Blue Miracle – A pesca per un sogno: recensione del film Netflix

Su Netflix una storia di pesca e ragazzi in difficoltà per sensibilizzare il pubblico su alcune piccole realtà sociali ancora poco conosciute. Blue Miracle è disponibile dal 27 maggio.

Nel suo primo lungometraggio The Vessel del 2016, Julio Quintana segnava il suo esordio con un film che già allora raccontava una storia di strutture educative per l’infanzia distrutte da catastrofi naturali, risanate poi da uomini qualunque diventati eroi per la loro ostinata corsa verso la speranza. Nonostante quell’opera abbia di fatto siglato la sua originaria firma da regista e autore, il cineasta dalle origini cubane aveva alle spalle una carriera da montatore, direttore della fotografia e operatore di macchina, vantando collaborazioni con pilastri del cinema quali Terrence Malick. The Vessel predisponeva – forse tracciando un ipotetico fil rouge tematico – un tipo di racconto fortemente umanista che oggi, cinque anni dopo, riemerge altrettanto forte in Blue Miracle, il film Netflix con Jimmy Gonzales e Dennis Quaid disponibile sulla piattaforma dal 27 maggio.

Blue Miracle – A pesca per un sogno: una storia vera diventa un film per Netflix

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Tratto da una storia realmente accaduta, Blue Miracle ricostruisce in chiave di dramma a sfondo sportivo la vicenda di Casa Hogar, l’orfanotrofio messicano di Cabo San Lucas che nel 2014 fece scalpore per la sua incredibile vittoria al Torneo annuale di Bisbee Black & Blue, la competizione di pesca sportiva più importante del paese da oltre trent’anni. Gestita da Omar (Jimmy Gonzalez) e da sua moglie Becca (Fernanda Urrejola), la casa famiglia in questione ospitava, e ospita tuttora, un numero quanto più realizzabile di adolescenti e ragazzi delle periferie del paese; figli di genitori incapaci di prendersene cura o orfani di padri e madri intricati nella malavita locale. Costretti di rimando ad una vita ai margini, predisposti a piccoli reati o coinvolti in gang affiliate a famiglie mafiose, molti di loro vengono affidati alla coppia con dedizione al loro recupero educativo e scolastico, offrendo loro riparo e disciplina.

Nonostante le evidenti difficoltà economiche e le grane con la banca che reclama una somma impossibile, Omar è ostinato nel suo intento e una volta introdotto Moco (Miguel Angel Garcia) l’ultimo dei ragazzi destinati alla pena detentiva per il furto di un orologio, il tutore si trova difronte all’ennesimo imprevisto: Casa Hogar è allagata dall’Urgano Odile, un ciclone tropicale mai stato così violento negli ultimi anni. Tutto cambia quando il destino dei ragazzi di Hogar e il campione di pesca Capitano Wade (Dennis Quaid) – unico a vincere per ben due volte consecutive – s’incrocia nella possibilità di unire le proprie forze e capacità per tentare di vincere assieme la tre giorni di Bisbee e portare a casa la somma necessaria alla ricostruzione della casa famiglia. La sfida non sarà solo la cattura del Marlin Blu più pesante, ma simbolicamente di utilizzare quell’esperienza come possibilità di crescita e miglioramento, imparando dalla pazienza e dalla caparbietà richieste dalla pesca: attività sconosciuta dal Team Hogar sino a quella prima occasione, ma la cui inesperienza ripagherà con la determinazione.

L’altra faccia di Cabo San Lucas e la pregevole scelta di raccontare una realtà invisibile

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Cabo San Lucas, conosciuta prettamente per il suo allure vacanziero e glamour di numerosi nord americani amanti degli scorci balneari tra il Messico e la Bassa California, nel film di Quintana mostra il suo lato meno patinato e diventa territorio molto più complesso, salvifico e a tratti magico di una storia vera narrata principalmente con lo scopo di sensibilizzare il pubblico a piccole realtà sociali spesso invisibili, rette da esigue donazioni private e senza alcuno scopo di lucro. I ragazzi di Casa Hogar infatti furono il primo team messicano a vincere quel torneo e quella somma vinta riuscì a far rivivere la struttura, ampliando anche la possibilità di creare una sezione femminile.

Il regista e sceneggiatore, assieme all’altro co-autore Chris Dowling, ritorna dunque ad annotare tematiche molto simili al suo film d’esordio, confezionando in un film per tutta la famiglia una vicenda poco conosciuta, ricalcata su modalità del climax ascendente e del messaggio finale sulla formazione giovanile attraverso la messa in pratica di prove solo apparentemente impossibili. Alla base di Blue Miracle, come già accenna il suo titolo, una scelta cromatica talmente blu/azzurra e marina da ritrovarla (forse poi non così casualmente), nel setting, dell’abbigliamento e nell’esaltazione evidente del colore dell’oceano, rimanendo però sfizio cinematografico per appagare l’occhio.

Il pregio dell’opera di Quintana rimane nella sua umana scelta di prediligere storie invisibili e riportarle ad un pubblico trasversale. Ma, nonostante il nome altisonante di Dennis Quaid, il film non ha la forza per pescare un pescecane e rimane a galla in attesa di un finale già scritto nella Storia (vera). Forse manca il tuffo coraggioso dall’alto, lo sguardo all’orizzonte o anche solo la forza di tentare un percorso diverso da quello previsto dal genere.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

2.1

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