8 Rue de l’Humanité: recensione della commedia Netflix di Dany Boon

Dal regista di Giù Al Nord, una commedia che affronta a viso aperto la condizione limitante della pandemia da Covid-19, con un condominio messo alla berlina tra vizi e virtù strappate via. Una conduzione sfiancante non valorizza appieno il potenziale del film.

La commedia parigina 8 Rue de l’Humanité è un film dalle premesse interessanti, che ritrae il caos causato dalla pandemia da coronavirus quando ha colpito il mondo nel 2020. Proprio come le molte diverse famiglie sparse in tutto il mondo, ci sono ovviamente soggetti che vivono nello stesso appartamento e che possono provenire da diversi percorsi di vita, ognuno con il proprio carico di sfide da affrontare e problemi da risolvere. 8 Rue de l’Humanité, scritto, diretto ed interpretato da Dany Boon e in streaming su Netflix dal 20 ottobre, è una leggiadra allegoria di ciò che la vita era ed è stata dall’inizio della pandemia e dei vari modi e fasi in cui le persone si sono adattate per far fronte al virus mortale.

Come protagonisti abbiamo sette famiglie vivono in un condominio parigino e non sono scappate in campagna all’arrivo del coronavirus. Tre mesi di vita in isolamento riveleranno il meglio e il peggio di questi vicini.

8 Rue de l’Humanité: una storia corale che si ritrova subito col fiato corto sul fronte realizzativo

8 rue de l'humanité recensione film netflix cinematographe.it

Una location contenuta e diversi nuclei familiari che sono costretti a conoscersi, consolidarsi coi rapporti e convivere durante un periodo storico che ormai ci ha segnati profondamente. Numerosi i profili rappresentati: ci sono quelli le cui percezioni e visioni della vita sono sopra le righe, con il presupposto che nessuno sano di mente si conformerebbe a loro, ce ne sono altri con cui il pubblico può relazionarsi al 100%. La maggior parte dei difetti dei personaggi sono abbastanza ragionevoli date le circostanze in cui si trovano, ma lo scontro tra il variegato gruppo di presunti pazzi non convince appieno.

Gli attori di 8 Rue de l’Humanité si limitano ad eseguire un copione ricco di stereotipi e battute al vetriolo con il minimo impegno, anche se i loro ruoli potrebbero delineare uno spaccato della società parzialmente accurato. Ritraggono un’ampia varietà di emozioni che vanno dalla gioia alla tristezza, dalla rabbia alla frustrazione. Quello che manca, soprattutto, è una chimica magica al punto che non si riesce a percepire la sensazione di pericolo, i rischi da correre quando si rimane esposti al virus o il panico generale alimentato dai media. Il film ha l’impellente necessità di ripiegare su continui siparietti con l’obiettivo di generare una risata di gusto, distribuendo in una maniera alquanto generosa gag sterili e puerili. Nessun riguardo per una profondità ricercata, per dei momenti genuinamente teneri per mettere in mostra debolezze, paure e sogni infranti, in un tentativo poco impattante di ricreare un’atmosfera frizzante e dall’umorismo tagliente.

La raffinatezza non è di casa in 8 Rue de l’Humanité

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L’esecuzione, la regia impiegata e la gestione delle singole scene – che siano di aperto confronto o di raccoglimento per evidenziare le abilità di un cast fuori tempo massimo – non vanno di pari passo con la gravità di una situazione delicata, dove le vite in gioco hanno dovuto imparare dai propri errori o hanno dovuto subire dolorose perdite per rialzarsi e ricreare uno scenario sostenibile. Nell’incentrarsi sulla riuscita di una comicità che ricorda la messa in scena delle pellicole recenti targate Neri Parenti o Vanzina, 8 Rue de l’Humanité si fonda su basi traballanti per riuscire a comporre un mosaico rifinito al dettaglio e riconoscibile per quanto riguarda comportamenti e reazioni di fronte ai vari lockdown.

La pellicola Netflix dovrebbe insegnare al pubblico che tutto è possibile, e che nessuna tempesta è costruita per durare finché le persone restano unite e imparano a essere attente e a prendersi cura l’una dell’altra. C’è sempre una luce alla fine del tunnel, nonostante le situazioni attuali sembrino cupe. La scorrevolezza però non persiste, e va incastrandosi nell’ego di attori/personaggi caricaturali che vogliono esasperare le loro performance, specialmente un Dany Boon imbolsito nei panni di un padre di famiglia visibilmente ipocondriaco. La narrazione ha i suoi pochi alti – una soundtrack non particolarmente invasiva e piacevole da seguire – e molti bassi, ma si tratta comunque di una visione destinata a tutta la famiglia che non mancherà di regalare sorrisi durante il suo epilogo.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 1.5
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2

Tags: Netflix