Raffaello Matarazzo: dal 16 al 18 dicembre a Casa del Cinema l’omaggio al regista

A cinquant’anni dalla morte di Raffaello Matarazzo (17 maggio 1966) e a quarant’anni dalla retrospettiva sul regista con i libri dal titolo “Raffaello Matarazzo. Materiali” (volume primo e volume secondo) curati da Adriano Aprà, Carlo Freccero, Aldo Grasso, Sergio G. Germani, Mimmo Lombezzi, Patrizia Pistagnesi, Tatti Sanguineti all’interno della rassegna Momenti del cinema Italiano Contemporaneo svoltasi a Savona nel 1976, la Cineteca Nazionale torna a far vedere il suo cinema.

Come ha scritto Germani, Matarazzo «si specializzò dapprima in vivaci commedie e successivamente in melodrammi sentimentali, di cui negli anni Cinquanta diventò il principale esponente, sviluppando e insieme tradendo l’impronta del Neorealismo postbellico. Spinto dal desiderio di raggiungere la comunicazione con il pubblico e al contempo dalla paura di perderla, seppe tradurre questa sua fragilità psicologica in autentica allucinazione formale».

Sette film da proposti dalla Cineteca Nazionale per comprendere dunque la modernità del suo cinema, anticipatore del neorealismo (Treno popolare, 1933), capace di raccontare alcuni episodi della nostra Storia senza essere didascalico (Paolo e Francesca, 1950), ma anche i problemi della nostra quotidianità (Giorno di nozze, 1942), arrivando a colorare il tutto con tinte ineguagliate di melodramma (Il dittico I figli di nessuno, 1951, L’angelo bianco, 1955, ma anche Chi è senza peccato…, 1952) e di erotismo (L’anomalo folgorante, La nave delle donne maledette, 1953).

PROGRAMMA

Venerdì 16: ore 16.00 Paolo e Francesca (La storia di Francesca da Rimini) di Raffaello Matarazzo (1950, 96’)

«Già celebrata da Dante nell’Inferno, è la tragedia dell’amore di Paolo Malatesta (Francioli) per Francesca da Polenta (Versois), moglie del suo sciancato fratello Gianciotto (Checchi). Matarazzo non si lascia sedurre dalle lettere classiche della storica vicenda e sposa con convinzione un approccio mélo, definendo con questo film quella che sarà la sua dimensione di più genuino interprete del melodramma popolare. Sceneggiatura di Vittorio Calvino, Vittorio Nino Novarese, Liana Ferri, Epaminonda Provaglio, Guglielmo Petroni e del regista. Roberto Murolo è il giullare di corte» (Mereghetti).

 

Sabato 17: ore 16.00 Treno popolare di Raffaello Matarazzo (1933, 62’)

Un treno “popolare” parte da Roma per Orvieto trasportando molte persone in gita, fra i quali alcuni giovani che vivranno durante il viaggio molte avventure, più o meno divertenti. Gioiellino del cinema del ventennio, che preannuncia il neorealismo ed è apprezzato dalla critica: «Treno popolare ha le qualità dei vent’anni. Ha freschezza, semplicità, spontaneo interesse per le cose, impulsiva sincerità nel raccontarle. […]

È un film divertente e simpatico, intonato e gentile, giusto di ritmo, cinematografico sempre» (Sacchi). «Questo è uno dei pochi film – tre o quattro – dell’attuale cinematografia italiana, che autorizzino a credere ancora nelle nostre possibilità. Bosio e Matarazzo hanno composto un piccolo gioiello […]. Largo ai giovani, dunque, largo […] due artisti che posseggono il senso dell’umorismo e han gli occhi aperti per cogliere a volo i piccoli episodi che rivelano anime, pensieri, stati d’animo.

E quel che più conta è che sono riusciti a comunicare il loro entusiasmo agli interpreti, da farceli apparire in perfetta forma. […] Anche la musica è d’un giovane: Nino Rota, che tutti conosciamo e apprezziamo da tempo. Che bella compagnia!» (E. Roma).
Per gentile concessione della Ripley’s Film.

Ore 18.00 Giorno di nozze di Raffaello Matarazzo (1942, 92’)

«Mariella (Vivaldi), la figlia di un modesto impiegato (Falconi), si fidanza con il figlio di un ricco industriale, mettendo in difficoltà economiche la sua famiglia. Complicata e divertente commedia degli equivoci (tratta dalla pièce Fine mese di Paola Ricorra, adattata dall’autrice, dal regista e – non accreditato – da Aldo De Benedetti) messa in moto da una situazione di disparità sociale: Matarazzo racconta, con un’eleganza di tono che gli permette di evitare facili schematismi e scivolate melodrammatiche, il ruolo centrale del denaro nella società, vero ostacolo alla realizzazione dei sentimenti. In questo senso il personaggio più significativo è il padre della sposa, che cerca di accontentare la figlia simulando la ricchezza che non possiede» (Mereghetti).

Ore 20.00 Chi è senza peccato…  di Raffaello Matarazzo (1952, 100’)

La vita di una povera ragazza è costellata di continue disavventure drammatiche, dalla morte della madre e della sorella ragazza-madre, dalla fuga del fidanzato fedifrago, fino alla prigione. Ma la costanza e la pazienza vengono sempre premiate.

«Il film più sfuggente alla serialità tra i sette del regista con Nazzari e Sanson, è tratto da Lamartine e reinventa il mélo in modo sorprendente» (Germani).

Domenica 18: ore 16.00 I figli di nessuno di Raffaello Matarazzo (1951, 100’)

«Guido, il proprietario di una cava di marmo, ha una relazione con la figlia di un suo dipendente, Luisa. Per evitare che i due si sposino, la madre di Guido lo spedisce in Inghilterra e fa in modo di intercettare tutte le lettere che lui scrive a Luisa. La ragazza, incinta, credendo di essere stata abbandonata, scappa e si rifugia in casa di una contadina dove pensa di crescere il suo bambino. La madre di Guido, però, organizza il rapimento del nipote e le fa credere che il piccolo sia rimasto vittima di un incendio. Disperata, Luisa si chiude in convento, mentre Guido, credendo che la donna che ama sia morta, sposa un’altra» (www.cinematografo.it). Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson, la coppia d’oro del melò all’italiana.

Ore 18.00 L’angelo bianco di Raffaello Matarazzo (1955, 100’)

Il seguito de I figli di nessuno. L’ingegnere Guido Carani si innamora di Lina, una ragazza che assomiglia in modo straordinario a Luisa, da cui anni prima aveva avuto un figlio, Bruno, morto prematuramente. Lina, dopo essere stata coinvolta in una rapina, finisce in carcere e muore per colpa delle percosse delle compagne di cella. Lina prima di morire da alla luce un figlio e decide di chiamarlo Bruno, su consiglio di una suora, e dietro la cui identità si nasconde Luisa. «Straordinario “rimontaggio” del canovaccio di Rindi già diretto dal regista in un primo film, è tra i più spinti dei magnifici sette con Nazzari-Sanson e riprende sorprendentemente l’immagine dei “corpi ritrovati in un ultimo abbraccio” che Rossellini filmò a Pompei» (Germani).

Ore 20.00 La nave delle donne maledette di Raffaello Matarazzo (1953, 94’)

Una nobildonna commette un infanticidio, ma del crimine è accusata un’altra ragazza che viene deportata, con altre condannate, nelle colonie del Nuovo Mondo. «Melodramma barocco e sensuale, ispirato al romanzo di Léon Gozlan Histoire de cent-trente femmes (sceneggiato da Aldo De Benedetti e, non accreditati, il regista ed Ennio De Concini), il film affronta il tema dell’ingiustizia con una carica erotica inusitata per i tempi: le scene in cui le prigioniere si ribellano e convincono la ciurma a unirsi a loro con argomenti tutti femminili ha fatto sognare molti spettatori […].

Eccessivo e claustrofobico, questo film incrina la visione “consolatoria” dell’opera di Matarazzo, mettendo in scena l’erotismo come forza eversiva e libertaria e filmandolo con uno stile insolitamente ridondante e compiaciuto (i primi piani delle scollature) “cui dà corpo una fotografia dai colori cupi, netti e forti, anche questi decisamente di un tono sopra il reale” (Aprà) […]. L’eccentricità del soggetto – dichiaratamente “antiborghese” – e l’originalità della regia hanno giustificato negli anni successivi letture altrettanto eccentriche» (Mereghetti).