunto) che gli abitanti vogliono intentare contro due colossi industriali: la Beatrice Foods e la WR. Grace & Co.

Stando ai residenti, infatti, le industrie avrebbero inquinato con i loro scarichi le falde acquifere di cui si serve la città, causando la morte di 13 bambini, ammalatisi di leucemia., e ora le famiglie chiedono a Jan e al suo studio di aiutarli ad avere giustizia. All’inizio Jan è dubbioso circa l’esito di un’eventuale causa, ma alla fine accetta, sicuro dei suoi mezzi, delle prove e di una vittoria che lo lancerebbe verso il firmamento del mondo forense. Tuttavia il compito si presente arduo per tutta una serie di motivi….

A Civil Action: una causa legale ricca di insidie

In primis in caso di vittoria, le due industrie sarebbero costrette a chiudere, il che comporterebbe un enorme numero di licenziamenti nella città, inoltre Jan e i suoi soci si trovano da subito contro l’odioso giudice Skinner (John Ligthow) che sembra deciso a far di tutto per aiutare gli avvocati della difesa, capitanati dall’esperto, freddo e machiavellico Jerry Facher (Robert Duvall).

In poco tempo per Jan e gli altri componenti dello staff il caso comincia a diventare una sabbia mobile che ne risucchia finanze, vita privata, sogni e beni ma che porterà in poco tempo Jan ad essere sì molto più povero materialmente ma anche molto più ricco moralmente, andando oltre se stesso, lasciandosi alle spalle egoismo, superficialità ed arroganza.

In un finale amaro ma non per questo privo di bellezza, A Civil Action fa abbracciare allo spettatore la consapevolezza che nella realtà le cose non vanno sempre come dovrebbero, la giustizia ha vie misteriose e che spesso il coraggio di fare la cosa giusta ci rende odiosi al 90% del genere umano, composto da codardi e ignavi.

Diretto da Steven Zaillian (premio Oscar per la sceneggiatura di Schindler’s List e regista di Tutti gli Uomini del Re e In Cerca di Bobby Fisher) A Civil Action è tratto dall’omonimo romanzo di Johnatan Harr, a sua volta ispirato alla vera storia di Jan Schlichtmann e al processo contro la  W. R. Grace e la Beatrice Co., che a differenza di come indicato nel film (girato ed ambientato nel 1998) risale alla metà degli anni ’80.

A Civil Action ha una regia robusta ed una sceneggiatura (sempre di Zaillian) che riesce a far appassionare lo spettatore ed ad evitare i tempi morti, i deja vu e l’inutile retorica che sovente ammorba i film giudiziari, condannandoli al ridicolo o al tronfio.

Uscito in un periodo poco felice (dovette contendersi il botteghino con mostri come Shakespeare in Love, The Prince of Egypt, Stepmom e Patch Adams) fu male accolto dal pubblico, eppure rimane uno dei migliori film di fine anni 90, soprattutto grazie ad un grande cast e ad una trama ottimamente congegnata. Nel film infatti vediamo tra gli altri Tony Shalhoub, William H. Macy, Sydney Pollack, James Gandolfini e Stephen Fry.

John Travolta, alle prese con un personaggio mutevole, umanissimo ed eternamente in bilico tra grandezza e miseria, se la cava egregiamente, donandoci una delle sue migliori (e più sottovalutate) interpretazioni. Ma sono i cattivi che danno a A Civil Action una marcia in più, con il Giudice Walter J. Skinner di John Lithgow che si aggiudica la palma di possessore di martello più antipatico di sempre, la toga che nessuno di noi vorrebbe trovarsi di fronte a decidere della nostra vita. Tuttavia è Robert Duvall il vero asso nella manica di questo film aspro, triste ma intenso, sublimato nelle sue atmosfere dalla bellissima fotografia di Conrad Hall.

Il suo Jerry Facher è in assoluto uno dei cattivi migliori mai visti in un film, una delle migliori personificazioni dell’essenza dell’attività forense, di come ad un tempo siamo portati ad odiarla ed amarla così come amiamo ed odiamo il suo personaggio.

Facher è un avvocato nel senso più alto (o più basso?) del termine. È pronto a qualsiasi trucco, ad ogni mossa pur di far vincere il suo cliente e non possiamo che restare affascinati dalla maestria con cui Duvall si cuce addosso un uomo armato di intelligenza, esperienza, profondità psicologica, capace di muovere in aula (e fuori) le sue pedine con la stessa maestria di un giocatore di scacchi.

E noi, mentre tifiamo per Jan, condannato dalla sua mancanza di esperienza, dal suo idealismo, non possiamo fare a meno di restare estasiati dalla saggezza emanata da questo vecchio samurai del foro, capace di impersonificare in modo semplicemente perfetto l’essenza dell’essere un avvocato.

Non è un caso che A Civil Action sia stato candidato a due Oscar: come miglior fotografia e, naturalmente, come miglior attore non protagonista a Robert Duvall. Purtroppo nel 1998, come già ricordato, vi erano film molto più sponsorizzati (e perché no, forse anche più belli) ed entrambi i premi furono assegnati ad altri. Ma si tratta di una sconfitta onorevole e che rende  comunque merito ad un film bello e sottovalutato, che vi invitiamo a riscoprire come uno dei più fulgidi esempi di cinema sociale d’oltreoceano.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.7