Calcinculo: recensione del film di Chiara Bellosi

Un'opera che trova la sua forza nella rappresentazione di una bellezza effimera.

Non si può rimanere per sempre in un parco divertimenti, ammirare all’infinito la bellezza di una farfalla, anche il trucco non rimosso ricompare il giorno dopo. Prima o poi bisogna “scendere dalla giostra”: la vita negli sbandamenti, negli errori, nelle delusioni, la mortificazione del sentirsi soli e superflui; e iniziare a crescere godendo anche semplicemente di dettagli da scoprire o di una bella vista in lontananza. Calcinculo, il secondo lungometraggio dopo Palazzo di Giustizia diretto da Chiara Bellosi, prodotto da Tempesta con Rai Cinema e presentato alla Berlinale 72 nella sezione Panorama, si presenta “come una fiaba del giocare con la realtà“. Distribuito da Luce Cinecittà, arriva nei cinema italiani dal 24 marzo 2022.

Calcinculo e la sregolata complicità fra due emarginate

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Con una camera a mano la regista segue la vita della quindicenne in sovrappeso Benedetta che vive con un padre assente impegnato nelle sue “passioni” e una madre con la testa altrove che ha rinunciato a malincuore al sogno di diventare ballerina di successo. La madre di Benedetta (Barbara Chichiarelli) controlla spesso l’alimentazione della figlia e cerca di correggere il suo comportamento per farla dimagrire. Ma il mondo delle regole (anche familiari) davanti al quale Benedetta resta affamata e passiva diventa presto insostenibile. Tutto inizia a cambiare dopo l’arrivo delle giostre, quando la ragazzina incontra la transgender Amanda (una bella prova attoriale per Andrea Carpenzano) con cui entra subito in confidenza.
Benedetta e Amanda sono due emarginate che subiscono anche attacchi di body shaming e iniziano a legare le loro esistenze.
Amanda lavora in quel luna-park (distribuisce i premi dei giochi) e Benedetta vorrebbe seguire il suo mondo randagio: fa un provino con lei e la segue in una sala da ballo; le due si divertono sul calcinculo (un tipo di giostra in cui i sedili, sospesi a lunghe catene, vorticano nel vuoto) dove finalmente Benedetta si sente libera. Chiara Bellosi la libera soprattutto in questa scena. L’abbozzo di sorriso della protagonista arriva dopo trentacinque minuti di visione; sotto la nuova influenza di Amanda, Benedetta rientra tardi a casa, marina la scuola, resta fuori tutta la notte. La sregolatezza inizia ad affascinarla mentre la cinepresa indugia sui primi piani e si concentra sui dettagli: volti e campi di papaveri; non solo i fiori, anche le farfalle vengono mostrate in raccolta, in solitaria o in rotta verso le fiamme perché la bellezza, si sa, dura poco, quanto basta forse per un volo.

Il fil rouge di Calcinculo è la bellezza effimera, che però non trova il tempo di arrivare al cuore

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Si apprezzano le musiche originali di Fabrizio Campanelli e di Giuseppe Tranquillino Minerva che riescono a far percepire allo spettatore il senso di libertà che sprigionano i
momenti di spensieratezza vissuti da Benedetta. Nonostante il titolo “energico” dell’opera, in realtà in alcune scene la regista riesce a offrire uno sguardo delicato su temi altrettanto delicati, tocca tematiche importanti come i rapporti familiari e con il proprio corpo, le difficoltà della crescita, il desiderio di libertà e di indipendenza e l’importanza di perseguire una passione. Ma il vero fil rouge è la bellezza effimera: una bellezza effimera che però non riesce ad arrivare al cuore di chi guarda.
A noi appare come un’opera confusa: un’eterogenea collezione di immagini che probabilmente risente di una scelta complessiva di regia con cui si cercano di valorizzare i dettagli, le sensazioni e i brividi di un momento. Abbiamo accolto bene la bellezza di alcuni frammenti di Calcinculo e anche la delicata e instabile complicità fra Benedetta e Amanda, ma ci è mancato un vero coinvolgimento emotivo.
Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.3